paolo conte

CONTE SU CONTE! “L’ODORE CATTIVO” DELLA GUERRA, L’AMORE PER PASCOLI E PER LA SETTIMANA ENIGMISTICA, "AZZURRO" CHE NON CANTO' PER LA MORTE DEL PADRE, L’AVVOCATO-CHANSONNIER A BRIGLIA SCIOLTA: "CELENTANO? ANDAI QUALCHE VOLTA A TROVARLO, ERA PRESO DA MANIE RELIGIOSE, MI DICEVA FRASI TIPO "IL PARADISO È UN CAVALLO BIANCO CHE NON SUDA"- VIDEO

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Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera

 

Paolo Conte ha compiuto ottant' anni e non l' ha detto a nessuno. Del resto è notoriamente laconico, ma tutt' altro che antipatico. Ha sempre lo studio da avvocato ad Asti, vicino a piazza Alfieri.

 

PAOLO CONTEPAOLO CONTE

Capelli bianchi ma intatti, naso che ricorda un po' quello di Bartali, «triste come una salita», occhi azzurri e «allegri da italiano in gita»: infatti è in partenza per Parigi, dove suonerà alla Philharmonie.

 

Tra i francesi che si incazzano/e i giornali che svolazzano/e tu mi fai: dobbiamo andare al cine/e vai al cine vacci tu! Zazzarazzà Questo verso a Parigi lo canta? Paolo Conte sorride: «No, questo no. Parigi per noi piemontesi è un po' la capitale, mia nonna ogni tanto esclamava in francese. La prima volta ci andai all' inizio degli Anni 50. Mio fratello Giorgio e io eravamo sempre rimandati, a turno.

GABER JANNACCI E DARIO FOGABER JANNACCI E DARIO FO

 

Quando finalmente venimmo entrambi promossi, nostro padre ci regalò un viaggio in Francia. Atmosfera pesante: la memoria della guerra era viva, "les italiens" erano ancora quelli della pugnalata alle spalle; in un bar rifiutarono di servirci, finì quasi a pugni».

 

Sulla Topolino amaranto/si sta che è un incanto/nel quarantasei Bionda non guardar dal finestrino, che c' è un paesaggio che non va/è appena finito il temporale, sei case su dieci sono andate giù «Della guerra sento ancora l' odore cattivo.

Paolo Conte Paolo Conte

Nella cascina di mio nonno - la Favorita, a Viattosto - passarono tutti: prima i nazisti, poi i repubblichini, quindi i partigiani, infine gli inglesi. No, noi non eravamo schierati. Mio zio Gino era sotto i tedeschi, in aeronautica, andai a trovarlo in una scuola trasformata in caserma. La vicina di casa era di Boves, il paese bruciato. Aveva cinque figli: tutti partigiani, tutti fucilati. La ricordo al telefono chiedere se avevano sofferto. Una cosa tremenda. L' unico bel ricordo: la mattina in cui la mamma mi sveglia e mi chiama alla finestra per vedere i tedeschi ritirarsi.

 

Ho ritrovato un' eco di queste storie nei libri di Pavese; ma col tempo il suo linguaggio americanoide ha influenzato quello giornalistico, e non mi cantava più. E poi Pavese era l'intellettuale di Torino che tornava in collina alla ricerca di miti. Il vero outsider era Fenoglio.

 

MINA CELENTANOMINA CELENTANO

Ogni tanto rileggo Un giorno di fuoco : "Alla fine di giugno Pietro Gallesio diede la parola alla doppietta". Ho amato Hemingway, Simenon, ma soprattutto Pascoli. Quando facevo il militare a Cosenza e poi a Pisa, i commilitoni copiavano le lettere d' amore alle fidanzate da un libretto che a sua volta copiava spudoratamente le rime e i ritmi di Pascoli».

ELLADE BANDINI PAOLO CONTEELLADE BANDINI PAOLO CONTE

 

E tramonta questo giorno in arancione/e si gonfia di ricordi che non sai/mi piace restar qui sullo stradone/impolverato, se tu vuoi andare vai!/E vai! Che io sto qui e aspetto Bartali.

«Lo so che quasi tutti i piemontesi erano per Coppi, tecnicamente il più forte. Ma Fausto era un superuomo, aerodinamico, lunghissimo; Gino era l' uomo della strada. Anche se in realtà Bartali è una canzone sulla distanza tra maschio e femmina: lei è scontrosa, le scappa la pipì, vuole andare al cinema; lui attende il campione godendosi il silenzio tra una moto e l' altra». Un senso di estraneità come quello tra piemontesi e liguri in Genova per noi .

 

«Di quella canzone gira un testo sbagliato: Genova non ha i giorni tutti uguali; sono io che le chiedo di tornare ai nostri giorni tutti uguali. Anche i liguri sono un po' ritrosi, come noi; ma il mare ha tutta un' altra apertura di sogno. E la luce è completamente diversa».

 

È grigia la strada ed è grigia la luce/e Broni Casteggio Voghera son tristi anche loro «Broni Casteggio Voghera sono i paesi che si incontrano andando da Asti a Parma, dove mi sono laureato». La canzone è dedicata alla fisarmonica di Stradella. Le piace la fisarmonica? «Da ragazzo la odiavo. Mi pareva un simbolo della povertà italiota; solo dopo ho scoperto la sua poesia nascosta.

