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Marco Giusti per Dagospia
Questo 2022 si porta via anche uno dei più grandi Maciste dello schermo, sicuramente quello che incassava di più e più volte lo ha interpretato, l’attore e culturista italo-americano Mark Forest, nato nel 1933 in quel di Brooklyn come Lorenzo Luis (Lou) Degni. Sapeva anche un po’ di italiano. Fu per sette volte Maciste, per tre Ercole, e fece in totale undici peplum in quel di Cinecittà negli anni ’60.
Come mi ha raccontato Sofia Scandurra, che lo diresse assieme al marito, Antonio Leonviola, Mark Forest era perfettamente cosciente di non essere né un grande attore né un vero forzuto, visto che era negato un po’ per tutto e aveva i muscoli finti. La sua battuta ricorrente riguardo a qualsiasi esibizione da attore era “Io saccio andare in bicicletta”. Però era buonissimo e si lasciava prendere in giro scherzandoci sopra anche lui.
Notevole la sua performance con i sollevamenti progressivi che ricordano i bilancieri delle palestre di culturismo, anche se la Scandurra ricordava che quando faceva le flessioni gonfiando i muscoli, i macchinisti gli dicevano: “Daje, che sei arrivato a 1 e 7!”. Iniziò come culturista a tredici anni finendo sulle copertine delle riviste dei Mister Muscolo e aprendo presto la sua stessa palestra.
Nel 1952 a 19 anni è 27simo nella gara di Mr America, poi finisce sotto le mani di Doc Bender che cerca di imporlo come culturista-attore-cantante nel 1954. “Non è dubbi”, dice in un’intervista Bender, “sarà il nuovo Mr America. Mr. Degni ha i muscoli per farlo”. Il giovane Lou capitalizzò i muscoli a teatro. Prima in compagnia di Joe Mauri negli spettacoli della regina del burlesque Lily Christine.
Poi, unendosi a Gordon Mitchell, Ed Fury e Reg Lewis, e altri colleghi della compagnia del bicipite, come aitante boy dell’esuberante Mae West in show e spettacoli di vario tipo. E’ attore a metà degli anni ’50 a Hollywood. Non lo scelfono come nuovo Tarzan, ma ha un piccolo ruoli in “Sinhue l’egiziano” di Michael Curtiz con Emund Purdom protagonista.
In Italia viene a girare “La vendetta di Ercole” di Vittorio Cottafavi prendendo il posto lasciato vacante da Steve Reeves, che si era rifiutato di girare il terzo Ercole, imponendosi presto come uno di più attivi protagonisti del cinema mitologico. I produttori gli cambiano il nome in Mark Forest. Fa più americano. Lo assiste il fratello manager Savino Degni. Mark ha misure perfette, 129 cm di circonferenza toracica, 97 kg di peso, 98 di vita, 1 m 98 di altezza. Un adone dalle forme perfette, scrivevano i giornali americani. Rifiuta un secondo Ercole, “Ercole alla conquista di Atlantide” per questioni di denaro. Cottafavi non lo ha molto amato, “Mi sono sforzato di dargli vita, ma…”.
la vendetta di ercole mark forest
Abbassa le pretese e piovono gli ingaggi. E’ già Maciste, ma senza barba, nei successivi “Maciste nella Valle dei re” di Carlo Campogalliani con la mitica ballerina cubana Chelo Alonso, dove Maciste è addirittura figlio di Sansone nella versione americana, “Maciste l’eroe più forte del mondo” di Antonio Leonviola, “Maciste il gladiatore più forte del mondo” di Michele Lupo.
E, ancora, in “Maciste contro i mongoli” di Domenico Paolella, “Maciste l’eroe più grande del mondo” di Michele Lupo, Maciste nell’inferno di Gengis Khan” di Domenico Paolella. E’ Ercole in “Ercole contro i figli del sole” di Osvaldo Civirani , ma lo troviamo anche in “Il leone di tebe” di Giorgio Ferroni, “Il magnifico gladiatore” di Alfonso Brescia e “Kindar l’invulnerabile” di Osvaldo Civirani. Nella grande stagione del peplum, si deve dividere tra più set.
Come dimostra questo articolo della “Stampa Sera” del 1960: “Mark Forest si è trovato ieri davanti al dilemma: partire per Belgrado o per Madrid? Qualunque destinazione avesse scelto, avrebbe perso molti milioni. Ha optato per la Jugoslavia con in tasca la diffida dei produttori spagnoli (..).
Andare in Spagna subito significava per lui mandare a monte una produzione che lo attendeva a Belgrado per ripetere alcune scene di un film, Maciste nella valle del re, senza le quali la pellicola non può essere programmata; trasferirsi in Jugoslavia significava fare perdere ad un'altra casa di produzione che ha già tutto pronto per girare sulla costa atlantica un film, Golia contro i giganti, qualcosa come 11 milioni di lire al giorno. Un impiccio serio. Alla fine Mark Forrest ha scelto il male che gli è sembrato minore”.
Finito il genere peplum, Mark Forest passò alla sua vera passione, il canto. Del resto aveva investito tutti i suoi guadagni nel cinema per studiare l’opera. Così si reinventò come tenore sui palchi europei, sotto la cura del cantante e maestro newyorkese Giovanni Milillo. Andò poi in California e insegnò tecnica vocale a Hollywood.
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