DAGOREPORT – CON L'OPERAZIONE GENERALI-NATIXIS, DONNET SFRUTTA UN'OCCASIONE D'ORO PER…
Roberto Cotroneo per ''Sette - Corriere della Sera''
Nel rumore confuso di questo tempo le interviste spesso sono un brusio, hanno sempre qualcosa di consueto, come il profumo di crêpes a Parigi su Rue Saint-Martin, o hanno qualcosa di acceso come le città che non dormono mai. Oppure hanno un’epica con le sue regole: raccontano l’intervistato, e lo svelano e lo scavano, con ritmo, come uno scambio a tennis infinito tra Ðjokovic e Federer. La mitologia dell’intervista è questa.
Ma Torino è una vecchia città che non ama i miti e leggende, li tiene a distanza. E ho pensato che fosse di buon auspicio che un giovane con la chitarra, per guadagnare qualche spicciolo, intonasse, pochi minuti prima dell’appuntamento con Miriam Leone, la Suzanne di Leonard Cohen.
C’è qualcosa di leggero, di intenso, in quella canzone, leggerezza e intensità che ho ritrovato in questa donna di 31 anni che non dice nulla di quello che ripetono molti attori e molte attrici – il successo, la volontà, la passione, l’istinto, l’ambizione, il desiderio di arrivare – attraverso un copione che di solito ha variazioni minime.
richard madden e miriam leone i medici
C’è un po’ di sole in piazza Carignano, si riflette sulle vetrine della piazza. Il chitarrista ha finito di cantare, Miriam è qui perché sta girando la seconda serie televisiva di Non uccidere. Dodici puntate per il 2017. Ha appena terminato di girare 1993, la serie di Sky sugli anni cruciali di Mani Pulite, poi Fai bei sogni di Marco Bellocchio, tratto dal libro di Massimo Gramellini, il nuovo film di Pif, In guerra per amore, e la miniserie In arte Nino dove interpreta la moglie di Nino Manfredi.
richard madden e miriam leone i medici
Non credo sia corretto dare una linearità alle sue parole, perché si tratta di capire il senso della sua voce. Perché sono parole che hanno una semplice verità, senza infingimenti. I suoi occhi verdi, sono precisi come il mirino di un telescopio, la sua bellezza è resa discreta da un modo intelligente di raccontare le cose. Il sorriso non è di maniera.
È autentica Miriam, ma non è affatto semplice, il vulcano sotto il quale è nata, l’Etna, accompagna la sua complessità come fosse una conseguenza inevitabile. Nel luogo comune delle interviste alle belle attrici c’è la determinazione e il fascino. Nella verità di Miriam Leone c’è un percorso che intuisci diverso. Non è importante parlare di fatti: «I fatti da soli sono stupidi», mi dice.
È importante sapere quello che si è, e con molta discrezione, si vorrebbe essere. L’aerosol speciale. «Io sono molto legata alla mia terra, forse perché è un’isola. La mia non è una terra chiusa, è una terra aperta. E questo me la fa amare più di ogni altra cosa. Quando vado in Sicilia, e noi torniamo dall’aeroporto con la macchina, devo fermarmi sulla scogliera almeno mezz’ora, qualunque ora sia, devo respirare, devo fare l’aerosol con il mare».
I fatti sono stupidi, superficiali. Ma le parole che dice di più sono terra, energia, ciclicità, percorso, miglioramento, limiti da superare: «Io facevo un esercizio quando andavo al liceo. Dovevo chiudere gli occhi, camminare al buio e non sbattere contro le cose. Se eventualmente nella vita mi fossi trovata al buio avrei dovuto saperci stare, non averne paura. Ancora adesso lo faccio. Entro in una stanza prendo una cosa al buio. E quando ci riesco so che ho superato un limite».
Perché? Per vincere antiche paure. Poi certo, ha sempre sognato di fare l’attrice, sin da bambina. Poi certo il suo percorso è stato anche accidentato, con aggiustamenti, scelte, ma te lo racconta come un dato di fatto, non come un’epopea, senza recitare: «Godo del bicchiere mezzo pieno. Di quello che c’è, di quello che ho. Ma io sono stata veramente in mezzo alle tempeste, alle persone sbagliate, le cosiddette cattive compagnie; che è un mondo ambiguo, di lupi che si travestono».
Poi ti guarda e ti dice che anche quello è stato un limite che ha superato: «Anche la noia può essere preziosa. Ma non è noiosa la serenità. Prima pensavo che lo fosse, oggi non credo sia così. Mi è venuta una calma nella vita. I valori che ritenevo fossero troppo lontani da me, ora sono preziosi».
Lei ha queste cose, e le dice in modo diverso da come ti aspetteresti: «Il mare è sempre stato la mia via di fuga. È stato sempre il mio atto poetico. Ogni giorno è diverso, ogni giorno è lo scorrere di uno stato d’animo. Ti insegna ad accettare il bel tempo e il cattivo tempo». Proprio come nella canzone di Leonard Cohen, Miriam regge lo specchio senza specchiarsi, senza aver bisogno di guardarsi. Non c’è mai compiacimento o narcisismo.
Ha qualcosa di profondo e indiscusso nelle cose che pensa: sono quelle cose, è quello il suo spazio mentale. Il suo è un mondo di arrivi e di partenze, di nostalgie e di entusiasmo. Ma è una mappa della sensibilità che non si dimentica di nulla: « Il motivo per cui faccio questo lavoro è poter non essere me. E non è un medicamento non essere me, perché io poi ci sono. Non è che quando sono me sto male, e invece quando non sono me mi sento liberata. È un viaggio, una scoperta continua: tu ti svuoti ma dentro di te entrano altre possibili anime».
