joe biden da stephen colbert

JOE BIDEN SI COMMUOVE E RACCONTA IL LUTTO DELLA MORTE DEL FIGLIO A STEPHEN COLBERT, CHE PERSE PADRE E DUE FRATELLI IN UN INCIDENTE: ''TU PUOI CAPIRE COSA VUOL DIRE IL DOLORE. LA CANDIDATURA? NON SO SE HO IL CUORE LIBERO, È UN IMPEGNO A CUI BISOGNA DEDICARE IL 110%'' (VIDEO INTEGRALE) - COLBERT SI SCHIERA: ''L'AMERICA VUOLE VEDERLA CORRERE''

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1. VIDEO - L'INTERVISTA DI STEPHEN COLBERT A JOE BIDEN: ''NON SO SE HO IL CUORE LIBERO PER POTER DARE IL 110% ALLA CANDIDATURA''

 

 

2. USA 2016: BIDEN AL 'LATE SHOW', DUBBI SULLA SUA CANDIDATURA

Da http://america24.com/

 

"Nessuno ha il diritto, secondo me, di cercare di diventare presidente a meno che non abbia la voglia di dare il 110 per cento. Nessuno dovrebbe candidarsi senza essere capace di promettere di dare anima e corpo, tutta la passione e l'energia" necessarie. Durante un'intervista con Stephen Colbert al 'Late Show', il vicepresidente Joe Biden ha espresso nuovamente i suoi dubbi sulla possibilità di candidarsi per la Casa Bianca, anche se non ha detto espressamente di non volerlo fare. La decisione di non candidarsi sarebbe una grande delusione per tutti coloro che lo hanno atteso all'esterno dell'Ed Sullivan Theater a Manhattan, cantando "Run, Joe, Run", ha sottolineato il New York Times.

 

joe biden da stephen colbertjoe biden da stephen colbert

Un'intervista in cui Biden ha parlato molto di sé e della sua famiglia, e della morte del figlio Beau, lasciando poco spazio alle battute. Colbert, in più occasioni, ha cercato di spingere Biden a correre per la Casa Bianca, dicendo a un certo punto che gli americani traggono ispirazione dal vicepresidente, per le tragedie che ha dovuto affrontare, a partire dalla morte della prima moglie e di sua figlia, in un incidente stradale nel 1972. "Il tuo esempio, nella sofferenza, e il servizio che hai reso - ha detto Colbert, che ha perso il padre e due fratelli in un incidente aereo - è qualcosa che mancherebbe molto nella corsa".

 

joe biden da stephen colbert joe biden da stephen colbert

A un certo punto è sembrato che Biden volesse far capire che potrebbe trovare la forza per candidarsi, quando ha ripetuto la frase preferita della madre: "Finché sei vivo, hai l'obbligo di batterti, e non sei morto finché non vedi il volto di Dio". Biden ha poi detto di non voler deludere la sua famiglia, permettendo al peso delle tragedie di impedirgli di continuare a lottare.

 

"Nessuno ti deve nulla. Devi rialzarti. E sento che deluderei Beau, i miei genitori, la mia famiglia, non rialzandomi". "Mi meraviglio - ha detto il vicepresidente - davanti all'abilità delle persone di assorbire il colpo e tornare in piedi".

 

 

2. COSA MANCA A COLBERT PER ESSERE IL COMPARE DI PIGIAMA CHE FU LETTERMAN

Stefano Pistolini per “il Foglio

 

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Non che fosse in discussione la capacità di Stephen Colbert d’essere un signor conduttore per uno show come quello che ogni sera la Cbs manda in onda alle 11.35. Il “Late Night Show” è un appuntamento attorno a cui una certa America costruisce le sue serate. E la sostituzione del suo re, David Letterman, è stata una questione nazionale. Riassunta in un interrogativo: ora che Colbert ha il mandato, come l’interpreterà?

