DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
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— Lara ? (@ilcuoredilara) March 2, 2021
Alberto Mattioli per "la Stampa"
E poi dicono che il festival non rappresenta l' Italia. Figuriamoci. Il Sanremone numero 71 inizia con Amadeus e Fiorello che fanno gli scongiuri al buio. Poi il Bravo Conduttore si fa il segno della croce scendendo la scalinata. Tutto il repertorio apotropaico nazionale, sacro e profano. Gli scappa anche un «Dio ce la mandi buona» che è esattamente quel che gli italiani pensano di questi tempi. «Vi conviene toccarvi i coglioni», canteranno poi i Maneskin. Amadeus parla di «un Paese che lotta», quindi «quest' anno il cuore batte più forte». Poiché piace anche vincere facile, si inizia con Fiorello, l' Eccellente Intrattenitore, il Mario Draghi dello spettacolo patrio, l' unico in grado di mettere tutti d' accordo.
Ed è subito show: si presenta con look alla Achille Lauro, «ventuno chili di mantello, ma in realtà è il suo accappatoio», il rossetto sotto il baffo malandrino, le unghie con lo smalto, «un Morgan testa di moro». Prende subito il toro dell' Ariston vuoto per le corna. Fiore si rivolge direttamente alle poltrone, «il mio pubblico», «su i braccioli!», maramaldeggiando sull' assenza dei «culi omaggio» che di solito le occupano. Però la platea deserta smorza un po' la verve del Mattatore.
Insomma, sono passati cinque minuti e lo si è già capito: sarà pure il primo Festival della storia senza pubblico (in sala: con tutta Italia in coprifuoco, si prevedono ascolti epocali), con una pestilenza in corso e gli applausi registrati, ma è il solito Sanremone noiosetto, un Amadeus II che ricorda moltissimo l' Amadeus I, uno di quei governi diccì dove cambiava tutto per non cambiare niente.
Infatti: Primafestival deprimente come sempre, i quattro bravi gggiovani che imboccano le loro sliding doors (per la storia: promossi Folcast e Gaudiano, bocciati Elena Faggi e Avincola), l' orchestrona, le rutilanti scenografie della famiglia Castelli, gli abituali fiori della Riviera che però si possono guardare ma non toccare.
«Sarà il festival di tutti», aveva annunciato l' immaginifico direttore di Raiuno, Stefano Colletta. E' semmai il festival di tutto, e di più. C' è l' attrice Matilda De Angelis in quota rosa, brava a far tutto, recitare e cantare, ma che dovrebbe far causa agli autori, c' è Alessia Bonari in quota combattenti antiCovid, lei, l' infermiera che ha commosso tutti quando è stata fotografata con la faccia stravolta dalla maschera e dalla fatica, c' è Zlatan Ibrahimovic in quota calcio, non siamo nazionalpopolari per niente.
Alla vigilia, tutti a chiedersi cosa avrebbe fatto all' Ariston; beh, ancora non si è capito. C' è il ricordo di Claudio Coccoluto e l' appello per Patrick Zaki. Grande show di Loredana Bertè, in testa capelli azzurri con farfalle e per terra un paio di scarpe rosse, quelle che ricordano le violenze sulle donne. Invece Achille Lauro è stato promosso da concorrente a personaggio. Il solito: costumi psichedelici, piume, lacrime di sangue e capelli della stessa nuance della Bertè.
Tutto déjà vu, però.
E poi, vabbé, ci sono le canzoni. Ripassa il vincitore dell' anno scorso, Diodato, un uomo chiamato falsetto, poi (alle 21.54!) tocca finalmente al primo dei sedicenti big, Arisa in clamoroso tailleur rosso. L' ultimo, Fasma, canterà a un' ora talmente tarda che è già stato ribattezzato Fantasma. L' intonazione di troppi sembra la temperatura di Potenza: non pervenuta. Fedez è anche vistosamente fuori tempo e alla fine si mette quasi a piangere, figuriamoci noi. Colpiscono di più gli outfit: Madame arriva a piedi nudi, Max Gazzè è vestito da Leonardo da Vinci, Annalisa svestita benissimo.
Fuori dall' allegra bolla canzonettara dell' Ariston il Covid imperversa. Un collaboratore di Irama è stato trovato positivo, quindi lui è stato per prudenza spostato a oggi (si spera, almeno: è negativo) e Noemi anticipata a ieri. Non solo: la Regione Liguria ha deciso per Sanremo nuove «misure di contenimento» che includono anche la chiusura di bar e ristoranti. Il morbo infuria e il pan ci manca.
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