RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Francesco Bonazzi per “la Verità”
L'understament è sbarcato a Roma. Una della caratteristiche più note del generone romano, ovvero mettersi sotto i riflettori sempre e comunque, sta tramontando. Sarà l'età che avanza, ma i grandi costruttori capitolini ormai fanno i finanzieri e stanno defilati; quelli che sono riusciti a diventare banchieri non li vedi e non li senti; perfino chi viene dallo sport, dopo il tramonto di Giovanni Malagò per mano leghista, se ne sta chiuso nel suo circolo sul Tevere.
Ma l'ultimo capolavoro di sparizione in stile Houdini lo ha messo a segno Luigi Abete (71 anni), che la vigilia di Natale ha deciso di chiedere il concordato preventivo per l'agenzia di stampa Askanews, in modo da portare a casa più facilmente anche 27 esuberi, su 90 giornalisti in organico.
Ovviamente, di chiedere l'ombrello protettivo del Tribunale fallimentare di Roma non l'ha deciso Abete, che da un paio d' anni fa finta di non occuparsi di agenzie e giornalisti, ma la famosa «assemblea degli azionisti». Dove però l'azionista di riferimento è la sua Sviluppo programmi editoriali, che ha il 60% di Askanews, e della quale fa parte anche l'ex banchiere romano Giuseppe Cornetto Bourlot, presidente dell' agenzia.
L'assemblea si è riunita il 24 dicembre e ha deciso di dare mandato al cda di aprire l'iter per chiedere il concordato, che in sostanza è un modo di cautelarsi dalle possibili richieste di fallimento da parte di qualche creditore. Con l'occasione ha appunto annunciato 27 esuberi. Una mossa, quest'ultima, particolarmente scaltra, perché, come dicono al sindacato, «a gennaio andremo a trattare gli esuberi con un commissario e saremo in posizione ancora più debole».
Certo, una rasoiata del genere alla vigilia di Natale, con 130 famiglie che ora vedono nero (tra giornalisti e poligrafici), ha pochi precedenti. A memoria, giusto Carlo De Benedetti alla Olivetti, voleva mandare 500 lettere di messa in cassa integrazione proprio a Natale, ma l'allora capo del personale, Pier Luigi Celli gli spiegò che non era cosa. Tuttavia, chi segue da vicino le vicende delle agenzie di stampa italiane sa che sono più o meno tutte alla canna del gas e dipendono dai denari di Palazzo Chigi e dalle sue convenzioni bizantine, ma giura che la vera «furbata», in Askanews, è stata fatta in primavera.
Per cinque mesi, infatti, i dipendenti sono stati messi in cassa integrazione al 50% e l'azienda ha risparmiato così circa un milione e mezzo di euro e ha spinto fuori dalla porta un' altra decina di persone con i prepensionamenti. Nel frattempo l'agenzia, che non era certo tra le preferite del sottosegretario all'Editoria, il renziano Luca Lotti, aveva perso la gara più importante.
Situazione grave, ma non disperata, se Askanews avesse fatto un bel recupero crediti aggressivo, perché molte amministrazioni dello Stato hanno continuato a utilizzare il notiziario Askanews per dieci mesi, dimenticandosi di staccare le macchine, fino a maturare un debito che l'agenzia controllata da Abete valuta in 4,7 milioni. Ultimamente questi soldi sono stati chiesti con un certo vigore, ma il successore di Lotti, il grillino Vito Crimi, ha fatto dire dai suoi uffici che ne riconosce al massimo un terzo.
Sono somme che salverebbero posti di lavoro, ma Askanews non ha in mano una sentenza, bensì un semplice parere dell' Avvocatura di Stato. Pare che intorno al milione e mezzo si potrebbe trovare l'accordo e chiudere la faccenda con una transazione. Il che porterebbe il buco da coprire per il 2018 a soli 300.000 euro. Ma certo, resta il nodo che, anche per Palazzo Chigi, pagare senza una sentenza non è facilissimo. E poi ad agosto Askanews ha ottenuto dal governo un nuovo contratto triennale, anche se meno munifico del passato.
In tutto ciò, sia il sindacato unico dei giornalisti, sia i dipendenti di Askanews, chiedono da mesi che «l'azionista faccia la sua parte», non solo facendosi rispettare con Palazzo Chigi, ma anche mettendo mano al portafogli. Ma Abete ha molto da fare e quegli 8 milioni di dote ricevuta da Telecom Italia quando rilevò Tm News, che poi ha fuso con la cattolica Asca, non ci sono più.
L'uomo che nella Prima Repubblica ha fatto fortuna con un business per pochi intimi come la stampa delle schedine del Totocalcio, andate in pensione pochi giorni fa, è presidente di Bnl-Bnp Paribas dal 1996, dove è inamovibile. Gli azionisti francesi gli hanno recentemente perdonato un finanziamento da 15 milioni concesso in sole 7 ore a degli studios di Cinecittà riconducibili a lui.
E, nonostante l'inchiesta sul «Sole» ai tempi di Roberto Napoletano, è ancora uno dei grandi vecchi di Confindustria, della quale è stato anche presidente, visto che con l'ex ministro Paola Severino (consigliere e legale di fiducia di Francesco Gaetano Caltagirone) si è inventato letteralmente da zero la presidenza di Vincenzo Boccia.
Con tutti questi bei giri, i giornalisti di Askanews si aspettavano che almeno sapesse come trovare un po' di soldi anche per l'agenzia. Ma negli ultimi due anni Abete ha fiutato il vento e ha lasciato prima la presidenza, e poi anche il cda. Prima o poi farà un comunicato di solidarietà anche lui.
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