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"NIXON IN CHINA" TRIONFA A PARIGI (GRAZIE A VALENTINA CARRASCO) - MATTIOLI: "DEBUTTA ALL'OPÉRA IL CAPOLAVORO DI JOHN ADAMS SULLA “DIPLOMAZIA DEL PINGPONG” E SUL CELEBRE INCONTRO DEL PRESIDENTE AMERICANO ACCOMPAGNATO DAL SUO SEGRETARIO DI STATO KISSINGER CON MAO ZEDONG - TUTTI SEMBRANO BRAVISSIMI ANCHE GRAZIE ALLO SPLENDIDO SPETTACOLO DI VALENTINA CARRASCO, DEBUTTANTE A PARIGI MA DI CASA IN ITALIA: PER UNA VOLTA, SIAMO NOI CHE ESPORTIAMO REGISTI"
Estratto dell’articolo di Alberto Mattioli per La Stampa
Nixon in China ma anche a Parigi. L’opera di John Adams non è più contemporanea: risale al 1987, è stata rappresentata in mezzo mondo, e insomma è ormai un classico del teatro musicale.
Racconta la celebre visita in Cina, nel 1972, del presidente americano Richard Nixon, accompagnato dalla moglie Pat e dal suo segretario di Stato Henry Kissinger, con incontri e trattative con Mao Zedong, la signora Mao e Zhou Enlai: una partita a Diplomacy ma con risvolti personali, esistenziali, addirittura filosofici.
Il soggetto della librettista Alice Goodman poteva sembrare bizzarro se non folle; in realtà, l’opera funziona benissimo non solo dal punto di vista musicale ma anche drammaturgico. All’Opéra, che non l’aveva mai messa in scena, l’accoglienza è stata trionfale con punte di delirio; le recensioni sono unanimemente entusiastiche e insomma l’opera «fait un tabac», scatenando quel fenomeno tipicamente parigino per cui uno spettacolo diventa improvvisamente imperdibile e non si «è» se non lo si è visto.
In effetti, ne vale la pena. Gustavo Dudamel che, come direttore d’opera, è talvolta alterno (si ricorda ancora alla Scala una sua Bohème vitalissima ma caotica), qui è impeccabile. La musica minimalista di Adams, fatta di ripetizioni di piccole cellule ritmiche e melodiche, sembra semplice ma non lo è, e soprattutto richiede una grande direzione che riesca a dare un senso a variazioni minime: è come un Lego dove partendo da un piccolo mattoncino si arriva a costruire cattedrali. Dudamel ne ha edificata una bellissima. Anche la compagnia è esemplare.
La coppia Nixon è composta da due gloriosi veterani del canto made in Usa, Thomas Hampson e Renée Fleming come first lady: entrambi sono un po’ usurati vocalmente, specie lui e specie nell’acuto ormai faticoso, ma sono perfette l’interpretazione e perfino l’identificazione fisica. Lei, poi, è memorabile quando si aggira per comuni agricole e spettacoli di propaganda come una Mary Poppins in tailleur. Sul fronte americano, ideale anche il Kennedy di Joshua Bloom; su quello cinese, il Zhou di Xiaomeng Zhang, mentre madame Mao, Kathleen Kim, cui tocca una vera aria di coloratura, è molto precisa ma un po’ flebile per la grande sala della Bastille. Ultimo ma eccezionale il Mao surreale e grottesco di John Matthews Myers, una festa per gli occhi.
Tutti sembrano bravissimi anche grazie allo splendido spettacolo di Valentina Carrasco, debuttante a Parigi ma di casa in Italia: per una volta, siamo noi che esportiamo registi. Carrasco realizza un perfetto mix fra realismo, per cui Nixon e Mao sono uguali agli originali, e metafora: gli americani non sbarcano da un jet ma da un’enorme aquila volante, e la Cina eterna è rappresentata dal classico dragone da parata a Chinatown.
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