
DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È…
1 - QUESTIONE DI CUORE - CONFERME SULLA MALFORMAZIONE CARDIACA CASSANO PUÃ RECUPERARE CON UN'OPERAZIONE
Laura Bandinelli e Fabio Poletti per "La Stampa"
Da Fantantonio a Forzantonio. Che tuffo al cuore deve essere stato per Antonio Cassano vedere sull'Ipad, che al Policlinico Sky non c'è, il gol di Ibra a Minsk e Boateng che sotto la maglia indossa la sua casacca numero 99. L'ultima stanza a sinistra al terzo piano del padiglione Monteggia dell'Ospedale Maggiore rimane inviolabile quasi a tutti.
Chi ha visto l'attaccante del Milan dice che sta bene, che parla scherza e cammina e al massimo l'unica preoccupazione è quella del recupero psicologico, lo scoglio più difficile da superare. L'ospedale non rilascia bollettini medici su richiesta del Milan.
Il medico del Milan Rodolfo Tavana arriverà oggi pomeriggio. Da Minsk Adriano Galliani tranquillizza tutti: «Antonio Cassano sta bene. Le cose stanno evolvendo bene. Siamo moderatamente ottimisti. Mercoledì con un comunicato congiunto con il Policlinico faremo chiarezza su tutto. Ci vuole pazienza».
L'impaziente sarebbe in realtà proprio il paziente del terzo piano che anche nel giorno di festa è stato sottoposto ad altri esami dal professor Nereo Bresolin primario di Neurologia. Il quadro clinico a questo punto è sufficientemente chiaro. Antonio Cassano soffre di Pfo cioè di forame ovale pelvio, un buchino nei due atri del cuore. Una patologia difficilmente diagnosticabile prima, ma ora si cercano le concause che potrebbero aver accelerato il malore.
Una patologia facilmente curabile con un intervento chirurgico, con un ombrellino «starflex» per chiudere il foro. O con un'adeguata terapia medica, non fosse per i tempi e le restrizioni legate al doping. Cosa sia meglio lo decideranno i medici, la squadra e ovviamente Cassano assistito anche ieri per tutto il giorno dalla moglie Carolina e da qualche parente stretto come il cugino Luca che lo segue in campo e fuori.
Il terzo piano dell'ospedale è off-limits a quasi tutti. Qualche tifoso arriva fino a questa costruzione rossa guarda su e se ne va. Sul cancello di fronte al Policlinico appare uno striscione rosso e nero lungo così in rima baciata con la firma della Curva Sud: «Fantantonio non mollare sotto la Sud torna a segnare». I social network sono bombardati di messaggi tutti per lui. Francesco Totti lo vuole in campo per marzo. Chi non ha tempo di aspettare sono i suoi amici. Lapo Elkann arrivato dagli Stati Uniti in mattinata non passa nemmeno da casa e si fionda qui. Si conoscono da sempre. La visita dura mezz'ora ma non è l'unica.
Alexander Pato e Luca Antonini, che non hanno seguito il Milan a Minsk, passano nel pomeriggio. Chi non viene di persona telefona, come il presidente dell'Inter Massimo Moratti. Antonio Cassano non è solo un milanista. La rivalità finisce in campo. Al Policlinico è solo solidarietà .
Il vicedirettore generale dell'Inter Stefano Filucchi arriva con l'attaccante Giampaolo Pazzini. Quando si infilano nell'ascensore blindato hanno il viso tirato. Dopo, è molto meglio. Giampaolo Pazzini è rassicurante: «L'abbiamo trovato meglio di quanto aspettassimo». Marco Materazzi l'ex difensore dell'Inter si ferma un po' di più ma anche lui è di poche parole: «Come deve stare? Sta bene, sta bene...». A sentirli tutti non sembra che questa sia una partita difficile per Cassano. Ma la parte più impegnativa che aspetta l'attaccante del Milan sarà quella fuori dall'ospedale, dove Forzantonio dovrà giocare tutto da solo contro la paura.
QUAL Ã LA PATOLOGIA
"Nel feto il foro ovale o forame del Botallo mette in comunicazione i due atri del cuore. Quando il bimbo nasce e comincia a respirare (prima era il sangue materno a dargli la vita) il foro si chiude. In alcuni casi ciò non avviene e i due atri restano comunicanti, con effetti anche molto gravi. Uno di questi è l'ischemia cerebrale: può essere causata da un embolo che attraverso il foro ovale passa direttamente dall'atrio destro all'atrio sinistro, quindi al ventricolo sinistro e di qui ai vasi del collo e del cervello".
