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NELL’AMERICA DI TRUMP, LA LIBERTÀ D’INFORMAZIONE È MESSA MALISSIMO – LE TRE PRINCIPALI AGENZIE DI STAMPA USA, REUTERS, ASSOCIATED PRESS E BLOOMBERG, ATTACCANO LA CASA BIANCA PER LA DECISIONE DI “SELEZIONARE” QUALI ORGANI DI INFORMAZIONE POTRANNO FAR PARTE DEL POOL CHE SEGUE IL PRESIDENTE: “È UNA MINACCIA ALLA STAMPA INDIPENDENTE” – JEFF BEZOS, EDITORE DEL “WASHINGTON POST”, PENSA AI SUOI AFFARI E, PER NON DARE FASTIDIO A “THE DONALD”, METTE IL BAVAGLIO AI SUOI EDITORIALISTI: “D'ORA IN POI SI SCRIVERÀ SOLO DI LIBERTÀ PERSONALI E LIBERO MERCATO”. PER PROTESTA, IL RESPONSABILE DELLA PAGINA DEGLI EDITORIALI, DAVID SHIPLEY, LASCIA IL GIORNALE...

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AP, REUTERS E BLOOMBERG ATTACCANO LA CASA BIANCA SUI POOL

donald trump e i giornalisti alla casa bianca

(ANSA) - I vertici di Ap, Reuters e Bloomberg hanno attaccato la decisione della Casa Bianca di decidere chi può far parte dei press pool che seguono il Presidente Trump nell'Oval Office o in trasferta, affermando che ciò minaccia la libertà di stampa.

 

"È essenziale in una democrazia che il pubblico abbia accesso alle notizie sul proprio governo attraverso una stampa indipendente e libera," hanno dichiarato i vertici delle tre agenzie in un comunicato congiunto: "Qualsiasi iniziativa del governo volta a limitare il numero di agenzie di stampa con accesso al Presidente minaccia questo principio e danneggia la diffusione di informazioni affidabili a persone, comunità, imprese e mercati finanziari globali che dipendono fortemente dal nostro lavoro giornalistico".

 

Per decenni è stata la White House Correspondents' Association a gestire la programmazione dei pool, garantendo così che la rotazione dei giornalisti fosse libera da interferenze governative. I reporter di AP, Bloomberg e Reuters erano invece presenti in permanenza nei pool in quanto rappresentanti di agenzie di stampa.

 

BEZOS METTE IL BAVAGLIO AGLI EDITORIALI DEL WP

jeff bezos e washington post

(di Alessandra Baldini) (ANSA) - NEW YORK, 26 FEB - La pagina degli editoriali del Washington Post sterza a destra per ordine del proprietario Jeff Bezos e il suo responsabile David Shipley si dimette per protesta. Il presidente Donald Trump minaccia cause alle gole profonde, mentre la Casa Bianca, dichiarata guerra all'Ap per il rifiuto di usare l'espressione Golfo d'America, si riserva il diritto di decidere quali testate avranno "l'onore" di entrare nei pool.

 

Nel Trump 2.0 lo scontro sulla libertà di stampa in America è già arrivato al culmine. "Gran parte del successo dell'America sta nella libertà economica e in tutto il resto", ha proclamato Bezos mettendo il bavaglio alla pagina degli editoriali del quotidiano del Watergate, che d'ora in poi per suo ordine scriverà soltanto di "libertà personali e libero mercato".

 

david shipley

Nel 2013, acquistando il Washington Post per 250 milioni di dollari, Bezos aveva esplicitamente detto che non avrebbe interferito con la linea editoriale. Oggi il patron di Amazon ha posto a Shipley un ultimatum: accettare "al cento per cento" il nuovo corso o andarsene. Dopo aver navigato in ottobre la doppia censura dell'editoriale a Kamala Harris cancellato per diktat dello stesso Bezos e poi in gennaio di una vignetta della premio Pulitzer Ann Telnaes con i tycoon del tech inginocchiati sotto una statua di Trump, Shipley stavolta ha preferito andarsene.