 

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Che serate passeranno gli habitué di quell’appuntamento complicato – ironia, informazione, gossip, culto della celebrità, americanismo, grande musica – dopo lo switch? Pur accettando il principio che Letterman fosse un superstite di un’America pensionabile e che il suo ritmo e il suo stile fossero soavemente residuali, il problema è capire se lo spettatore si adatterà alle scelte di un conduttore diverso, con un gusto per la battuta d’altro genere (più nevrotica, bruciante, nonsense, meno “da barbecue”), ma con un maggiore tasso di naturale contemporaneità.

 

JOE E BEAU BIDEN JOE E BEAU BIDEN

 L’8 settembre Colbert ha preso possesso di un Ed Sullivan Theatre rinnovato (con una grandeur un po’ grand guignol al posto dell’ambientazione accatastata e turistica dello show di Letterman) e ha scoperto le sue carte. Cominciamo con un’osservazione sulla fisicità del personaggio: Letterman era furbescamente dinoccolato. Colbert evoca il padre di famiglia severo e conservatore di una sitcom tv anni 50. Azzimato, voce impostata, sguardo negli occhi dell’interlocutore nei momenti che contano.

 

E’ la parte che si è scelto, e c’entra la sua educazione di devoto cattolico nato a Charleston 51 anni fa. Un professionista col culto del lavoro e con un fecondo periodo di avvicinamento a questa poltrona, iniziato sui palchi dei comedy clubs e culminato nel successo del “Colbert Report” su Comedy Central, interpretando il commentatore sarcastico, erudito, scettico di quel burlesque che è l’ultimo mondo politico d’oltreoceano.

JOE E BEAU BIDENJOE E BEAU BIDEN

 

Quando, un anno e mezzo fa, Letterman ha annunciato la fine-gestione dello show e il nome di Colbert è stato annunciato, è cominciato il restyling del suo personaggio”. C’erano cose da tenere e cose da mettere in second’ordine: andava mantenuta l’irriverenza fulminante, ma andava mitigato il gusto per le battute surreali che Colbert coltiva e andava valutata la sua capacità d’allargare lo spettro del suo pubblico, dal “culto” di Comedy Central alla complicità che un host in onda 5 sere alla settimana deve stabilire con lo spettatore.

 

Dai tempi del dualismo Letterman-Leno le cose sono cambiate: oggi i due avversari di Colbert, Jimmy Fallon su Nbc e Jimmy Kimmel su Abc, hanno modificato il formato del talk show, optando per una serie di segmenti / gag destinata a essere consumata da una platea ancor più vasta, nel mondo virale di YouTube.

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Per ora Colbert ha mostrato di non raccogliere la sfida: il suo show è rimasto aderente alla sequenza di Letterman – monologo, due ospiti, chiusura musicale, interstizi comici – e la scelta dei primi ospiti (George Clooney, Jeb Bush, un duetto con Mavis Staple nel finale) è stata prudente. Colbert si è mosso con circospezione: il monologo di partenza ha contenuto accenni al suo stile (il vezzo di parlare a una “nazione”), ma ha sciorinato battute deboli.

 

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Con gli ospiti Colbert è stato acuto e sintetico, ma non ha saputo rinunciare al copione tra le mani e ha optato per un isterico rimontaggio delle interviste. La rilassata partecipazione di Paul Shaffer, bandleader del Letterman Show, non viene nemmeno sfiorata dalla caotica presenza di Jon Baptiste, che però ha ai suoi ordini una funk band di prim’ordine, più effervescente dei sessionmen del Late Show.

 

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E comunque alla fine il decollo è avvenuto. La stoffa c’è, gli angoli verranno smussati, la fluidità non tarderà. Resta la vera domanda: il gioco di Colbert, l’intellettuale sapiente e il narcisista della satira, saprà diventare l’abitudine serale di una fetta d’America? Saprà andare oltre il commento caustico e diventare l’amico di mezzanotte, il compare di pigiama inventato da Letterman? La possibilità esiste. Ma perché si realizzi è indispensabile che Colbert si sfili la maschera. E semplicemente, ci sveli molto di più del suo autentico sé.

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