1- NON SOLO FERRARA E GRASSO, LA SASSATA PIÙ EVERSIVA AL DUO FAZIO-SAVIANO L'HA SCAGLIATA IL TERRIBILE VAURO CON UNA VIGNETTA DAL SITO-SANTUARIO DELLA SINISTRA TELEVISIVA, “SERVIZIO PUBBLICO”: TRE GIORNI CONSECUTIVI DI FAZIO E SAVIANO IN TV POSSONO CONVINCERE GLI ASPIRANTI SUICIDI A ROMPERE GLI INDUGI E FARLA FINITA 2- SUL “FATTO” ALTRE SASSATE: “È UN PROGRAMMA RICATTATORIO. AUTOASSOLUTORIO. E VAGAMENTE CASSANDRICO (IL SOTTOTESTO È SEMPRE: “RICORDATI CHE DEVI MORIRE”) 3- “RISPONDERE “NON NE HO STIMA, È SOLO FANGO” A UNO CHE HA ESPRESSO DUBBI BEN SCRITTI (GIULIANO FERRARA), È LA STESSA REAZIONE DI BERLUSCONI DI FRONTE AL DISSENSO” 4- “SE IL FEMMINISMO DEVE AGGRAPPARSI AI COITI MANCATI DELLA LITTIZZETTO, È MESSO MALE. IL SUO MONOLOGO UNO DEI PUNTI PIÙ BASSI NELLA STORIA DELLA COMICITÀ”

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1- SANTORO «ROSICA». E LA VIGNETTA DI VAURO LO VENDICA
Maurizio Caverzan per "il Giornale"

La sassata più eversiva l'ha tirata Vauro con una vignetta sul sito di Servizio pubblico. Il senso è questo: tre giorni consecutivi di Fazio e Saviano in tv possono convincere gli aspiranti suicidi, ancora titubanti davanti alla crisi, a rompere gli indugi e farla finita. Una roba causticissima e persino macabra. Uno sfregio, un colpo di fionda contro il monumento.

Efficace come sa essere la satira quando è intinta nel cianuro. Una sassata scagliata dal santuario della sinistra televisiva. La quale, davanti ai suoi guru, non è monolitica come sembra. Ci sono quelli che stanno con Santoro e quelli che stanno conSaviano, quelli di Grillo e quelli di Di Pietro.

E dunque: sarà mica invidioso Santoro della visibilità e del successo che l'autore di Gomorra si è conquistato anche stavolta? Probabilmente no. Probabilmente quella vignetta è solo un gioco, un premio a Vauro, presentato abitualmente come «l'unico vero e riconosciuto maestro» del clan.

Marco Travaglio, per dire, l'altro big della congrega, era a portare ascolti a Quello che (non) ho con il suo taglientissimo pistolotto sull'antipolitica. Perciò, tutto a posto, nessuno rosica dalle parti di Servizio pubblico. Forse c'è stata solo una parolina di troppo, poco gradita. Ovvero, quando, dandogli il benvenuto come fosse lui il padrone di casa, Fazio ha ringraziato La7 per la sua decisione di accogliere «incondizionatamente» Roberto Saviano.

Ecco, quell'avverbio lì, incondizionatamente, pronunciato nel nuovo tempio catodico che si è auto-assegnato la mission di ridare senso alle parole, sarà mica sfuggito per sbaglio a Fazio? Chissà se a Santoro sono fischiate le orecchie, proprio ora che sta trattando per sbarcare sulla rete di TI Media (non si sa ancora per quanto)... Varrà anche per lui quell'avverbio? O finirà come un anno fa, quando Giovanni Stella detto er canaro, di condizioni ne mise troppe, provocando il naufragio prima dell'arrivo in porto di Michelone?

Le elezioni si avvicinano, la Terza Repubblica è tutta da costruire e gli spazi tutti da conquistare. Così, i guru della sinistra si agitano e inseguono primazìe. Grillo detta parole d'ordine dalle piazze. Santoro dà la parola alla società civile. Saviano vuol riparare le parole.
E spuntano le vignette sataniche...

