francesco pazienza

SAPEVA TANTO E NON HA MAI DETTO TUTTO - IL FACCENDIERE ED EX AGENTE DEL SISMI FRANCESCO PAZIENZA, MORTO A 79 ANNI, E' L’UOMO DEI MISTERI ITALIANI DAL CRAC AMBROSIANO ALLO IOR, ERA L'UOMO DI COLLEGAMENTO TRA IL GENERALE SANTOVITO, CAPO DEL SISMI (ISCRITTO ALLA P2), E ROBERTO CALVI, IL "BANCHIERE DI DIO" FINITO APPESO SOTTO UN PONTE DI LONDRA – I LEGAMI CON GELLI, I RAPPORTI CON FEDERICO UMBERTO D’AMATO, LA GUIDA DELL’UFFICIO AFFARI RISERVATI DEL VIMINALE ARTEFICE DELLA “STRATEGIA DELLA TENSIONE”, E IL DEPISTAGGIO ORCHESTRATO INSIEME AL “VENERABILE” SULLA STRAGE DI BOLOGNA - FU ASCOLTATO POCHI ANNI FA PER LA NUOVA INCHIESTA SULLA STRAGE DI USTICA, PER LA SCOMPARSA DI EMANUELA ORLANDI, PER IL SEQUESTRO CIRILLO…

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1 - DALLA P2 ALLE STRAGI I SEGRETI CHE PAZIENZA PORTA VIA CON SÉ

Lirio Abbate per “la Repubblica” - Estratti

 

 È morto Francesco Pazienza, e con lui un intero catalogo di ombre, doppifondi, menzogne e verità che non hanno mai visto il sole. Settantanove anni, l'aria di uno che sa troppe cose e che non ha mai detto tutto. Si è spento in una villa sul Golfo dei Poeti, a Lerici, luogo ironico per chi ha attraversato la vita come un incubo kafkiano, e ha scritto capitoli inconfessabili della storia italiana.

 

francesco pazienza 2

Pazienza non era solo un ex agente del Sismi, il servizio segreto militare. Era il faccendiere per eccellenza, la cerniera fra potere legale e poteri occulti. Un uomo che ha saputo troppo, parlato a tratti, manipolato sempre. Per capirlo bisognerebbe tornare indietro, negli anni Settanta e Ottanta, nel ventre molle della Repubblica, tra logge massoniche deviate, banchieri impiccati, stragi senza mandanti e segreti custoditi nei cassetti dei servizi.

 

Pazienza, pugliese, consulente rampante prima, agente parallelo poi, era una di quelle figure che non esistono nei manuali del diritto ma governano pezzi interi della società. Lo hanno presentato sempre così: «Uomo dei misteri italiani». È riduttivo. Pazienza era l'uomo di collegamento tra il generale Giuseppe Santovito, capo del Sismi, e Roberto Calvi, il "banchiere di Dio" finito appeso sotto un ponte di Londra.

 

Gli affari che passavano da lui erano fiumi carsici che legavano Vaticano, politica, mafia e finanza nera.

 

Si muoveva tra piani invisibili, aveva molti passaporti con diverse identità, conti off-shore, conoscenze trasversali, una lingua biforcuta e un fiuto infallibile per l'intrigo.

 

francesco pazienza 1

Quando lo scandalo della Loggia P2 esplose in Parlamento, fu travolto anche lui. Scappò. Seychelles, Panama, New York. Il profilo del latitante professionista. Diceva di essere vittima di una congiura. Forse lo era davvero, ma anche carnefice.

 

Arrestato nel marzo 1985 a New York su richiesta della procura di Milano per bancarotta fraudolenta, cominciò da lì la sua parabola discendente. Memoriali, confessioni a metà, rivelazioni calibrate a seconda delle convenienze. Era nel suo elemento: l'ambiguità.

 

Fu estradato per il crac del Banco Ambrosiano, ma i capi d'accusa si allungarono presto: estorsioni, depistaggi, calunnie, strage. Bologna 2 agosto 1980. Una valigia piena di esplosivo ritrovata su un treno. Un depistaggio orchestrato, come ci dicono le sentenze, da lui insieme a Licio Gelli, Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte. L'obiettivo: incanalare le indagini verso estremisti di destra stranieri, per proteggere chissà chi. Pazienza venne condannato a dieci anni per calunnia aggravata.

 

francesco pazienza

Un depistaggio per costruire una falsa pista investigativa.

 

(...)

 

E Pazienza, a suo modo, fu un soldato di quella guerra sporca.

 

Lo ritroviamo, anni dopo, a parlare di versamenti in nero a imprenditori democristiani, di fondi occulti di Calvi diretti a Giulio Andreotti, di nomi (Badalamenti, Vitalone, D'Amato) che odorano di catacombe.

 

Fu ascoltato pochi anni fa per la nuova inchiesta sulla strage di Ustica, per la scomparsa di Emanuela Orlandi, per il sequestro Cirillo.

 

Sempre vicino ai misteri. Sempre dentro, sempre di lato. Mai davvero colpevole di tutto, mai del tutto innocente. Come se la sua figura servisse più per confondere che per chiarire.

 

Nell'aula del processo Enimont si presenta con fare teatrale a salutare il pm Antonio Di Pietro, sostenendo di avergli salvato la vita. In ogni processo, un colpo di scena. In ogni interrogatorio, una miccia accesa.

 

francesco pazienza

Era uno che seminava dubbi come altri seminano denaro. Il suo capitale era l'opacità.

 

Ora Francesco Pazienza è morto.

