1- L’EX DIRETTORE DEL “GIORNALE” CONTRO TUTTI: “LA MIA TESTA L’HANNO CHIESTA: FINI, CHE LA POSE TRA LE CONDIZIONI PER NON USCIRE DAL PDL, SARKOZY, E PIÙ DI RECENTE MONTI, L’UOMO CHE DOVREBBE ESSERE IL CUSTODE DEL LIBERISMO E DELLA LIBERTÀ’’ 2- “MENTANA? È IL PIÙ BRAVO E IL PIÙ PERICOLOSO, IL SUO FINGERE DI ESSERE SUPER PARTES È UNO DEI GRANDI BLUFF DEL GIORNALISMO ITALIANO. VORREI ANDARE IN CARCERE SOLO PER SPUTTANARE QUESTI FINTI PALADINI DELLA LIBERTÀ. FARINA? È UNO STRONZO E UN DOPPIOGIOCHISTA A PRESCINDERE DA QUELLO CHE HA SCRITTO” 3- “2008, A “LIBERO”, GLI EDITORI ANGELUCCI CHIESERO LA MIA TESTA E FELTRI GLIELA DIEDE” 4- “IDEM AL “GIORNALE”. I VERTICI DEL PDL CHIESERO A BERLUSCONI LA MIA TESTA. ANCHE CONFALONIERI MI FA CAPIRE CHE PUÒ ESSERE FINITA. I COLLEGHI BEN INFORMATI MI DICONO CHE MARIO SECHI, DIRETTORE DEL ‘’TEMPO’’, SPONSORIZZATO, DA CICCHITTO E ALTRI, VA IN GIRO A DIRE CHE ENTRO UNA SETTIMANA PRENDERÀ IL MIO POSTO”

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L'ormai ex direttore responsabile de Il Giornale Alessandro Sallusti affronta in un'intervista a Vanity Fair - in uscita mercoledì 3 ottobre - il caso che l'ha portato al centro della cronaca: la conferma della Cassazione della condanna a 14 mesi di carcere per un articolo pubblicato quando dirigeva Libero.

Partiamo da mercoledì 26, giorno della sentenza.
«Ero nel mio ufficio. È entrato Nicola Porro e mi ha detto: direttore, abbiamo un problema. Ho capito. Ho guardato in faccia mio figlio Massimiliano, che era lì con me, e ho risposto: nessun problema».

Daniela Santanchè, la sua compagna, come ha reagito quando ha saputo?
«Era in aeroporto a Roma, urlava la sua incredulità, ero preoccupato per lei e per l'aeroporto. Un'ora dopo era lì davanti a me».

E Feltri?
«Per eccesso di affetto, era disposto a pagare con i suoi soldi il giudice che mi ha querelato, o a sostenere le spese di un mio esilio a Parigi».

Generoso.
«A volte, ma io gli voglio bene comunque. Nel 2008, quando ero direttore di Libero e lui direttore editoriale, gli editori Angelucci gli chiesero la mia testa e Vittorio gliela diede».

Sallusti licenziato: una notizia.
«Se per questo, due mesi fa,volevano farlo anche al Giornale».

Berlusconi voleva licenziarla?
«Non lui. Non so chi, ma posso immaginarlo. Mi raccontano di una riunione con i vertici del Pdl che chiedono al Presidente la mia testa in modo perentorio. L'amministratore delegato mi avvisa, in una piacevole colazione a base di pesce, il cibo che più detesto, anche Confalonieri mi fa capire che può essere finita. I colleghi ben informati mi dicono che Mario Sechi, direttore del Tempo, sponsorizzato, sostiene lui, da Cicchitto e altri, va in giro a dire che entro una settimana prenderà il mio posto».

E lei che cosa fa?
«Chiamo Berlusconi, gli dico: presidente, ho saputo, e sappi che io non voglio essere un problema, decidi ciò che ritieni giusto per te e il tuo partito, non ti porterò rancore. Il risultato è che alla fine mi sono dimesso io, e per tutt'altra storia».

Dimesso davvero?
«Ho firmato la lettera, restituito la carta di credito aziendale. Su certe cose non si scherza... Non ho paura del carcere, figuriamoci della disoccupazione. Ne ho scampate di peggio».

Peggio di questa?
«So per certo che la mia testa l'hanno chiesta, nell'ordine: Gianfranco Fini, che la pose tra le condizioni per non uscire dal Pdl, Sarkozy, e più di recente Mario Monti, l'uomo che dovrebbe essere il custode del liberismo e della libertà».

I suoi nemici nel Pdl: faccia i nomi.
«Praticamente tutti, togliendo Berlusconi, Verdini, Crosetto e pochi altri».

Ezio Mauro, Travaglio e Mentana la difendono: li ha ringraziati?
«Sì, e mi è costato fare quelle telefonate. Da veri nemici, mi hanno dato l'onore delle armi. Glielo riconosco, ma restiamo su fronti opposti. Anche loro sono corresponsabili di questa sentenza. Hanno creato nei miei confronti un clima di odio e di denigrazione, il presupposto mediatico su cui si è inserita una magistratura in malafede. In questo Mentana è il più bravo e il più pericoloso, il suo fingere di essere super partes è uno dei grandi bluff del giornalismo italiano. Vorrei andare in carcere solo per sputtanare questi finti paladini della libertà».

Renato Farina, l'autore dell'articolo, lo difende ancora?
«Difendo le mie scelte: un direttore che svela chi si cela dietro uno pseudonimo, anche se lo fa per salvarsi, non avrà più la fiducia e la stima della redazione. Farina è uno stronzo a prescindere da quello che ha scritto».

Perché?
«È una vita che sono perseguitato dal doppiogiochismo di Renato. Lui aveva il dovere di avvisare il suo direttore, cioè io, che collaborava con i servizi segreti - giustamente - per salvare le vite degli ostaggi in Iraq. Mi ha mentito prima e dopo».

È stato un errore?
«Ho applicato in maniera estensiva il concetto di libertà. Mi rammarico solo che non sia stata una mia scelta convinta. Avevo dei dubbi, Vittorio Feltri mi mandò un messaggio al telefonino: Renato è un grande giornalista, se non sei d'accordo puoi sempre licenziarti».

 

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