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Marco Moussanet per "Il Sole 24 Ore"
Lagardère, fin qui silenzioso, mette i piedi nel piatto e impone una brusca frenata al progetto di fusione tra Eads e Bae. Che già deve fare i conti con i dubbi e le perplessità dei Governi francese e tedesco. E rendendo di fatto quasi impossibile il rispetto della scadenza del 10 ottobre, fissata dalla normativa inglese per chiudere l'operazione. Nonostante le reiterate intenzioni dei gruppi dirigenti delle due società , uno slittamento sembra assai probabile, per non dire certo.
«Lagardère, azionista di riferimento di Eads - dice il comunicato diffuso ieri mattina dal gruppo francese - prende atto del progetto. Un progetto che, al di là del potenziale strategico e industriale che gli viene attribuito, non ha per ora dimostrato di essere creatore di valore per Eads. Lagardère ritiene insoddisfacenti le condizioni in base alle quali si dovrebbe realizzare la fusione. Di conseguenza invita la direzione di Eads ad avviare da subito un riesame dell'operazione, prestando una maggiore attenzione all'insieme degli interessi degli azionisti francesi di controllo di Eads».
Va ricordato che Lagardère non solo detiene il 7,5% di Eads, ma rappresenta appunto la quota francese del costruttore attraverso la holding Sogeade, che riunisce anche il 15% in mano allo Stato, per un totale del 22,5 per cento. E quindi, come risulta chiaro dalla parte finale del comunicato, non parla solo per sé ma anche per lo Stato francese. Senza il cui preventivo accordo non avrebbe certo diffuso la nota.
La contestazione riguarda almeno due aspetti. Il primo è quello relativo alle quote del futuro gruppo: 60% Eads, 40% Bae. Lagardère (e Parigi) ritiene che una ripartizione corretta sarebbe piuttosto 68 e 32 per cento. Anche se il numero uno di Eads, Tom Enders, ha più volte ribadito la validità dell'ipotesi 60/40.
Il secondo tema è quello della futura presenza degli Stati nel capitale del gruppo. I dirigenti di Eads e Bae, il Governo inglese e quello americano (cliente prioritario di Bae nel settore della difesa) hanno fatto chiaramente sapere che preferirebbero una loro uscita, in cambio di una «golden share».
Ma Parigi e Berlino (che dovrebbe rilevare almeno parzialmente la quota del 22,5% in mano a Daimler) non ne vogliono sapere. Il ministro dell'Economia francese Pierre Moscovici ha dichiarato che «la Francia è un azionista importante e intende rimanerlo». Secondo il settimanale tedesco Der Spiegel i due Governi vorrebbero conservare una quota paritaria del 9%, anche se per Berlino questo vuol dire sborsare circa 4 miliardi.
Nell'entourage di Lagardère, che pure vorrebbe cedere la propria quota, si fa inoltre notare che dal momento dell'annuncio del progetto il titolo Eads ha perso oltre il 15 per cento. Quindi per ora l'ipotesi di fusione non solo non sarebbe in grado di garantire un aumento di valore ma è stata distruttrice di valore per gli azionisti.
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