
DAGOREPORT – PUTIN NON PERDE MAI: TRUMP ESCE A PEZZI DALLA TELEFONATA CON “MAD VLAD”. AVEVA…
JOVANOTTI, “UNO DA INSEGUIRE COL MATTARELLO”, “UN IMPLACABILE RAPPRESENTANTE DELL’IDIOZIA” – NATALIA ASPESI INTERVISTA IL CANTANTE 59ENNE E RICORDA QUANTE GLIENE HANNO DETTE LEI E ALTRI CRITICI NEGLI ANNI ’80 AI TEMPI DI SANREMO E DELLA CANZONE VASCO (“NON UN GRANCHE’”) – JOVA: “DOPO L’INCIDENTE IN BICICLETTA SONO TORNATO UN ALTRO, CHE NON È PEGGIORE DI PRIMA, È SOLTANTO DIVERSO. CINQUE MESI FA HO RICOMINCIATO A CAMMINARE, ANCHE SE IN MODO UN PO’ STRANO” – "GELOSIE? POSSO AVERE DELLE INVIDIE MA MAI RABBIOSE" – L’AMORE PER LA MOGLIE FRANCESCA (CHE LO TRADI’ CON CRUCIANI): “MI FIDO E MI AFFIDO A LEI. SUL PALCO SONO L’IMPERATORE, MA GIÙ DAL PALCO SONO...” - VIDEO
Natalia Aspesi per "la Repubblica" – Estratti
Il concerto ieri sera a Milano è stato bellissimo! E qui in città, in tutto, ne facciamo 12». Jovanotti è alto un metro e novanta ed è grande e sottile, pantaloni di lino beige rigati di nero, bretelle che non gli mancano mai, barba rossastra. Quando poi si strappa il berretto, i capelli folti vanno tutti all’insù come una aureola molto spettinata. In mezzo, una bella faccia delicata, infantile, e poi adesso? Dopo Milano, ci saranno sei concerti a Firenze, tre a Bologna, sei a Torino, otto a Roma, sei a Verona finendo il 22 maggio. Una fatica immensa per lui, che a settembre compirà 59 anni e l’anno prossimo 60. 60!
Io l’ho incontrato una sola volta e nel 1989, ai tempi di Sanremo, e il mio pezzo era cattivissimo, come si usava allora perché se no non ci si divertiva, e citavo Beniamino Placido, “uno da inseguire col mattarello”, e altri che lo chiamavano “un implacabile rappresentante dell’idiozia”.
Lui aveva 22 anni, stava facendo il militare, e aveva avuto il permesso di cantare Vasco al Festival di Sanremo («non è un granché quella canzone»).
Quasi 60, passerà un solo anno.
jovanotti lorenzo cherubini natalia aspesi
«Certo, mi stanco da morire, come no. Dopo ogni serata devo recuperare la voce. E ho un osteopata, un massaggiatore e un allenatore che mi seguono. Vivo come un atleta, però gli atleti alla mia età si sono ritirati da almeno trent’anni. Appena finito faccio una doccia, poi mi butto su un lettino dove mi massaggiano per un’ora come la carne di Kobe.
Quindi dormo, e la mattina dopo comincio già a ripensare al palco.
Quando sono in tour, come adesso, vivo costantemente puntando a quel momento.
Perché, sai, il concerto è un bel rito: pensa a diecimila persone, ma anche a quando facciamo le sessantamila negli stadi, che sono lì per te, e quello magari è l’unico spettacolo che vedranno. Quando si va sul palco si celebra la vita. Ecco perché si dà il massimo, sempre».
(...)
Dopo l’incidente in bicicletta sei ritornato perfetto?
«No, ma sono tornato un altro, che non è peggiore di prima, è soltanto diverso. Dopo aver fatto due anni di fisioterapia tutti i giorni, quando sono salito sul palco per le prove non sapevo più come muovermi. Cinque mesi fa ho ricominciato a camminare, anche se in modo un po’ strano».
(...)
Ma tu non hai gelosie per nessuno?
«La gelosia non è un sentimento che mi riguarda. Posso avere delle invidie, ma mai rabbiose».
E non c’è nessuno a cui pensi e vorresti essere bravo come lui?
«Sì, tantissimi, quasi tutti: Dalla, De André, Battiato, Bennato. Tra i giovani mi piacciono molto Mahmood e Tananai. Lucio Corsi lo ammiro da tempo. Sono innamorato dell’arte della scrittura delle canzoni».
Io sono troppo vecchia per piacere ai giovani.
«Ma non conta niente! L’altro giorno guardavo un documentario su Hokusai, l’artista giapponese, aveva 90 anni e si dispiaceva: adesso che stavo imparando, devo smettere. La sua Grande onda è misteriosamente bella e ogni volta che la guardo mi emoziona e finisco per collegarla a un ricordo.
