L’ARTIGLIO DELLA PALOMBA – IN GLORIA DI GIANNI BORGNA, GENTILUOMO DI SINISTRA - ESCE IL SUO LIBRO CHE METTE ALLA BERLINA I PERSONAGGI DELLA COSIDDETTA SOCIETÀ CIVILE, CAPACI SOLO DI RADICALISMI ANTIPOPOLARI

Barbara Palombelli per ‘Il Foglio'

Non si dava arie, sembrava molto timido. Era biondino, con suo fratello faceva politica dalle parti del quartiere Flaminio. Era, purtroppo, quasi più laziale che comunista. Devo avere conosciuto Gianni Borgna alla fine degli anni Sessanta, eravamo proprio ragazzini.
La politica - allora - ci sembrava, e oggi so che lo era - divertentissima.

Voleva dire anche teatro, musica, film, serate al cineclub, scherzi, soprannomi giocosi (il suo, forse dato da Goffredo Bettini, era "profumetto"). Nelle scuole affollate c'erano i doppi turni. Si andava poco e di pomeriggio, senza compiti. Un modo per sconvolgere gli orari e vivere da universitari. C'era, improvvisamente, tempo per tutto. Prima e dopo gli scontri, si passava da Architettura a Valle Giulia anche per flirtare con i bellissimi, tutti lì, professori e studenti. Gli architetti erano i nostri idoli: Renato Nicolini, prima ancora di essere assessore, esercitava un fascino irresistibile su femmine e maschi.

Renato e Gianni sorridevano sempre, con grande dolcezza. Gianni aveva proprio la voce che rideva, sempre. L'ultima telefonata con lui - dal letto della clinica, poche ore prima di andare via - è stata uguale a tutte le altre. Mi anticipava il suo libro, scritto molti mesi prima dell'arrivo di Renzi alla guida del Pd. Ci ha lasciato tantissimo lavoro, tanta materia per riflettere. Leggerezza nei modi, educazione e rispetto verso gli altri, curiosità e amore per le idee degli avversari, profondità non esibita nel trattare materie toste, grandi capacità nell'amministrare i beni culturali a Roma.

Non gli perdonai la riscoperta di Claudio Villa - come la Lazio, restò fra noi un'incomprensione totale - e adorai la passione per i cantanti e le canzonette di Sanremo, trattate con metodo gramsciano. Amava Pasolini, lo ha frequentato sempre e raccontato ai francesi e agli italiani con una mostra ora aperta al Palazzo delle Esposizioni e con un'opera omnia che sta per essere pubblicata in Francia. Era un gentiluomo di sinistra. E alla appartenenza perduta ha dedicato il suo ultimo saggio, "Senza sinistra" (Castelvecchi), che sarà presentato all'auditorium martedì 6 maggio.

Un libretto pieno di amore per la passione di una vita, profanata dagli intrusi contemporanei. Il messaggio di Borgna, dopo avere attraversato le ragioni reali e poco analizzate del colossale trasferimento di ricchezza dalle classi più povere verso i mille padroni del mondo intero e dunque delle sconfitte globali delle classi sociali smarrite e divise, senza rappresentanze, arriva a raccontare quel che sta accadendo oggi.

I tele politici che si ispirano al modello "dell'uomo solo al comando che sa fare tutto, un modello mussoliniano, stanno portando la politica al suicidio. La sinistra ha mandato in soffitta le sue idee per appropriarsi di quelle del liberismo e del mercato, senza regole e senza vincoli".

E "sempre più spesso - scrive - vengono chiamati a ruoli che non competono loro personaggi della cosiddetta società civile, i quali all'atto pratico si rivelano inadatti alla bisogna. E così si arriva al punto cruciale: la politica è un'attività alla portata di tutti o non, come insegnava Max Weber, una professione particolarmente complessa, fondata, oltre che sulla devozione a una causa, sulla competenza?".

 

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