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Lettera di Giampiero Mughini a Dagospia
Caro Dago, la mia amica Barbara Costa ha scritto un articolo sul (bel) sito www.spavalda.it sul come “ lasciarsi in amore”, ovvero quando l’amore è finito. Quali parole usare, come attenuare il dolore e il lutto, come spiegare il perché della lacerazione che ha spaccato e cancellato tutto.
Barbara racconta che esiste adesso un’ “app” che offre agli interessati il che cosa dire e il come dirlo. “Mi sono innamorata di tuo padre”, tanto per dirne una. Clicchi, ed ecco che le parole eruttano fuori. Insomma non sai che cosa dire ma c’è la tecnologia a dirti che cosa dire. Appunto.
Non sai che cosa dire perché in realtà non c’è assolutamente nulla da dire. Non esiste nessuna parola che attenui e spieghi. Basta guardare negli occhi il tuo partner, e capire che non c’è più nulla da fare: è finita, come tutto al mondo finisce. E’ finita, e non c’è chiacchiera che tenga.
Lui non vuole più lei o lei non vuole più lui, stop. E’ finita, porco giuda, lo capisci o no? Sino a ieri esisteva o tu credevi che esistesse qualcosa tra di voi, e con questo? Per nascere ci vuole molto tempo, perché una cosa muoia o finisca basta un attimo.
Nessuno di noi è mai stato irreprensibile al riguardo. Almeno una volta nella vita abbiamo cercato spiegazioni. Fatto telefonate. Mandato mail. Che vergogna, che inutilità. Parlo da uomo. In un paio di occasioni ho continuato a credere che fossero delle dee di porcellana bianca, e invece erano magari delle stronzette da pochi soldi.
(Non è vero né l’una né l’altra, non erano né dee né stronzette, erano solo esseri umani di genere femminile.)
C’è stato quando non ho detto una parola per mia vigliaccheria e volgarità, perché quella che era subentrata mi piaceva talmente di più. Me ne vergogno. C’è stato quando sono stato all’essenziale e al necessario, Una che mi piaceva molto era venuta un giorno a casa mia. Avevamo passato una prima serata ragguardevole. Alla seconda serata, che io pensavo bissasse la prima, lei mi oppose elegantemente una mano sul petto. “Parliamone”, mi disse.
Replicai, dopo essermi immediatamente ritratto, che non c’era assolutamente nulla di cui parlare. All’indomani, e lei stava andando non so dove a Roma, le pagai il taxi. Più che sufficiente, più che adeguato. Che diavolo mai avremmo dovuto dirci? “Parliamone”, usa sovente in questi casi.
Di che? E ammesso che oggi ci siano ancora parole, e non soltanto clic, a dire qualcosa di noi e tra di noi. A me non sembra. Non è colpa di nessuno. E’ così. Ti rivolgi a qualcuno, e i suoi occhi volgono altrove. E del resto è pure per me così. Io non so trovare le parole a dire quello che oggi conta per me.
Non so dirlo come ed esattamente, che sono ormai un old man. Altro che dirsi “parliamone” tra due che d’un tratto sono divenuti degli estranei. Niente, nessuna parola, nessuna piuma a carezzare il dramma del vivere.
Giampiero Mughini
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