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Rosita Rijtano per “Affari&Finanza - la Repubblica”
Dall'altra parte dello schermo c'è un ragazzo indiano alla guida dell'auto. Dieci secondi per piacersi a vicenda, puntare in fretta l'indice sull' icona «aggiungi altro tempo» e proseguire la conversazione connettendosi su Snapchat. Altrimenti «Ciao amore, ciao». È Monkey l'applicazione che sta spopolando tra i millennial, che poi è un modo per indicare i teenager di oggi. Una videochat che in pochi istanti ci collega a una persona random in ogni parte del mondo.
Basta installarla sull'iPhone e inserire poche informazioni personali, peraltro facilmente falsificabili: nome, Paese ed età. E voilà, una finestra sul globo. «Ti stai connettendo con una ragazza italiana di 29 anni», è l'abbozzato profilo che leggiamo prima d'iniziare ogni conversazione. Si può decidere di accettare o continuare la pesca miracolosa tra uomini e donne scelti dal fato.
«L' idea è venuta perché milioni di giovani stringono in Rete delle amicizie che per loro sono importanti al pari di quelle consolidate nella vita reale. Volevamo creare una casa per questo comportamento », ci spiega il fondatore dell' app, Ben Pasternak. Un' intuizione che sembra piacere: duecentomila gli iscritti poche settimane dopo il lancio sull' Apple store, dove Monkey si è piazzata nella classifica delle venticinque app più scaricate, 80 milioni le telefonate effettuate in tre mesi d' attività. Con tanto di complimenti nientemeno che da Tim Cook. Ed è subito fenomeno. «Dimenticate Facebook, adesso gli adolescenti fanno da soli», titola Mashable, sito statunitense specializzato in tecnologia.
Il punto di forza di Monkey non è tanto la trovata innovativa dell' applicazione. In molti l' hanno paragonata a una banale versione per smartphone di Chatrou-lette: sito web che nel 2010 fece il boom mettendo in contatto sconosciuti del Pianeta sempre attraverso videochat. La caratteristica su cui fa leva Monkey è l' età di chi ha pensato il servizio. Che coincide con l' età media degli utenti: 17 anni, ultimo anno da millennial.
«Un network creato da teenager per teenager», ripetono Pasternak e il socio (ovviamente conosciuto sul web) Isaiah Turner, 17enne del Maryland. Pasternak, baby genio d' origini australiane, ha già alle spalle una carriera da imprenditore di successo: ha creato l' app di e-commerce per bimbi Flogg e un gioco per smartphone, Impossible Rush, da mezzo milione di download che ha interessato colossi come Google e Facebook.
Entrambi hanno mollato la scuola e ora vivono insieme a New York. Giovani, affamati e folli. Vogliono conquistare uno spazio nell' olimpo dei grandi della Rete.
E colmare il vuoto di offerte destinate ai coetanei, interpretandone gusti ed esigenze. Facebook? «È poco cool, ormai, e il trend delle videochat app è in crescita. Nei prossimi anni, tre o quattro applicazioni catalizzeranno le attenzioni », conclude Pasternak.
Monkey ha in programma di aggiungere una chat testuale al proprio interno. Ma al momento ha scelto d' integrare Snapchat, su cui si viene dirottati se si vuole prolungare l' incontro oltre i venti secondi concessi dalla coppia di amici. Non è un caso. Una decisione dettata dalla platea che popola il social network, appunto Snapchat, nato nel 2011 come app per il sexting, cioè lo scambio di contenuti erotici. E poi diventato tanto di più, sempre con quella caratteristica che i messaggi si autodistruggono dopo 24 ore.
Ma la strada è lastricata d' insidie: le perdite accumulate da Snapchat negli anni si avvicinano agli 1,8 miliardi di dollari. Ed è preoccupante la guerra condotta da Facebook che ha mal digerito la porta chiusa da Spiegel nel 2013, quando ha rifiutato di vendere il fantasmino.
Da allora, per Zuckerberg inseguire l' app losangelina è diventata quasi un' ossessione. Prima ha introdotto dei filtri per la fotocamera simili a quelli del social concorrente, poi addirittura la possibilità di far sparire i messaggi dopo tot tempo. Poi ha partorito un' applicazione fotocopia: Flash, leggera e pensata per i paesi in via di sviluppo, in modo da frenare l' ulteriore espansione della rivale. Ma soprattutto la sussidiaria di Facebook, Instagram, ha introdotto Instagram Stories: in pratica un clone delle storie made in Snapchat.
Una mossa che ha inferto un duro colpo all' app di Spiegel. Tanto che nei documenti presentati per l' Ipo, Snap ammette «di aver visto una crescente competizione» e di «poter perdere utenti». Così la quotazione sarà un banco di prova non solo per il fantasmino. Ma per una generazione che cerca una propria voce nell' hi-tech. La battaglia tra "vecchi" e nuovi social è appena iniziata.
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