 

Ma come tutti quelli che hanno abitato il sottosuolo del potere, lascia dietro di sé una scia di documenti, memorie, allusioni, e soprattutto domande. Non sapremo mai quante delle cose dette erano per salvarsi o per vendicarsi. Né se il suo silenzio, a tratti ostinato, sia stato dettato da paura o calcolo.

 

L'ex agente segreto è stato l'uomo che ha trasformato l'Italia degli anni di piombo e dei misteri in una partita a scacchi tra apparati, logge e interessi sovranazionali. Un interprete tragico del lato oscuro della prima Repubblica. Con Pazienza è morto anche un pezzetto di verità che non conosceremo mai. Ma chi sa leggere la storia dietro alle ombre, riconoscerà nella sua figura un simbolo: di quanto sia stata lunga, ambigua e devastante la stagione in cui la verità era un optional, e la menzogna, una forma di potere.

licio gelli

 

 

 

2 - IL «DISUBBIDIENTE» DEI MISTERI ITALIANI

Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera” - Estratti

 

 

 

Aveva studiato Medicina, ma il medico non l’ha mai fatto. Amava le profondità marine, ma più che di fondali s’è occupato di bassifondi: finanziari, militari, internazionali e istituzionali. Tanto da guadagnarsi il titolo di «faccendiere», com’è universalmente noto, al quale lui preferiva quello di «Disubbidiente», come intitolò la sua prima biografia: nel senso di un irregolare, che rispondeva, diceva lui, più alla propria coscienza che agli ordini altrui.

francesco.pazienza

 

Ma credere a Francesco Pazienza — agente segreto e pregiudicato, morto ieri a 79 anni d’età nella sua Liguria, dove s’era ritirato dopo aver scontato la condanna per il depistaggio sulla strage alla stazione di Bologna — era e resta un azzardo. Una scommessa. Perché districarsi tra bugie, ipotesi più o meno credibili, mezze verità o scampoli di ricostruzioni è sempre stato un esercizio complicato per chiunque; in primo luogo per investigatori e magistrati che lo hanno inquisito per decenni, inseguendo i retroscena dei tanti misteri in cui è stato coinvolto.

 

Quello in cui è rimasto impigliato è l’inquinamento per le indagini sulla bomba esplosa alla stazione di Bologna il 2 agosto del 1980; un’operazione orchestrata dal Sismi, il servizio segreto militare in cui Pazienza era stato arruolato, e per il quale è stato giudicato responsabile insieme all’ex Maestro venerabile della Loggia P2 Licio Gelli e agli ufficiali del Sismi Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte. Musumeci era iscritto alla P2, così come il generale Giuseppe Santovito, che degli 007 con le stellette fu direttore fino a quando esplose lo scandalo della Loggia segreta.

 

Il massone Pazienza negli elenchi non c’era, ma al di là di una presunta affiliazione occulta (sempre ipotizzata e da lui negata: «Io con Gelli non ho avuto niente a che fare») restano i suoi rapporti diretti e privilegiati con i pezzi grossi dell’ intelligence che della P2 erano espressione diretta.

francesco pazienza

 

Tanto che quando fu coinvolto in una ipotetica associazione per delinquere, prima individuata e poi ridimensionata dalla magistratura romana, l’idea di un servizio segreto «deviato» o «parallelo» chiamato SuperSismi finì per essere assorbita in quella di Servizio segreto piegato attraverso i suoi vertici, proprio nel periodo in cui Pazienza ne fece parte, a interessi diversi da quelli della Repubblica.

 

Il mancato medico ha raccontato, fra l’altro, di essere stato incaricato da Santovito (su mandato di Andreotti, precisò) di raccogliere prove contro l’arcivescovo Paul Marcinkus, l’uomo forte della banca vaticana Ior, per conto del cardinale Agostino Casaroli, all’epoca segretario di Stato; ma quando scoprì che Marcinkus stava aiutando papa Giovanni Paolo II nella guerra contro l’impero comunista nel mondo, lui da bravo anticomunista si fermò.

 

francesco pazienza

Vero, falso, o vero e falso a metà? E sarà vero o falso che Federico Umberto D’Amato, la guida dell’Ufficio Affari riservati del Viminale artefice della «strategia della tensione», lo chiamò nell’autunno del 1980 perché finalmente aveva trovato nel Sismi «uno che non era una ciofeca»?

 

Il nome di Pazienza è comparso e scomparso, nel ruolo di protagonista, comprimario o mestatore (da lui sempre respinto, ovviamente), in tanti altri intrighi italiani e internazionali degli Ottanta del secolo scorso: l’attentato a Giovanni Paolo II e il sequestro di Emanuela Orlandi, il fallimento del Banco Ambrosiano e la morte di Roberto Calvi, il sequestro e la liberazione dell’assessore democristiano in Campania Ciro Cirillo a opera delle Brigate rosse, con la mediazione della camorra e del solito Sismi. E poi il tentativo di disarcionare il presidente statunitense Jimmy Carter, e le relazioni, reali o millantate che fossero, con il dittatore panamense Manuel Noriega e il narcotrafficante colombiano Pablo Escobar.

 

(...)

Federico Umberto D'Amato

Era già caduto in disgrazia, ma continuava a dettare regole e mosse. Sempre elegante, con un foulard al collo, cravatte firmate e pochette, all’occorrenza un sigaro cubano tra i denti, per ostentare sicurezza e sicumera. Anche quando è dovuto entrare in carcere per scontare la condanna definitiva, ed esaurita la pena è tornato libero. A sciorinare le sue verità ( La versione di Pazienza s’intitola il suo ultimo libro, edito tre anni fa da Chiarelettere), mezze verità o bugie .

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