2- DIECI COSE SU QUELLO CHE NON HO
Andrea Scanzi per "il Fatto Quotidiano"

Quello che non ho è un bel programma. Certo migliore della bassa media nazionale. Voto? 7+. Questo, però, non lo rende necessariamente perfetto. Social network come Twitter - lo ha ribadito Federico Mello sul Fatto Quotidiano - hanno dimostrato come nessun programma sia ormai intoccabile (sarà per questo che Twitter non piace ad alcuni autori del programma?). Il ruolo della Rete è nuovamente salvifico. Quando qualcuno si provò a dire che Vieni via con me era bello ma non il sol dell'Avvenire, fu crivellato (lo so, il web esisteva anche a novembre 2010, ma Twitter non aveva questa rilevanza. E Twitter permette la recensione fulminante in diretta più di qualsiasi altro consesso). Ora criticare Quello che non ho è normale: buon segno.

1 - "Guida galattica per benpensanti radical-chic", "Bibbia per sinistroidi snob", "Salottino sinistrorso". Sono solo alcuni dei commenti letti in Rete. Sbagliano tutti?

2 - Come hanno spiegato anche Aldo Grasso e Nanni Delbecchi, Quello che non ho è un programma un po' ricattatorio. Autoassolutorio. E vagamente cassandrico (il sottotesto è sempre: "Ricordati che devi morire"). Scriverlo non è peccare di lesa maestà, ma avere occhi per guardare. O anche solo pareri legittimamente non allineati.

3 - Roberto Saviano (1). Rispondere "non ne ho stima, è solo fango" a uno che ha espresso dubbi ben scritti, è la stessa reazione di Berlusconi di fronte al dissenso. Se qualcuno sostiene che Saviano è banale, dotato di scrittura debole e noioso, non è che vada fucilato in piazza. Nemmeno se si chiama Giuliano Ferrara e ha il passato (ma pure il presente) di Giuliano Ferrara.

4 - Roberto Saviano (2). Grande stima, massima solidarietà. Sia chiaro. Dovrebbe però essere il primo a preoccuparsi per questa deriva celebrativa di cui è vittima (sì, vittima). Quando un giornalista diventa santone, e non ha più lettori ma fedeli, è un guaio.

5 - Roberto Saviano (3). Lo ha scritto anche Gianni Mura (non esattamente un pasdaran). La rubrica di Giorgio Bocca su L'Espresso doveva chiudersi con lui. Darla a Saviano è un errore. Benissimo leggere Saviano, ma cambiamo intestazione. Bocca era Bocca.

5 - Ritmo. Tutto deve avere la giusta tensione. Non basta dire cose giuste: occorre saperle dire. L'arte può essere bella e perfino brutta, ma non può permettersi la noia. Televisione compresa. Molti passaggi di Quello che non ho sono noiosi. E la difesa "sì ma quando si fa cultura si può essere noiosi" è puerile. Ricorda l'idea barbosa, superata e muffita secondo cui una canzone è di sinistra soltanto se annoia (come cantava qualcuno).

6 - I fanboys di Quello che non ho sono comicamente permalosi. Quasi come un fan di Ligabue o una bimbaminkia di Lady Gaga (ho detto "quasi"). Ricordano le "professoresse democratiche" di cui scriveva quel gran genio di Edmodo Berselli. Di fronte alle critiche si trincerano dietro la Linea Maginot del perbenismo pensoso: "Sì, forse ha qualche difetto, però se non vi piace guardatevi il GF. Di meglio non c'è". Attenzione: messa così, Quello che non ho sembra la dependance del Partito Democratico. E con questa storia del "meno peggio" non se ne può più.

7 - Fabio Fazio. Se ne è già scritto tanto. E certe fenomenologie sono tornate di moda. Ormai il suo modo di fare tivù si conosce: pavidità venduta per educazione, paura spacciata per cifra stilistica. Nulla di nuovo. La sua faccia sgomenta, quando Piero Pelù ha attaccato la Fiat, è stata meravigliosa (la pubblicità è partita subito dopo: toh, che coincidenza). Mentre il suo osanna a Giorgio Napolitano non ha stupito nessuno.

