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Carola Parisi per “ilgiornale.it”
Che la televisione sia giunta ad una inesorabile deriva, è ormai una certezza. E che il format del reality show sia sempre alla ricerca della spettacolarizzazione estrema, è un altro dato di fatto.
Eppure, Go back to where you came from, made in Australia, sembra eliminare qualsiasi confine di buon senso. Tre australiani si sono fatti sparare addosso dai miliziani dell'Isis in nome dello show. Per fortuna, sono rimasti tutti illesi.
Kim, Nicol e Andrew, tre concorrenti della trasmissione giunta alla terza edizione e prodotta dalla Sbs, non hanno avuto esitazioni scegliendo di trovarsi faccia a faccia con le truppe dell'Isis. Le tre puntate verranno trasmesse dal 28 al 30 luglio e si prevede già un boom di ascolti. Un po' Grande Fratello, un po' documentario giornalistico, sarebbe questa la formula vincente in grado di infiammare la curiosità dei telespettatori e il dibattito nazionale su temi caldi come l'immigrazione e l'avanzata dello Stato Islamico.
"Sei australiani metteranno alla prova le loro convinzioni su rifugiati e richiedenti asilo in un viaggio coinvolgente che ripercorrerà i passi di chi chiede rifugio partendo da alcuni tra i posti più pericolosi al mondo" recita la presentazione dello show.
Dei sei prescelti, in Siria ne sono finiti tre. Andrew, professore in lotta contro l’annacquamento della cultura australiana, Nicole, attivista per i diritti umani e Kim, amministratrice di una seguitissima pagina Facebook contro gli sbarchi incontrollati. Completano il cast due sorelle dalle opinioni opposte e un ex rifugiato cambogiano. Ma dall'Australia alla Siria non è stato un viaggio facile: i tre concorrenti sono stati spediti in Asia e affidati alla copertura dei peshmerga dell’YPG.
Il reality prevedeva il loro ingresso dall’Iraq e la tappa in un campo rifugiati per raccogliere prima e documentare poi le storie dei sopravvissuti. Ma non tutto è filato liscio. "Dopo quattro ore di auto - spiega Nicole a news.com.au – ci siamo ritrovati in un villaggio conteso tra peshmerga e Isis. Ci hanno detto che ogni sibilo percepito poteva essere il colpo di un mortaio - prosegue Nicole - e che avevamo trenta secondi per fare cento metri e spostarci".
La vera rivelazione è stata Kim che si trovava a suo agio tra corse e giubbotti anti-proiettili, e che, una volta al sicuro a casa, ha spiegato a un quotidiano: "Se non avessi avuto famiglia e legami in Australia sarei rimasta volentieri a combattere con i peshmerga".
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