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Federico Rampini per “la Repubblica”
Alle ore 9.30 di ieri, nella città di Seattle si è aperta una libreria. La notizia sarebbe già di per sé rilevante, in un’epoca in cui ci siamo abituati a vederle chiudere. In questo caso la notizia è addirittura clamorosa. Perché a inaugurare la libreria “in carne ed ossa”, fatta di mattoni e scaffali, con dentro tanti bei libri di carta, è stata sua maestà la sterminatrice dei librai.
Cioè Amazon, che nella città di Seattle nacque 21 anni fa, e da allora ha compiuto un’ecatombe dei punti di vendita tradizionali. Il colosso digitale fondato (e tuttora guidato) da Jeff Bezos, si fece strada tra i consumatori americani anzitutto come venditore online di libri. A colpi di sconti, offrendo in più la comoda consegna a domicilio nonché un catalogo virtualmente illimitato, Amazon operò una rivoluzione. Partita dai libri, un prodotto-chiave per capire i gusti dei clienti (e impadronirsi di carte di credito, indirizzo, email, ecc.), l’azienda di Bezos si diversificò fino a vendere quasi tutto.
È ormai il più temibile concorrente degli ipermercati Walmart, che ha superato per valore di capitalizzazione in Borsa. Ma ai libri Amazon è rimasta affezionata, anche se rappresentano ormai meno di un decimo del suo fatturato. Si è lanciata negli ebook con il lettore digitale Kindle. Si è messa a fare l’editore in proprio.
Ha scatenato crociate contro big dell’editoria tradizionale come Hachette, con vendette e ritorsioni se gli editori non accettavano le sue politiche tariffarie, attirandosi i fulmini di premi Nobel della letteratura. Insomma ha tutt’altro che trascurato quello che fu il suo business originario.
E ora proprio sui libri arriva il simbolico dietrofront. La prima libreria “fisica” targata Amazon, è nata nell’University Village di Seattle, con 6.000 volumi in vendita e 15 dipendenti. Una sorta di beffa postuma, verso le migliaia di librai che Amazon ha fatto fallire? Il punto vendita contiene qualche novità tecnologica, che lo collega al meganegozio online della casa madre.
Ci sono in bella vista sugli scaffali “nobili” gli stessi libri che dominano la classifica delle vendite online. Uno spazio riservato mette in mostra quei libri che hanno ricevuto voti alti dai lettori di Amazon, dal 4,8 in su (un sistema di recensioni online molto controverso, perché più volte truccato e manipolato). E naturalmente c’è ampia disponibilità dei Kindle, che i clienti possono provare prima dell’acquisto.
La sorpresa sta nel fatto che Amazon per i primi 21 anni della sua vita aveva costruito uno dei suoi punti di forza proprio nell’assenza di negozi fisici: un grosso risparmio sui costi di gestione, nonché la possibilità di operare una rivoluzione nella logistica. Ora l’inaugurazione della libreria di Seattle non va interpretata come un ritorno al passato. Bezos vuole semplicemente dimostrare che a questo punto lui può riuscire meglio anche nei panni del libraio tradizionale.
Per esempio sfruttando l’enorme disponibilità d’informazioni sui gusti dei lettori, la sua libreria “fisica” dovrebbe minimizzare gli invenduti, i volumi che occupano spazio accumulando polvere, in attesa di essere restituiti agli editori. La tecnologia resta l’arma decisiva di Amazon, anche se in questo caso si nasconde dietro l’apparenza di metodi di vendite tradizionali. Nella logistica una delle sfide di Bezos è la sostituzione progressiva di manodopera con robot (fattorini dei magazzini) e droni (fattorini delle consegne).
Non tutte le sperimentazioni di Bezos sono state dei successi. Quando acquistò il Washington Post molti si aspettavano che avrebbe rivoluzionato il giornalismo, ma sono passati oltre due anni e il quotidiano è cambiato poco. Nel mestiere di editore di libri Amazon ha ottenuto risultati modesti. E le vendite degli ebook, che sembravano destinate ad un’escalation inarrestabile, hanno smesso di crescere. L’apertura della libreria “all’antica” è anche il riconoscimento implicito che la carta non ha esaurito la sua funzione.
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