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MARCO BRACCONI per Il Venerdì - la Repubblica
Rewind. Riavvolgete la pellicola dal cybersex all' alba degli anni Sessanta, in un' Italia ancora in bilico tra la legge di dio e quella del desiderio. E adesso spingete play e accomodatevi davanti al ground zero della rappresentazione del corpo erotico femminile.
Mondo Sexy, scritto e diretto da Mario Sesti, il 3 settembre alla Mostra del Cinema di Venezia (evento speciale delle Giornate degli autori) è un film sulla breve ma straordinaria fortuna che ebbero in Italia i documentari erotici, a partire da quell' Europa di notte di Alessandro Blasetti (1958) che può considerarsi il nobile capostipite del genere.
A suo modo, una rivoluzione, perché da quel momento il nudo di massa irrompe sul grande schermo, condotto - e riprodotto - da sua maestà lo spogliarello: i film sui mondi di notte, sempre "caldi" e sempre "proibiti", diventano una serie, uno stile, un affare. Costano poco, sbancano il botteghino e oggi offrono l' occasione di leggere i candori e la brutalità di un'epoca destinata a essere travolta dalla secolarizzazione del senso del pudore.
Grazie a un meticoloso lavoro su materiali quasi introvabili, Sesti ci fa così ri-vedere decine di spogliarelli montati in un flusso quasi ipnotico, mentre la voce fuori campo e le interviste annodano i fili di quella storia.
«Il nudo non è mai integrale, i genitali erano tabù e anche i capezzoli dovevano essere coperti. Era una direttiva di Oscar Luigi Scalfaro, allora ministro dello Spettacolo».
È lo stesso principio dell' algoritmo di censura di Facebook, fa notare l' autore. Sessant' anni dopo, perbacco.
«Quei film sono l' Alfa e l' Omega dello sguardo maschile» spiega Sesti. «Da una parte c' è la rassegna dei corpi, il dominio classificatorio di uno sguardo che codifica i corpi secondo il suo punto di vista; dall' altra l' infantile meraviglia del bambino che spia la nudità della madre dal buco della serratura».
Attenti però a non perdere di vista la complessità perché nei sexydocu anni 60 c' è un po' di tutto, dalla gioia liberatoria e insieme ambigua del "denudarsi" agli stilemi classisti che diventeranno architrave dell' hardcore, fino ai vettori che rimandano all' odierna fortuna del burlesque, tra retrotopia ed evoluzione del genere.
Nostalgia? Ci mancherebbe altro. Eppure, come dicono le voci femminili raccolte nel finale di Mondo sexy, resta un senso di perdita. Perché davanti a quei corpi attraenti ma dolcemente imperfetti, esibiti prima del lifting e ignoti ai tatuaggi, corpi ancora unici e reali, si vede come la visione della sensualità femminile abbia poi scelto la strada dell' astrazione e della sua riproducibilità tecnica.
Non a caso la sequenza finale del film è un drappo rosso che scopre un seno sulla Tour Eiffel e poi cade, anzi precipita nell' abisso del desiderio. E di un eros che abbiamo, forse inesorabilmente, dimenticato.
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