Le ferite che attraggono.
Sulla natura di quelle anime si apre un mondo. «Ci sono degli animali notturni, come le falene, che sono attratti dalla luce. E ci sono persone che ti sbattono addosso così, come fossero falene. In realtà sono degli animali oscuri, che vogliono prendere la tua luce. E quelli li impari a riconoscere piano piano. Ma per farlo devi viaggiare prima per l’oscurità. È la volontà che ti porta al cambiamento. Nessuno cambierà la tua vita per te».
E Miriam è cambiata molto: dentro interstizi, abitudini e novità che conosce soltanto lei, e di cui preferisce non parlare. Ma non sceglie le parole per dirti certe cose, sono le sue parole, strumenti che frequenta da sempre, sin da bambina, quando era certa, come lo è oggi, di essere una persona con una sensibilità diversa, con una capacità ricettiva che la poteva persino ferire: «A volte ci sono delle ferite che sono dei magneti. Ti attraggono, sono qualcosa che arriva dal profondo. Ma la ferita è anche la crepa da cui entra la luce. È da lì che passa una guarigione o una rinascita».
Sono i suoi passaggi di tempo: luce, magneti, ferite, intensità. Il suo vulcano, la sua Sicilia che racconta senza alcun luogo comune. La Sicilia che le appartiene, sia nella sua parte più profonda, più destinica, sia in quella più leggera, spiazzante:
«Ho un senso dell’onore, del rispetto, veramente novecentesco. Forse mi viene dall’avere avuto delle nonne molto antiche, degli anni Dieci. Mi porto sempre dentro l’immagine di mia nonna che mette la veletta nera per entrare in chiesa. È un mio archivio di immagini. Mi ricordo di mia nonna che si fa il segno della croce quando mette le mani sotto l’acqua del rubinetto all’autogrill. Quelli con i sensori che fanno scendere l’acqua quando appoggi le mani. E lei, meravigliata del prodigio, a chiedersi: e chi ha mandato quest’acqua? Questo mondo è stato per me una ricchezza. In tutta questa velocità, in questa fluidità del mio presente, c’è sempre quella forza, la forza del passato, che mi tiene con i piedi per terra».
Per capire le differenze tra parole e verità delle cose sarebbe importante raccontare il suo sorriso quando parla degli arancini o delle melanzane fritte: «Torno tutte le volte che posso, per il mare, ma anche per le melanzane fritte. E poi gli arancini. L’arancino a suo modo è un universo compiuto, una cosa perfetta. Contiene tutto».
Nessun vezzo nel dirlo, una passione che finisce per sbattere contro questa leggera foschia torinese, come una scenografia opposta, una contraddizione di termini. Passa un vecchio tram perfettamente restaurato, limpido, pieno di luci che accendono la sera dalle parti di via Roma, e lei lo guarda come una sorpresa di un nord al quale non si è ancora abituata. «Da noi a Catania tram come questi non ne vedi».
Ha qualcosa di ordinato, di rassicurante. Il cortocircuito dei suoi pensieri è sorprendente: «Ho pensato per anni che la serenità fosse cibo per anziani, una pappa molle messa lì a uso di chi non voleva più vivere. E oggi so che sbagliavo. Penso che il punto sia l’amore per se stessi. Tutto passa da quello. E anche le persone che poi incontri sono sempre più lo specchio della consapevolezza e del tuo amore per te. Che non è vanagloria. Che non è arroganza. Perché amarsi è soprattutto perdonarsi».
Alla fine lo specchio di Suzanne di Cohen torna nei pensieri di una donna che non crede di dover dire troppo di quel lavoro per cui la riconoscono in molti, chiedendo una foto o un autografo. La vedono al cinema, la vedono nelle serie televisive:
«Credo che la serialità sia il territorio dove oggi è possibile creare dei personaggi che hanno un arco cronologico più lungo. E per questo puoi approfondirli. C’è persino una compiutezza diversa. Il cinema ha il suo peso artistico, è ovvio. O meglio, ti dico che può averlo, ma non sempre. Interpretare dei personaggi, lavorare con grandi registi, con bravi attori, è il mio desiderio da sempre: quello di imparare sempre dagli altri».
Concimare la mia terra.
Ormai a Torino è arrivata la sera. Il chitarrista deve aver lasciato la piazza da qualche ora. Miriam va a studiare la parte per il giorno dopo. Mi accorgo che devo ancora scrivere una delle prime frasi che mi ha detto: «Posso lavorare sulla mia natura per migliorarla, posso concimare la mia terra». Le sue scogliere sul mare, il suo vulcano, la sua Sicilia.
christian de sica con miriam leone foto andrea arriga
«Il mare è immediato: cambia colore, cambia l’atmosfera, cambia il profumo. E quando parlo di profumo, viene fuori proprio la siciliana. Il mio mare è stupendo. La nostra scogliera nera è piena di vita. L’acqua è frizzante. A volte anche se è inverno ed è una bella giornata, mi immergo, perché è come una rinascita. E quando esco mi sento bene, e parlo al mare: posso stare lontano da te altri tre mesi, forse quattro, non di più. Lo saluto e so che tornerò. È proprio il mio Nostos, il mio ritorno».
miriam leone 6miriam leone 5IL CULO DI MIRIAM LEONEmiriam leone 1miriam leone 2miriam leone 4miriam leone (1)mirima leone 8miriam leone (2)miriam leone 8miriam leone stile basic instinctmiriam leone 91992 la serie miriam leone veronica castello estefano accorsi leonardo notte 1Miriam Leone vince Miss Italiamiriam leone i mediciMIRIAM LEONEMiriam LeoneMiriam Leonemiriam leone
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