lo chiamavano jeeg robot

UN SUPEREROE CACIO E PEPE - “LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT” VOLA AL BOTTEGHINO ALLA FACCIA DEI PRODUTTORI CHE NON HANNO CREDUTO NEL PROGETTO DI GABRIELE MAINETTI - INVECE DI FINANZIARE UN ESORDIENTE DI TALENTO SI DANNO SOLDI (ANCHE PUBBLICI) AI SOLITI TROMBONI

Vai all'articolo precedente Vai all'articolo precedente
guarda la fotogallery

Stefania Ulivi per il “Corriere della Sera”

 

ylenia pastorelli e claudio santamariaylenia pastorelli e claudio santamaria

Pazienza e costanza, preziose virtù, non sono esattamente considerate alla stregua di superpoteri. Eppure è stata proprio la capacità di armarsi di pazienza (oltre a molta testardaggine) a permettere a Gabriele Mainetti di trasformare il suo progetto Lo chiamavano Jeeg Robot in film e farlo arrivare sullo schermo. Ci sono voluti diversi anni, molti «no» e l'incoscienza di procedere con la propria casa di produzione, la Goon Films con un budget non proprio da kolossal: 1.700.000 euro.

 

luca marinelliluca marinelli

In pochi, infatti, erano pronti a scommettere su un esordiente e sulla storia, condita da effetti speciali, di Enzo Ceccotti, supereroe a sua insaputa. Il ladruncolo misantropo e disadattato di Tor Bella Monaca pronto a trasformarsi, complice una caduta trai i fusti tossici del Tevere, in paladino di giustizia. Meno che mai disposti a seguire la volontà di Mainetti di girare a Roma in location proibitive: Colosseo, Lungotevere, Stadio Olimpico.

gabriele mainettigabriele mainetti

 

Adesso che il film è nelle sale (è uscito il 25 febbraio, distribuito da Lucky Red, dopo un fortunato passaggio alla Festa di Roma lo scorso ottobre) e sta ottenendo incassi di tutto rispetto, Mainetti non nasconde la soddisfazione. «È stato difficile. Ma sono felice di aver tenuto duro, di non aver rinunciato a nulla». Neanche, appunto, alla scena girata dentro l'Olimpico durante un derby Roma-Lazio considerata sulla carta una follia. È il suo primo lungometraggio, il film con Claudio Santamaria (appesantito da 20 chili), Luca Marinelli e la debuttante Ilenia Pastorelli.

 

Prima ci sono stati due corti assai apprezzati, sempre in collaborazione con lo sceneggiatore Nicola Guaglianone: Basette, del 2008 e Tiger Boy , arrivato due anni fa nella short list per la nomination agli Oscar dei cortometraggi. «Senza Tiger Boy non ci sarebbe stato Lo chiamavano Jeeg Robot».

 

lo chiamavano jeeg robot  6lo chiamavano jeeg robot 6

I premi e la visibilità sono state un'apertura di credito, certo. Ma Mainetti aveva le idee molto chiare fin dagli inizi. Il cinema è stata una passione precoce, scoppiata da ragazzo. Ha studiato recitazione e lavorato come attore (debutto nel 1999 in Il cielo in una stanza dei Vanzina) ma l'obiettivo era la regia. Approfondita all'università in Usa. «Mi han detto: "Cosa sei venuto a fare, sei già pronto"».

lo chiamavano jeeg robot  7lo chiamavano jeeg robot 7

 

E così Ceccotti si è preso la scena. «Un personaggio epico di cui seguiamo la trasformazione da antieroe a eroe. Un emarginato che avrebbe tutte le ragioni per disinteressarsi agli altri e invece si lascia trascinare grazie a Alessia. Un cambiamento che emoziona».

 

lo chiamavano jeeg robot  5lo chiamavano jeeg robot 5

Il suo antagonista è lo Zingaro (Luca Marinelli). «La sua nemesi: Enzo vuole nascondersi, Lo Zingaro vuole essere amato da tutti. In fondo si assomigliano». In comune i due attori hanno anche due momenti musicali: la sigla del manga di Go Nagai e Tatsuya Yasuda cantata da Santamaria (appare nella colonna sonora fornata da Mainetti con Michele Braga) e la cover di Un' emozione da poco di Anna Oxa di Marinelli. «Sanremo 78, la Oxa è stata il nostro David Bowie».

 

 

lo chiamavano jeeg robot  1lo chiamavano jeeg robot 1LO CHIAMAVANO JEEG ROBOTLO CHIAMAVANO JEEG ROBOTlo chiamavano jeeg robot  2lo chiamavano jeeg robot 2