Paolo Conte Paolo Conte

 

Sognavo il jazz Anni 20, suonavo il trombone nell' Original Barrelhouse Jazz Band, insomma una banda da bordello, poi il piano nella Lazy River' s Bands Society: il fiume pigro poteva essere il Mississippi, ma più facilmente il Tanaro. Una sera incrociai un ragazzo romano con la faccia da bambino, tutto ricci, vivacissimo, pieno di talento: suonava la chitarra nei Campioni, l' orchestra di Tony Dallara, si chiamava Lucio Battisti».

 

Cerco un po' d' Africa in giardino/tra l' oleandro e il baobab/come facevo da bambino/ma qui c' è gente non si può più/stanno innaffiando le tue rose/non c' è il leone, chissà dov' è

«La musica per me era una strega. Non un mestiere serio, come il panettiere, il muratore, il notaio. In famiglia erano tutti notai, e io ero a Roma a dare l' esame di Stato quando arrivò il telegramma di mio fratello: "Probabile Celentano". Era il 1967, Adriano cercava una canzone da cantare insieme con la nuova ragazza del Clan, Claudia Mori: La coppia più bella del mondo . Io avevo scritto la musica, Luciano Beretta le parole».

Paolo Conte SnobPaolo Conte Snob

 

Com' è il suo rapporto con Celentano?

«Buono, distante. Mi è sempre stato simpatico nella sua follia. Siamo tutti e due del capricorno, nati sotto Saturno: caratteri difficili, per sé e per gli altri; solitari, con un velo di malinconia. Andai qualche volta a trovarlo nella casa dove stava sempre chiuso, sopra Lecco, tra laghetti di montagna. Era preso da manie religiose, mi diceva frasi tipo "il paradiso è un cavallo bianco che non suda". Tentava di convincermi, io recalcitravo». Lei non ha fede? «A ondate». La domenica andava davvero all' oratorio? «Certo. Ma non a chiacchierare con un prete; a giocare a pallone. Era l' unico campetto con le porte».

 

Azzurro/il pomeriggio è troppo azzurro e lungo per me/mi accorgo di non avere più risorse senza di te Nel fatale 1968 lei scrisse la canzone italiana più eseguita al mondo, più di Volare e O sole mio . Perché non la cantò anche?

Paolo Conte Paolo Conte

 

«A cantare non pensavo proprio. L' interprete ideale era Adriano, artista popolare per eccellenza. Papà era morto all' improvviso, bisognava lavorare. La prima volta salii sul palco nel 1976, al premio Tenco, ma fu una trappola di Amilcare Rambaldi: pensavo di trovarmi in un gruppo di amici, invece all' Ariston c' erano duemila persone. Il ghiaccio era rotto. Tenni i primi concerti continuando a fare l' avvocato. La pratica legale mi è sempre servita anche per scrivere canzoni.

 

L' uomo del Mocambo è nato quando curavo pratiche fallimentari: era l' avventuriero appunto fallito, improbabile, sognatore. Messico e nuvole nasce anche pensando alle coppie che andavano a divorziare in Messico, "la faccia triste dell' America". A volte si usavano metodi più drastici, come in Onda su onda ».

 

i funerali di giorgio faletti ad asti    paolo contei funerali di giorgio faletti ad asti paolo conte

Son caduto dalla nave son caduto/mentre a bordo c' era un ballo Ma è caduto o l' hanno spinto? «Questo non lo so neppure io». Certo il protagonista trova la felicità: «Steso al sole ad asciugare il corpo e il viso/guardo in faccia il paradiso». Altre volte la felicità è nell' abbandono, come in Wanda: «Carezze qui, carezze là». Come si chiama sua moglie, in realtà? «Egle. È una lunga storia, ci siamo sposati nel 1975». E Vieni via con me , come va a finire? «È la proposta di una fuga d' amore. Probabilmente accolta, visto che spunta un accappatoio azzurro».

 

Nel tempo fatto di attimi e settimane enigmistiche In effetti la vita è fatta da tempi lunghi, lenti, noiosi, e da lampi decisivi.

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«Ma io non volevo dire quello. Parlavo proprio della Settimana enigmistica . Sono un enigmista, creatore di rebus. In casa aspettavamo con ansia il giorno benedetto in cui usciva la Settimana. Certo è anche una metafora; ma non della perdita di tempo, semmai dell' impossibilità di capire la vita».

 

Il maestro è nell' anima e dentro all' anima per sempre resterà! Chi è il maestro?

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«Può essere Verdi, Toscanini, Von Karajan, Muti. Un direttore dal gesto energico. Muti l' ho conosciuto al festival di Ravenna, è un grande. I cantautori li ho incontrati ai tempi della Rca: ero amico di Lucio Dalla, Renato Zero è venuto ai miei concerti. Ma il mio preferito era Jannacci, con la sua poesia astratta e nello stesso tempo antica». E la sua squadra del cuore qual è? «Prima di Superga eravamo tutti granata. Ricordo la notizia alla radio, mio fratello e le altre voci che si rincorrono: "È morto il Toro, è morto il Toro". Poi diventammo juventini». 

 

Com' è possibile? «Eravamo bambini. Se è per questo, alla fine sono diventato milanista». In che modo? «Il nostro vicino d' ombrellone, a Sestri Levante, era il commendator Menni, dirigente del Milan, che vedendomi palleggiare sulla spiaggia insisteva perché passassi dalla sua parte. Io resistevo. Poi con mio zio andai a Torino a vedere Juve-Milan: 1 a 7; il Gre-No-Li fece meraviglie. A fine partita, cercando l' auto nella nebbia, mi imbattei nel commendator Menni: "Paolo, hai visto il Milan?". Mi parve un segno».

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