1- LA CATASTROFICA PARTECIPAZIONE ALLA CERIMONIA OLIMPICA COSTRINGE LA STAMPA BRITANNICA A FARE SEPOLTURA DEL SETTANTENNE PAUL MCCARTNEY: “IT’S TIME TO LET IT BE” 2- ‘DAILY MAIL’: “L’ABUSATISSIMO ‘’HEY JUDE’’ PUZZA DI NAFTALINA. CORETTO FINALE COMPRESO” 3- “È PROPRIO QUI, IN QUEL CELEBRE, INFINITO “NAAAH-NAAH-NAH-NA-NA-NA-NAAAH”, CHE S'È CONSUMATA LA TRAGEDIA GRECA. QUELLA IN CUI IL COLOSSO CROLLA SOTTO IL PESO DELL’ETÀ. UNA TRAGEDIA ANCORA PEGGIORE, PERCHÉ COMPIUTA IN MONDOVISIONE. PAUL SI ALZA DAL PIANOFORTE E VA AL CENTRO DEL PALCO, CERCANDO DI SPINGERE LA FOLLA A CANTARE CON LUI, DIVIDENDOLA IN DUE CORI, UNO MASCHILE, L’ALTRO FEMMINILE. IN PRATICA, QUELLO CHE SI FA NEI VILLAGGI TURISTICI. IL TUTTO CONDITO DA UNA STECCA DEGNA DI MEMORIA”

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DAGOREPORT
Dal "Daily Mail"  http://bit.ly/OEY9Lw

C'era un tempo in cui sir Paul McCartney non solo rappresentava un idolo del rock and roll, ma forse incarnava la musica della Gran Bretagna. A partire dagli anni '60 con gli eterni Beatles, proseguendo in tutta la sua lunga carriera, il baronetto ha deliziato diverse generazioni di giovani e non più giovani con i suoi spettacoli e la sua voce che sembrava inossidabile. Appunto, sembrava.

Perché se c'è stata una cosa chiara a tutti, dopo la sua performance per la chiusura della cerimonia olimpica dell'altra sera, è che le doti canterine di "Macca" si sono esaurite.
E dire che era iniziato tutto bene, con quella versione di "The end", pezzo di chiusura del leggendario album beatlesiano "Abbey Road". Ma ciò che è seguito ha fatto rizzare i capelli a molti fan di vecchia data.

La voce di Paul, settant'anni appena compiuti, è subito sembrata scricchiolare. E, come se non bastasse, ci si è messo anche un imbarazzante problema tecnico, che faceva arrivare le note di Hey Jude come con una fortissima eco. Il brano scelto, uno dei grandi capolavori scritti da Paul ai tempi dei "Fab four" e dedicato a Julian, figlio di John Lennon, per quanto sia fortemente rappresentativo, secondo molti era fin troppo abusato, tanto da puzzare ormai di naftalina. Coretto finale compreso.

Ma è proprio qui, in quel celebre, infinito "naaah-naah-nah-na-na-na-naaah", che si è consumata la tragedia greca. Quella in cui il colosso, il sovrano assoluto, crolla sotto il peso dell'età, sopraffatto dal tempo e dalla fatica. Una tragedia ancora peggiore, perché compiuta in mondo visione. Paul si alza dal pianoforte e va al centro del palco, cercando di spingere la folla a cantare con lui, dividendola in due cori distinti, uno maschile, l'altro femminile. In pratica, quello che si fa nei villaggi turistici. Il tutto condito da una stecca degna di memoria.

Tempo di concludere lo show, che la rete si è scatenata. Per alcuni il finale di McCartney "ha rovinato uno spettacolo incredibile", per altri, semplicemente, "It's time to let it be", è tempo di smettere (alludendo alla famosissima canzone dei Beatles che segnò la fine dello storico quartetto di Liverpool). Una ragazza ha malinconicamente commentato: "Sono una tua fan da sempre, ma per favore Paul, non farlo più. Mi dispiace, ma la tua voce è andata. Divertiti, goditi il tempo con tua moglie e i tuoi nipoti e spendete i vostri soldi. Ma lascia stare il canto. Ti prego".

E se anche Keith Richards dei Rolling Stones, dopo una vita dissoluta passata a calcare i palchi di tutto il mondo, sembra che stia per gettare la spugna, forse bisognerebbe semplicemente prendere atto che quella generazione, quella mitica delle rock star degli anni '60, si sta esaurendo.

 

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