Mia madre era in ospedale e stava molto male, io avevo un lavoro a Londra e il medico mi disse che avrei fatto in tempo a tornare. Ero davanti a quell’opera che celebra il ciclo della vita, quando mi arrivò un messaggio sul telefonino, “torna perché la mamma sta morendo”. Stava morendo perché il maggiore dei miei fratelli era morto cadendo in volo e dopo quella tragedia lei si era lasciata andare. Mio padre invece ha reagito nella maniera opposta diventando affettuoso e emotivo, quello che non era mai stato nella vita. La mamma invece si era completamente chiusa».
Vedo che sino a maggio le vendite dei tuoi biglietti sono tutte sold out. Credo tu sia ricchissimo.
«Umanamente sono miliardario. Scherzi a parte, sto bene. Certo, ho guadagnato più di mio padre che aveva uno stipendio normale per mantenere una famiglia di sei persone. Da bambini non abbiamo mai fatto vacanze, mai settimane bianche, da quel punto di vista sono state vacanze austere perché non c’erano i soldi. Invece mio padre ha iniziato come gendarme del Vaticano al seguito del Papa.
valentino rossi lucio corsi cesare cremonini jovanotti
Era un tipo simpatico, molto socievole, e dopo sei anni un cardinale gli propose di congedarsi e di rimanere come dipendente. Ha fatto un po’ di tutto in Vaticano. Noi abitavamo nei palazzi proprio fuori le Mura, dove stanno i dipendenti e i sacerdoti. Il mio babbo era molto devoto all’istituzione ma non era un religioso, non gliene fregava niente dell’aspetto mistico. Gli piaceva il Vaticano perché funzionava tutto. Poi lui non aveva studiato, era curioso, amava l’arte, la bellezza, e lì la respirava ogni giorno».
Perché hai scelto di vivere a Cortona?
«Sicuramente l’idea di costruire insieme una casa a Cortona è dovuta all’incontro con mia moglie Francesca e a internet, che mi ha permesso di vivere collegato col mondo».
Hai una bella casa?
«Una bella casa, sì. Una casa antica, con ancora degli elementi medioevali e altri Liberty perché è stata ristrutturata agli inizi del Novecento. L’ha arredata mia moglie, io non sarei in grado. Lei ha studiato architettura, ha molto gusto ed è proprio appassionata.
Io ho uno spazio mio autonomo, che è lo studio di registrazione dove lavoro. Ci viviamo noi due e i nostri animali: e, quando viene, Teresa, nostra figlia che ha 25 anni, vive a Milano e fa l’illustratrice».
Ma tu vuoi bene a tua moglie?
«Certo, io devo tutto a Francesca. Non solo le voglio bene, mi fido e mi affido a lei. Sul palco sono l’imperatore, ma giù dal palco sono al servizio di Sua Maestà l’Amore. Sì, sono molto innamorato».
Sono quasi quarant’anni che continui ad avere successo: ormai ti consideri un adulto?
«Questa cosa mi incuriosisce molto. Mi dispiace perdere la forza fisica, avrei bisogno di più tempo per recuperare. Quando sei un ragazzo fai un concerto e poi vai in giro sino alle 5 di mattina. Adesso, dopo un concerto sono mezzo morto, appunto. Però tutto questo si accompagna a uno sguardo più bello sulle cose, più consapevole.
Mi piace guardare i giovani che si avvicinano al mio lavoro, e questo lo fa riscoprire anche a me. E poi c’è una curiosità rispetto alla grande sfida di ogni artista di musica leggera: l’invecchiamento. Perché il pop è una cosa da ragazzi che ti forma l’identità quando sei giovane.
Adesso guardo ai colleghi della mia età per vedere quelli che riescono a essere creativi, vivi artisticamente anche col tempo che passa: penso a Paolo Conte, Adriano Celentano, De Gregori».
Pensi mai al momento in cui potresti dire basta, adesso sto con mia moglie e non canto più?
«Ogni tanto. Però è un pensiero malinconico e cerco di allontanarlo. Cantare è importante per me, è un po’ l’obiettivo di tutto quello che faccio. Se dovessi smettere per una forza che non controllo, lo farei. Se invece dovessi deciderlo io, no. Fino a ora però ho avuto la fortuna di non fare mai programmi a lungo termine.
Di solito quando fai programmi rimani quasi sempre deluso, perché poi arriva la vita e li sconvolge. Non farli per indole mi ha dato la possibilità di vivere alla giornata. Nel mio mondo è positivo, perché almeno i successi ti fanno piacere e gli insuccessi non ti condannano. E anche questi diventano una cosa della vita che superi facendo qualcosa di nuovo».
jovanotti a belve
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