8 - Se il femminismo deve aggrapparsi ai coiti mancati di Luciana Littizzetto, è messo male. Il suo monologo di lunedì è stato uno dei punti più bassi nella storia della comicità italiana. Un po' Benigni-Patonza vent'anni dopo, un po' Lella Costa senza essere Lella Costa, un po' (tanto) Martufella. E non basta la (lodevole) chiusura sulla violenza sulle donne per salvarla.

9 - Esprimere dubbi su Quello che non ho usa grandi nomi per fargli recitare omelie (tra l'apocalittico e il retorico). Una messa laica che lava appena le coscienze e finisce ìì. Senza mai mordere. Quando è intervenuto Marco Travaglio, è stato come togliere il tappo. Finalmente un po' di sana cattiveria. Finalmente un po' di realtà. Emblematico l'intervento di Gad Lerner. Che, messo a ruota di Travaglio, sembrava un monologo Breznev dopo un'arringa del Che.

10 - Quello che non ho è forse una sorta di ultimo fuoco della vecchia tivù. Una ricetta griffata che soddisfa ancora molti - gli ottimi ascolti - ma non tutti. Lo scenario è in qualche modo analogo alle ultime amministrative: un vecchio sistema che non ha più gli strumenti per interpretare la realtà, un nuovo "sconosciuto" che avanza. Esistono sempre più persone che non si fanno bastare più le cerimonie di un tempo. Sono accusati di "non accontentarsi", "sapete solo criticare", "non vi va mai bene niente". Forse però desiderano unicamente una narrazione diversa. Appena meno patinata.


2- UN FILO A PIOMBO PER ROBERTO
Nanni Delbecchi per "il Fatto Quotidiano"

Di un programma come Quello che (non) ho si può solo parlare bene, oppure non parlare affatto. La terza possibilità (parlarne male, o anche così così), non esiste. Come si fa a non parlar bene di un programma che ospita Carlo Petrini, Massimo Gramellini, Paolo Rossi, Erri De Luca, Ermanno Rea, Maurizio Landini, Gad Lerner e Marco Travaglio, tutti con la loro parola da riparare il loro valore da rilanciare?

Quello che (non) ho ti ricatta per tre ore, senza tregua, in nome dell'impegno civile; il celebre ricatto dei contenuti di fronte a cui bisogna alzare le mani in segno di resa. Lo diciamo senza ironia, specie se si pensa che la Rai, la cui attuale coppia di punta è Antonella Clerici-Giancarlo Magalli, non ha voluto Saviano e Fazio in nome di un ricatto infinitamente peggiore, quello degli ascolti o addirittura dell'opportunità (ma forse vanno capiti; se c'è qualcuno che ti dimostra che con un programma così gli ascolti prendono il volo, poi come fai a giustificare tutto il resto?).

Al massimo, a un programma come Quello che (non) ho si può dare qualche consiglio non richiesto, perché si migliori ulteriormente. A Luciana Littizzetto, di essere un po' meno greve nelle sue battute sul mandorlato balocco e il reparto latticini. Capiamo che è l'unica a dover sollevare il morale delle truppe (senza essere Marilyn), ma, se va avanti così, finisce che i Vanzina la scritturano per Vacanze di Natale a Pinerolo.

A Fabio Fazio, al contrario, di ricordarsi quanto era più ironico e meno snob prima di diventare un santino della sinistra televisiva. A Roberto Saviano, di farsi impiantare un filo a piombo o qualsiasi altra cosa che gli impedisca di oscillare come la Costa Concordia, evitando al telespettatore il rischio labirintite. Agli autori, di stare attenti all'effetto Non ci resta che piangere, di cui tutti ricordiamo la scena più celebre.

Uno accende la tv e comincia a sentirsi dire "Ricordati che c'è la crisi, ricordati che gli imprenditori si suicidano, ricordati che la camorra è infiltrata ovunque, ricordati che Napoli sta morendo, ricordati che gli assassini di Beslan sono ancora a piede libero...".

"Ricordati, ricordati, ricordati..." Finisce che uno risponde "Va bene, mo' me lo segno", e se ne va a dormire.

 

 

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