 

Come molti magnati del tech, Bezos si è avvicinato a Trump dopo l'elezione. E la Casa Bianca del Trump 2.0 non ha fatto mistero fin dal primo giorno della volontà di esercitare un ferreo controllo sulla stampa, in una rivincita per quella che il presidente definisce una copertura "incompetente e di sinistra" da parte dei media mainstream, mentre la Casa Bianca ha ampliato l'accesso a nuove voci - influencer, podcaster, siti - privilegiando quelle dell'area Maga.

 

jeff bezos washington post

Nel primo mandato Trump parlava dei giornalisti delle testate tradizionali e dei network (Fox esclusa) come "nemici del popolo": celebre il video amatoriale in cui, al bordo di un ring, metteva ko la Cnn. Ora però si è passati dalla retorica ai fatti. Ci sono cause legali in corso (tra i target dell'ultima campagna elettorale la Abc ha preferito patteggiare 15 milioni di dollari mentre la Cbs sembra intenzionata a seguirne l'esempio) e altre minacciate contro le fonti anonime: come quelle usate dal giornalista Michael Wolff nel nuovo libro 'All or Nothing' sulla campagna 2024 in cui si dice tra l'altro che "Melania odia Trump".

 

donald trump e i giornalisti alla casa bianca

Infine le liste nere: con i reporter dell'Ap messi all'indice e l'annuncio che la Casa Bianca sceglierà uno ad uno i reporter che seguiranno Trump nello Studio Ovale e sull'Air Force One. Una duplice mossa che ha scatenato le proteste, oltre che della White House Correspondents Association, anche di reporter di Newsmax e della Fox: "Con un cambio della guardia democratico, potremmo far noi la stessa fine", ha detto Jacqui Heinrich, veterano per la rete di Rupert Murdoch, mettendo da destra la Casa Bianca in guardia dal non creare precedenti.

 

WASHINGTON POST GESTIONE BEZOS, FUORI UN ALTRO

Estratto dell’articolo di www.ilfattoquotidiano.it

 

Elon musk e Jeff Bezos E Lauren Sanchez

Un altro addio al Washington Post, storico giornale statunitense, dal 2013 di proprietà di Jeff Bezos. La recente svolta pro Trump del fondatore di Amazon e le ripetute ingerenze nella linea editoriale del quotidiano, hanno causato diversi malumori e abbandoni in una redazione tradizionalmente di orientamento democratico.

 

L’ultimo a lasciare è David Shipley che non ha accettato di restare capo della pagina degli editoriali del quotidiano dopo che Bezos ha deciso di imprimere un netto cambiamento alla sezione. Il proprietario ha chiesto che in quelle pagine ci si occupi solo di “libertà individuali e libero mercato”. “Dopo una lunga riflessione, David ha deciso di fare un passo indietro”, ha annunciato lo stesso Bezos dopo aver offerto a Shipley di restare. “Rispetto la sua decisione, gli avevo chiesto di essere convinto al 100% del cambiamento o di andarsene”, ha aggiunto.

 

la campagna pubblicitaria contro musk rifiutata dal washington post

Lo scorso 25 ottobre Bezos aveva bloccato l’editoriale della testata di endorsement alla candidata democratica Kamala Harris. Poi c’è stata la censura di una vignetta satirica su Bezos e Trump che ha indotto l’autrice e premio Pulitzer, Ann Telanes a congedarsi dalla testata.

 

Poco dopo l’hanno seguita altri due storiche firme: la responsabile dell’ufficio di Washington Ann Caldwell, passata alla rivista Puck, e Josh Dawsey che per otto anni, dal 2017, aveva coperto sia l’amministrazione Trump che il ritorno del tycoon alla politica dopo la batosta elettorale del 2020. Se ne sono andati anche i cronisti politici Ashley Parker e Michael Scherer. Nel frattempo è arrivato pure il cambio dello slogan del quotidiano che, sempre per volontà di Bezos, non è più “La democrazia muore nell’oscurità” ma è diventato “Un racconto avvincente per tutta l’America”. […]

la campagna pubblicitaria contro musk rifiutata dal washington post