“LOU REED MI HA ROVINATO LA VITA” - JOE DALLESANDRO, UNO DEI PERSONAGGI SESSUALMENTE AMBIGUI DI “WALK ON THE WILD SIDE”: “NON MI AVEVA MAI VISTO”

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Piero Negri per "La Stampa"

Nei giorni seguenti la morte di Lou Reed, Joe Dallesandro ha ricevuto più di cento email sul medesimo argomento. Il Little Joe di Walk On The Wild Side, la più conosciuta canzone di Lou Reed, quello che non si dava mai via per niente e ciascuno poteva avere, ma pagando e pagando, era proprio lui? «Sono 40 anni che mi fanno la stessa domanda - dice - e la risposta non è cambiata. Quella non è una storia vera, è un film. Io Lou Reed non lo conoscevo quando scrisse quella canzone, e lui non conosceva me».

Dallesandro, che oggi ha 64 anni, s'era tatuato «Little Joe» sul braccio in riformatorio, dove era finito a 15 anni dopo essere stato fermato alla guida di un'auto rubata. Simbolicamente, il guaio era accaduto all'imbocco dell'Holland Tunnel, all'arrivo a Manhattan, terra dei sogni che accoglierà Dallesandro qualche anno dopo e lo farà diventare la star dei film della Factory di Andy Warhol.

Qui sarebbe avvenuto il non-incontro con Lou Reed: le storie narrate in Walk On The Wild Side - ritiene Dallesandro - sono più o meno reali, tranne la sua. «Ma nessuno dei personaggi della canzone - dice - aveva mai parlato a Lou Reed prima che uscisse quel disco».

Il disco uscì nel 1972, dopo che David Bowie aveva ripescato Lou Reed dall'oblio precoce in cui era precipitato con lo scioglimento dei Velvet Underground. Reed, che nel frattempo era anche tornato a lavorare nello studio di commercialista di suo padre, fu chiamato a Londra e sottoposto alle cure di Bowie e del suo chitarrista Mick Ronson. Il risultato fu Transformer, l'album che creò il mito del poeta rock, oscuro e maledetto e che in Walk On The Wild Side aveva la sua perla più lucente.

La canzone raccontava cinque storie di identità sessuale mutante, di persone che avevano scelto la metropoli (New York) e il lato selvaggio della strada («wild side») per diventare se stesse. Holly, che sulla strada da Lui che era diventa Lei, Candy che non perde mai la testa e che nella stanza sul retro tutti chiamano «Darling» (cara), Sugar Plum Fairy (il nome è quello di un personaggio dello Schiaccianoci) che batte le strade cercando da mangiare, Jackie che pensa di essere James Dean.

E poi c'è Little Joe, quello che vuole essere pagato e pagato. Tutti i personaggi sono reali, e vivi quando esce la canzone, tutti sono maschi all'anagrafe, ma uno (Holly) è una drag queen, un altro (Candy) è un transessuale, un altro (Sugar Plum Fairy, ovvero Joe Campbell) è un attore gay del giro Factory, un altro (Jackie) è un performer che copre ruoli maschili e femminili.

E Little Joe? «Io facevo l'attore e nel 1972 avevo già avuto il buon senso di andarmene da New York e dalla Factory. Quando uscì quel pezzo ero sposato, avevo un figlio e vivevo in Europa. Il testo parla di un personaggio che interpretai nella trilogia di Paul Morrissey, in particolare in Flesh, del 1968: Lou Reed mi aveva visto, sì, ma solo al cinema».

Joe, che tra l'altro servì da modello per la celebre copertina dell'album Sticky Fingers dei Rolling Stones (quella della zip dei pantaloni) e che in un fotogramma preso da Flesh apparve sulla copertina del primo album di The Smiths, non è mai riuscito a chiarirsi con il suo cantore: «Non ha mai voluto parlare con me della questione - dice - aveva una sua versione dei fatti e non ha mai voluto metterla in discussione. Anche se ciò che lui racconta nella canzone non ha alcun senso».

 

 

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