2- "CASSANO? FATALITÃ, MA NEL CALCIO DI OGGI SI PUÃ IMPAZZIRE DI STRESS"
Malcom Pagani per "il Fatto Quotidiano"
Per l'irregolare che leggeva Prevert, si travestiva da allenatore e spingeva i tifosi pescaresi alla blasfemia - "Dio inventò il pallone e non contento creò Galeone" - i talenti come Cassano giustificavano la professione. Giovanni Galeone, napoletano del 41', ex tecnico con la passione per vino, poesia e divertimento è dispiaciuto: "Peggio, addolorato. Il presunto Ictus di Antonio è un colpo di sfiga atroce, che aggredisce il Cassano comportamentalmente più tranquillo degli ultimi dieci anni".
L'ultima volta, racconta, gli era sembrato cresciuto: "Sono andato a Milanello, mi si è avvicinato e ci siamo abbracciati. L'ho provocato: Puttana Eva, Antonio: sei riuscito a calmarti finalmente. E lui, serissimo, di rimando: Mister, ho capito che certi litigi del passato dipendevano anche da me. Una volta con Capello, l'altra con Garrone, non può essere sempre colpa degli altri".
Ora che la maturità rischia di essere inutile, Galeone preferisce sperare: "Mi auguro che Cassano torni presto. Sento parlare di pochi mesi di attesa e mi va di crederci. Antonio non se l'è andata a cercare. Non è Best o Gascoigne, né Maradona. Qui non ci sono bottiglie vuote, notti insonni o cocaina e io non credo ai castighi divini. C'è il fato, ma quello è tutta un'altra storia".
Giocare troppo, allenarsi male, giocare di nuovo. Galeone non ha dubbi. Il cane che si morde la coda è prigioniero degli impegni. Se il caso Cassano abbraccia l'imponderabile, ma vuoi dare comunque un nome agli infortuni continui, alle malattie improvvise e ai morti (da Curi a Foè) suggerisce Galeone, devi guardare anche in direzione di un calendario esasperato e di un agonismo eccessivo: "Una follia. Una corsa impossibile. Esistono campagne abbonamenti che saltano se perdi un'amichevole estiva o non vinci il trofeo Birra Moretti a ferragosto. Si gioca ogni tre giorni, non ci si allena, non si migliora".
La riflessione è difficile, il crinale scivoloso, Galeone medita sulle risposte. Nel '98, tra i primi, parlò di Epo, prestazioni alterate, ormoni della crescita: "E scoprii da Guariniello che molti ragazzi con i quali avevo giocato negli anni '60 si erano ammalati gravemente".
Oggi, sostiene, la situazione è diversa: "Altri tempi, altre consapevolezze. Alla mia epoca si prendevano corteccia surrenale, efedrina e Micoren per recuperare. Facevano male, ma non erano vietati e non si sapeva esattamente cosa provocassero. Eravamo ignoranti, succubi delle società e privi di qualsiasi potere contrattuale. Oggi è difficile pensare che un campione beva un intruglio a sua insaputa, anche se il doping esiste, è multiforme ed è sempre un passo avanti all'antidoping".
Secondo Galeone, pudore e prudenza non significa certezza nel sistema: "I controlli sono più accurati di prima e immagino che nel calcio, tutti abbiano capito che le drogherie non servono più a niente. Le farmacie esistono. E ad esempio il doping è una realtà del ciclismo e del football americano".
La conclusione, per Galeone, è secca: "Penso che il calcio ne sia fuori, me lo auguro, ma la mano sul fuoco, non la metto per nessuno". Dall'altro capo del filo, quattrocento chilometri più a sud, la voce di Carlo Petrini.
Il "centravanti nato" di Milan, Roma, Torino e Bologna. L'uomo che denunciò con libri e documentari combine, abusi di farmaci, esperimenti e infine, si ammalò. Parla a fatica. à cieco. Un tumore al rene, uno ai polmoni, un altro al cervello. Quattro metastasi alla testa tolte da pochi giorni. Cerchi una riflessione sul pallone malato e incontri rabbia. La voce è flebile, i concetti durissimi: "Il calcio mi ha distrutto la vita. I beveroni neri che prendevamo prima delle gare, le iniezioni, la frenesia del recupero a tutti i costi che già c'era negli anni '70, mi hanno portato a questo".
Fargli notare che la vicenda Cassano con il suo caso c'entri poco, è inutile. Per Petrini, che argomenta con disillusione, non c'è ombra che non si incaselli al posto sbagliato: "So cosa direte, come giustificherete e minimizzerete. Purtroppo non è normale che della gente di trent'anni, costantemente monitorata da medici di ogni tipo, si ammali al cuore, al pancreas e al cervello e muoia, da un giorno all'altro. Accadeva ieri, per esempio al fratello di Beppe Savoldi, accade oggi.
Però fanno tutti finta di niente e dimenticano che non abbiamo fatto i contadini e non abbiamo respirato nei capannoni di Eternit. Abbiamo solo preso a pedate una palla. Sentire persone che affermano con sicurezza: il calcio non c'entra con le malattie degli atleti mi fa piangere. Ma ha visto a che ritmo disputano 80 partite all'anno? A che livello bisogna correre per essere in competizione? Continuare a negare è inutile. Non servirà a nascondere una strage silenziosa".
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