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IL KAMASUTRA DELL’OLIMPO GIU’ DALLA SCALA – PER LA PRIMA VOLTA AL TEATRO MILANESE L'OPERA “LA CALISTO”, COMMEDIA SEXY (DEL 1651) CON DEI, NINFE E TRANSGENDER – SCAMBI DI SESSO, SPORCACCIATE DIVINE, UNA SARABANDA TRANSEX: “QUESTI DEI CI SOMIGLIANO, SONO LO SPECCHIO DI NOSTRE PULSIONI E DESIDERI SEGRETI. NELL'OPERA SI PARLA DI LESBISMO E DI DIRITTO AL PIACERE SESSUALE FEMMINILE. MA ANCHE DI SCIENZA…”

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Giuseppina Manin per il "Corriere della Sera"

 

LA CALISTO

Se sul sesso degli angeli pare ci sia poco da dire, su quello degli dei la letteratura è vasta. Ricco e fantasioso, il kamasutra dell'Olimpo nulla si nega: liberi da fardelli morali, dei e dee non badano ai mezzi pur di raggiungere i loro fini erotici. Il teatro barocco, che molto si è divertito a raccontare con squisita raffinatezza le più mirabolanti sporcacciate divine, sul fronte lirico, offre uno dei suoi vertici in La Calisto di Francesco Cavalli, libretto di Giovanni Faustini, dal 30 ottobre per la prima volta alla Scala.

 

 

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Un debutto a 370 anni dalla prima veneziana del 1651, regia di David McVicar, sul podio Christophe Rousset. Protagonista il soprano Chen Reiss, elegante di voce e di aspetto, qui nei panni della ninfa insidiata da Giove che, da lei respinto, ci riprova tramutandosi in Diana. E Calisto, devota della dea, ci sta. Scambio di sesso e di identità che innesca una sarabanda transex e transgender, sfrenata quanto ironica. Divini o umani, così fan tutti. «Questi dei ci somigliano, sono lo specchio di nostre pulsioni e desideri segreti - spiega McVicar -. È un'opera dove si parla apertamente di lesbismo e di diritto al piacere sessuale femminile. Che sia andata in scena a metà di un secolo bigotto come il '600, che nove anni prima aveva costretto Galileo all'abiura, ci dice tanto dell'autonomia della Serenissima, oasi di libertà sessuale e intellettuale».

 

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A riassumere tante contraddizioni la scena di Charles Edwards, un osservatorio astronomico con un telescopio puntato sull'Orsa Maggiore, l'ultima incarnazione della sfortunata Calisto. «La specula è un omaggio a Galileo - prosegue McVicar -. Come lo è anche il libretto, ricco di stoccate alla religione cattolica e al potere vaticano. La posizione filosofica di Endimione, il pastore astronomo, è quella di un seguace della conoscenza umanistica. La memoria del processo a Galileo era molto viva, e questo dà al libretto una dimensione politica».

 

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Insomma, commedia sexy ma non solo. «Si comincia con un simposio di scienziati che discutono sul cammino dell'anima dalla terra al cielo e viceversa. Perché noi veniamo dalle stelle e alle stelle torneremo. Come Calisto». L'antesignana di un paganesimo che rivendica una nuova alleanza tra uomo e natura. «Anzi tra donna a natura. Il femminile si fa tramite tra scienza e magia, portatore di un panteismo sacro inviso alla Chiesa, che quelle donne sapienti temeva e perseguitava. Condannandone molte al rogo».

 

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A rendere più preziosa l'opera, il rapporto paritario tra testo poetico e musica. «Poco dopo sarà la musica a prendere il sopravvento. Ma qui c'è ancora un equilibrio perfetto. Certo, l'ascolto di stampo cameristico sfida le nostre abitudini. Ma se accetti di entrarvi, è molto gratificante». Da risolvere restava la trasformazione di Giove in Diana. È lo stesso cantante travestito che canta in falsetto o è l'interprete di Diana a sostituirlo? «Ho optato per la seconda soluzione. Così si evita di far sembrare Giove una drag queen. Scelta confortata dal libro paga della prima veneziana, dove risulta che Diana era pagata il doppio di Giove perché lo sostituiva». Il finale è malinconico: Giunone gelosa condanna Calisto a diventare costellazione. «Un momento molto triste. Mi sono ricordato che fino al 18° secolo in Inghilterra le donne che parlavano troppo, che avevano troppe idee, venivano zittite con una sorta di museruola. Così accadrà a Calisto. Orsa celeste messa a tacere».

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