“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
Alix Van Buren per "la Repubblica"
C'era una volta la Turkish Airlines dei ruggenti Anni Sessanta, le hostess volteggiavano in microgonne rosa schocking alla Mary Quant, e già allora la linea portabandiera della Turchia era molto quotata in Europa, malgrado ad Ankara governassero i generali col pugno di ferro. Venne l'Op Art, e le divise si fecero a pois: d'un colore più sobrio, beige e mattone, intonate alla nuova genìa di militari dopo il secondo colpo di Stato.
Avanti veloce fino all'autunno del 2002, quando il revival islamista catapulta al potere Erdogan, l'attuale premier. Le sfolgoranti tenute della Türk Hava Yollari piombano di colpo fra le icone del passato, come il laicismo di Atatürk, il padre fondatore della Repubblica.
Ed ecco ora, dopo il braccio di ferro per l'introduzione del velo islamico, e ricevimenti dove i maschi non serrano più la mano alle donne - per non dire del baciamano - in osservanza dell'Islam più conservatore, a farne le spese è la "mitica" Turkish Airlines.
Le uniformi nuove di zecca cucite da Dilek Hanif, stilista "star" del corso erdoganiano, lasciano di stucco oltre metà della popolazione: sono palandrani neo-ottomani, goffi e lunghi alle caviglie, in ossequio al precetto: «anche le gambe siano coperte». Di più: le signorine dei cieli calcheranno una sorta di fez, un'altra martellata al kemalismo, che
ne vietò l'uso nella rivoluzione laico-nazionalista dei Venti.
I mantelloni della Hanif infiammano la polemica su Facebook e Twitter. Non soltanto perché l'abito avvilisce la silhouette femminile, ma anche perché la battaglia dei "centimetri di tessuto" in più o in meno è il terreno di scontro fra laici e islamisti, e più in generale fra Islam moderato e Islam radicale. Questo, mentre i più occhiuti avvertono che «è in gioco l'identità stessa della Turchia».
Non a caso una stilista di fama come Vural Gökçayli insorge a proposito delle informi casacche: «Sono un vestiario più adatto all'Arabia Saudita. Dovrebbero rispecchiare il nostro Paese, e la Turchia non è certo così». Che la "nuova Turchia" non sia «certo così», è da vedere. Soprattutto se si considera che la Turkish Airlines è per il 49 per cento di proprietà del governo.
Il quale, stando al prestigioso Today Zaman, «sfrutta apertamente la linea aerea nazionale come strumento per l'espansione della propria politica estera». Quale sia la piega del governo erdoganiano, lo si ricava anche dal divieto di servire alcolici a bordo. Già spuntano locandine nostalgiche con immagini delle bottigliette di baby-Champagne.
Le autorità si difendono: «La richiesta di alcolici è troppo bassa per giustificarne il servizio». Affermazione verosimile, se applicata alle tratte interne. Infatti, se si ascolta Mary Fitzgerald, inviata dell'Irish Times, i voli fra Ankara e il confine siriano pare siano popolati da «shebab barbuti ». In luglio Fitzgerald twittava da bordo la presenza di Al-Mahdi al-Harati, jihadista libico- irlandese, noto comandante della brigata rivoluzionaria di Tripoli, con decine di accoliti. In Turchia dilaga un certo malumore. Riguardo alle divise delle hostess, su Twitter esplode così: «E adesso, cosa? Il prossimo passo è il burqa?».
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