marina la rosa

“MIO FIGLIO E’ STATO PICCHIATO PER GIOCO A TRASTEVERE: MI È STATO SPIEGATO CHE QUELLA SERA IN ZONA C’ERANO SOLO 7 POLIZIOTTI A VIGILARE” – MARINA LA ROSA, LA MITOLOGICA GATTAMORTA DEL “GRANDE FRATELLO”, RACCONTA L’AGGRESSIONE SUBITA DAL FIGLIO E DA UN AMICO PER UN GIOCO CHIAMATO "KNOCKOUT GAME" (QUANDO MENO TE L’ASPETTI, VIENI ATTACCATO SENZA SAPERE DA CHI E PERCHÉ) - DOMANI ANNUNCIA UNA PROTESTA IN PIAZZA SAN COSIMATO: “INVECE DI INVESTIRE IN UN INUTILE PONTE SULLO STRETTO NON SAREBBE PRIORITARIO FARE ASSUNZIONI STRAORDINARIE FRA LE FORZE DELL’ORDINE?”

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Laura Martellini per il "Corriere della Sera" - Estratti

 

marina la rosa

Suo figlio è stata colpito da un pugno sferrato venerdì per gioco da sconosciuti a Trastevere, cuore della Capitale, e Marina La Rosa, ex gieffina («sorrido che dopo 25 anni mi si definisca ancora così, ma non mi importa, in me impegno e leggerezza convivono, sono come tu mi vuoi»), attrice, concorrente della Talpa di Canale 5, opinionista a È ancora Carta Bianca , una laurea in psicologia, è arrabbiata. Amareggiata e molto, molto arrabbiata.

 

«Nelle strade della movida di Roma — racconta — può succedere di essere colpiti d’improvviso per un gioco assurdo chiamato Knockout game . Quando meno te l’aspetti, vieni attaccato senza sapere da chi, perché. Mio figlio di 15 anni, a passeggio con un suo amico per raggiungere la comitiva, se l’è cavata con un livido esteso sulla guancia e tanta paura. L’altro, spinto a terra, ha perso conoscenza ma per fortuna si è presto ripreso.

 

Ovvio che la nostra percezione della sicurezza sia fortemente minata. Poliziotti vengono impegnati nei luoghi nevralgici del Giubileo per proteggere turisti e pellegrini, ma è anche urgente garantire l’incolumità dei ragazzi. Quando siamo andati a sporgere denuncia, mi è stato spiegato che quella sera erano in sette a vigilare».

 

Così Marina La Rosa, 48 anni, mamma di un altro ragazzo più piccolo, di 13, sta lanciando una manifestazione per domani alle 19 a piazza San Cosimato, punto di ritrovo dei «pischelli» a Trastevere, con la partecipazione di tanti genitori, come lei molto preoccupati:

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«Ci stiamo scambiando pareri sulle chat che abbiamo in comune, di basket, di scuola, di calcio. Ho ricevuto centinaia di messaggi di solidarietà. Proveniamo in gran parte dal vicino quartiere Monteverde, ma io a Trastevere ho vissuto ed è lì, ormai un Bronx, che i nostri figli si ritrovano, da tutta Roma. Lì ci riuniremo per chiedere più controlli e maggiore sorveglianza. Punterò su quel minimo di visibilità che ho per dare un segnale forte. Come padri e madri di adolescenti siamo stanchi della propaganda facile dei politici: invece di investire in un inutile ponte sullo Stretto non sarebbe prioritario fare assunzioni straordinarie fra le forze dell’ordine, così come fra i medici?».

 

Mamma Marina aspetta il riscontro delle telecamere per capire chi abbia colpito suo figlio: «O gli aggressori sono già segnalati, però, o sarà arduo identificarli. È questo l’aspetto terribile del gioco.

 

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Mio figlio è scioccato, traumatizzato. Ha faticato per un po’ a raccontare l’accaduto, credo per il timore che io non lo faccia più uscire. Ma non mi lascio condizionare. Continuerà la vita di sempre. I ragazzi oggi hanno difficoltà ad esprimere l’emotività. Vanno aiutati a liberarsi, non silenziati».

 

Conclude, riflettendo sul tempo che attraversiamo: «Anche a me è capitato, a 16 anni, di essere rapinata mentre ero in auto con il mio fidanzatino. Ci hanno puntato la pistola, e gli abbiamo consegnato tutto. Ma a parte quell’episodio, a Messina sono cresciuta tranquilla. Il rapporto con i genitori si basava sulla fiducia reciproca, e, in verità, nessuno si sarebbe mai immaginato, nella mia provincia come anche nelle grandi città, di veder tornare il proprio figlio a casa livido e ammaccato! Ora invece quando senti la porta che si chiude alle sue spalle provi angoscia per cosa potrebbe accadere. E dopo quello che è successo alla mia famiglia ho deciso che basta, io voglio metterci la faccia».

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