DAGOREPORT – CON L'OPERAZIONE GENERALI-NATIXIS, DONNET SFRUTTA UN'OCCASIONE D'ORO PER…
Maria Giovanna Maglie per Dagospia
Sarà colpa di internet, infatti il piccolo e disgraziato sito di Drudge report festeggia un miliardo e mezzo di visualizzazioni al mese, sarà che su Trump non ne hanno azzeccata una e le magnifiche sorti e progressive dell'era Obama agli americani non sono proprio andate giù, nemmeno ai vecchi e affezionati lettori liberal, certo è che la Lady è tornata definitivamente in grigio e dopo l'ulteriore annuncio di licenziamenti di giornalisti, il New York Times zitto zitto mogio mogio si appresta a liberare, ristrutturare, e provare ad affittare per affrontare la crisi almeno 8 piani di quello che 9 anni fa fu inaugurato come il Palazzo delle notizie più costoso e glorioso del mondo.
Il memorandum interno doveva restare riservato, ma qui di riservato non c'è niente, un po' come l'altro memorandum di due anni fa in cui lo studio incaricato confessava che gli esperimenti con il giornale digitale andavano male, editorialisti soloni super pagati alla Paul Krugman non creavano fidelizzazione, il ritmo delle notizie non riusciva a tenere il passo con quello dei giornali nati online.
mark thompson e arthur sulzberger i boss del new york times
E’ firmato Arthur e Mark, ma di amichevole c'è poco nel messaggio dell'editore e del presidente, Arthur Sulzberger jr e Mark Thompson. In pratica 400 impiegati saranno spostati in un edificio vicino, fino alla fine del 2017, quando la ristrutturazione sarà finita. Il dato vero e crudo è questo: i profitti dell'ultimo quadrimestre sono crollati del 95,7%.
I due spiegano che hanno preso questa decisione perché e’ necessario creare un posto di lavoro più dinamico e moderno, adatto al momento. Che dal cambiamento si aspettano un sostanziale guadagno, che sacrificano anche i loro uffici e altri grandi corner offices, ovvero i famosi uffici all'angolo spaziosi e con vista che contraddistinguono a New York quelli che contano in un posto di lavoro.
Ora nella nota Thompson e Sulzberger li chiamano vestigia di un tempo diverso che non vogliono più, ma era poco tempo fa, era il 2007 quando Renzo Piano teneva interviste dal Palazzo delle Notizie di cui era giustamente orgoglioso, e tutta New York spinse per essere invitata all’ inaugurazione del nuovo edificio un lunedì sera di novembre del 2007. Alto 52 piani, più di 300 metri, interamente ricoperto da una guaina di profili in ceramica che filtrano l'impatto solare permettendo una distribuzione omogenea della luce. Azzurro dopo un acquazzone, rosso al tramonto, al trentesimo piano uno spazio luminoso su due livelli, esattamente a metà della costruzione, è la Piazza, dove ci si incontra, si discute, si viene per godersi la vista della città.
Diceva Piano che l'aveva costruito perché fosse in mezzo alla città,non solo perché è tra Times Square, la quarantesima e la quarantunesima, ma perché la costruzione non scende fino a terra, è come sospesa, e al piano terra ci sono gli spazi pubblici, un atrio, un giardino con sei betulle alte 16 metri, il Times Center. La città, sono sempre parole di Renzo Piano, e l'edificio si leggono a vicenda e dialogano come metafora del concetto di redazione e di giornale, una struttura che si alimenta della città. Rappresenta trasparenza e leggibilità.
ARTHUR OCHS SULZBERGER JUNIOR EDITORE DEL NEW YORK TIMES
Ora rappresenta soprattutto fuga dalla crisi e da una svista micidiale sulla volontà degli elettori. Intendiamoci, una svista può capitare anche ai migliori, ma l'ostinazione, la pervicacia, l'arroganza fino all'ultimo, meritano la punizione dei lettori, che peraltro si abbatte sui giornali brutti e servi in tutto il mondo.
Io mi ricordo un articolo nel quale il New York Times parlava di una campagna ad hoc che avrebbe aumentato i profitti, con sottoscrizioni in risposta e in segno di protesta contro Donald Trump, e che questa campagna stava per essere un grandissimo successo.
L'insuccesso li sta facendolo sloggiare ma non li fa rinsavire, e domenica scorsa ho letto un editoriale il cui titolo era “Donald Trump è una minaccia per la democrazia”? La risposta era sì. Qualche giorno prima a commento di una mostra d'arte a Boston il titolo era “la crisi di salute mentale dell'America di Trump”, oppure “Donald Trump è un Hugo Chavez americano”? Senza rendersi conto che l'offesa è agli Stati Uniti, non a Trump.
Il quale ricambia con allegria e sintetici tweet di presa in giro sul New York Times che non ne azzecca una. A New York tra gli esperti di quattrini e di quello che si compra e si vende, ovvero dell'unica cosa che segnala se un presidente è gradito, e che sta dicendo che Trump è molto gradito, la situazione del New York Times viene data per veramente grave, anche perché si ricorda che l'editore qualche anno fa aveva previsto la crisi del cartaceo ma era certo di poter sostituire il cartaceo col digitale, cosa che non è avvenuta.
I giornali quasi mai sanno fare anche il digitale, in parte per una riserva mentale snobistica, in parte perché il cartaceo continua a prevalere nello stile, e chi fa l'abbonamento digitale non compra più il giornale.
Matt Drudge ha scelto di fare il signore e siccome da questi è sempre stato trattato come un fascista cretino, non ricorda neanche al New York Times e compagni che Trump lo ha aiutato lui, altro che i russi ,realizzando per un anno una vera controinformazione; che ogni giorno spinge più traffico verso i principali siti di notizie di quanto facciano Facebook o Twitter.
Insomma manda più traffico a yahoo, Cnn, Los Angeles Times, Washington Post, Fox News, USA Today, e anche al New York Times, di quasi un miliardo di utenti di Facebook e Twitter combinati. E’ secondo solo a Msn, supera anche Google.
Nel 1998 parti in una stanzetta di Los Angeles tirando fuori la storia di Monica Lewinsky e Bill Clinton, anche ora che è miliardario lavora da poche stanze di un bell’attico di New York. Oggi il titolo di Drudge e’ fulminante, come una pagina intera di giornale e anche di più: nella foto Barack Obama parla e parla di democrazia violata, di speranza perduta, di Russi cattivi, nella sua ultima conferenza stampa, accanto a lui e più grande di lui la scritta exit, uscita, e sotto “ Merry Christmas”, buon Natale. Anche al New York Times, speriamo che recuperi la ragione.
L IMMAGINE DI HILLARY CLINTON SUL DRUDGE REPORT
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