1. ”PISTORIUS: SI PUÒ VIVERE BENE ANCHE SENZA GAMBE, MALISSIMO SENZA IL CERVELLO…” 2. LA PARABOLA DEL DISABILE CHE “PEOPLE” PONEVA AL’OTTAVO POSTO DEGLI UOMINI Più SEXY DEL MONDO E “TIME” TRA LE CENTO PERSONE PIÙ INFLUENTI DEL PIANETA: CON IL SUO GESTO ASSASSINO, QUEL RAGAZZO AMPUTATO DA BAMBINO E PORTABANDIERA DEL NUOVO SUDAFRICA FIRMA UNA DOPPIA CONDANNA: NÉ PIÙ ATLETA, NÉ PIÙ SIMBOLO. SOLO UN OTELLO DALLA PELLE DIVERSA (IL DISAMORE E’ PEGGIO DEL NO CHE TI PUÒ DIRE LO SPORT) 3. A DISPETTO DELL’IMMAGINE DI RAGAZZO SOLARE, SFORTUNATO MA INNAMORATO DELLA VITA A CUI CI HA ABITUATO, “BLADE GUNNER” È UNO A CUI PIACE LA VITA DISSOLUTA DELLE STAR 3. MA NON E’ LA PRIMA VOLTA. SEMPRE DIVISO FRA DONNE E MOTORI, PARE CHE SPESSO SI UBRIACASSE IN MANIERA MOLESTA E PERDESSE LA TESTA, SOPRATTUTTO PER GELOSIA. UNA VOLTA UNA RAGAZZA LO DENUNCIÒ PER VIOLENZE E FU A LUNGO INTERROGATO DALLA POLIZIA

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"Pistorius ha dimostrato che si può vivere bene anche senza gambe, ma malissimo senza il cervello..." @Lisa marinaro

2. PISTO-RIUS - A DISPETTO DELL'IMMAGINE DI RAGAZZO SOLARE, PISTORIUS È UNO A CUI PIACE LA VITA DISSOLUTA DELLE STAR
Claudio Arrigoni per il "Corriere della Sera"

Non solo sport. Oscar Pistorius ha saputo abbattere barriere culturali e sociali. Quel corpo imperfetto, le gambe mozzate, le protesi da corsa bene in vista o i jeans all'ultima moda. Non ci si aspetta che People, la rivista americana, lo ponga all'ottavo posto nella classifica degli uomini più sexy del 2012, appena dietro Richard Gere e davanti Denzel Washington. L'anno prima vinse l'Hot 100, i cento uomini «bollenti» del Sudafrica per Heat, una delle riviste di gossip più seguite al mondo. E poi le pubblicità: testimonial supersexy di A*Men, il profumo di Thierry Gautier. Insomma, Pistorius piaceva.

Reeva Steenkamp non era da meno: fra le 100 donne più sexy del mondo, secondo molte riviste. «Prendete l'ultima copia di People: ispiro le signore che cercano di rovinare i loro uomini a San Valentino», aveva twittato qualche giorno fa. Il rapporto con Pistorius era cominciato poco più di un paio di mesi fa, verso novembre.

Oscar è un ragazzo di 26 anni. Bello e che sa di piacere. Per parlare delle donne della sua vita si deve partire da Sheila, la mamma, e arrivare a Ellie, che lui ha conosciuta bimba e oggi è una ragazzina. In mezzo ci sono le altre. Aveva 15 anni quando la madre è morta per una intossicazione da farmaci: «Era ottimista, anche nei momenti più difficili». Ellie è inglese. Nata nel 2004, a 16 mesi le furono amputate braccia e gambe dopo una meningite. La madre vide correre Oscar: «Può farlo anche Ellie, allora». Le mise le sue protesi. Aveva quattro anni e Pistorius fece una corsa con lei. La loro foto insieme è da sempre quella del suo profilo Twitter.

La prima relazione importante è con Vicky, conclusa mentre attendeva di sapere se poteva continuare a gareggiare con atleti normodotati. Poi quella con Jenna Edskins, tre anni più giovane di lui, primo innamoramento vero, iniziato poco prima della Paraolimpiade di Pechino e conclusosi poco dopo. Si erano conosciuti a casa della cugina di lei, amica d'infanzia: «Non sapeva nulla di me e delle mie gambe. Abbiamo passato un mese e mezzo a sentirci soltanto». Poi tanti flirt, specie con celebrità delle passerelle. Prima delle Olimpiadi di Londra si parlò di quello con la supermodella russa, Anastassia Khossizov.

Non era un supereroe senza macchie e paure. Un ragazzo prima e un giovane uomo poi che amava la vita e qualche eccesso. I motori e le corse con auto e moto, per esempio. Una notte, guidando una barca su un fiume, aveva rischiato di morire finendo contro un pontile. Si salvò per miracolo, il viso devastato. Mesi fa, una ragazza lo denunciò per violenze. A una festa a casa sua la aveva cacciata in malo modo.

Lei disse che aveva bevuto, lui che era stata lei ad alterarsi. La polizia lo fermò e lo interrogò a lungo. Usando qualche maniera forte di troppo, si lamentò lui. Nel novembre scorso, Marc Bachelor, un presentatore tv e un ex sportivo, lo accusò di averlo minacciato dopo che lui aveva difeso un amico, Quinton Van der Burgh, uomo d'affari. Motivo: Pistorius era geloso di una imprecisata ragazza di 18 anni, che sarebbe stata insidiata dall'imprenditore.

Sempre in novembre, ma nell'anno precedente, durante un concerto dei King of Leon aveva avuto un litigio pesante con due ragazze. Erano state loro a raccontarlo in una lettera a MyNews24: «Era ubriaco e ci trattò malissimo, insultandoci. "Brutte lesbiche", ci ripeteva, prima che i suoi amici lo portassero via».

Racconti che ora appaiono in una luce diversa. Certo non è l'immagine consueta di Oscar: solare, sorridente, simpatico. Mostrano un ragazzo più fragile di quello a cui siamo abituati. La fama e i soldi, forse, hanno fatto il resto.

3. LA PARABOLA DELL'INSOSPETTABILE PISTORIUS: DALL'APPLAUSO PIÙ LUNGO A LONDRA 2012 ALL'ACCUSA DI AVER FREDDATO LA SUA FIDANZATA...
Emanuela Audisio per "la Repubblica"

I medici a un anno gli hanno amputato il corpo, lui a 27 si è amputato il futuro. Da Blade Runner a Blade Killer. Di Oscar potevi dire tutto tranne che avesse una natura violenta o che si lasciasse andare all'istinto.

Al contrario ti sorprendeva con il sorriso, con la calma, con la mano sulla spalla. Pure se la vita con lui era stata carogna, se lo sport spesso gli aveva detto no, aveva reagito con equilibrio. Non con la rabbia assassina di chi urla il suo dolore. Se Mike Tyson a Las Vegas ti accoglieva a casa con l'aria del leone che deve essere mansueto, ma che non vede l'ora di staccarti la testa, Oscar nella sua nuova villa a due piani ti faceva entrare in cucina, girare attorno ai fornelli, e magari si metteva a tagliare verdure. Non era un posto malfamato, anzi molto residenziale e protetto: con guardia e posto di blocco. Dovevi firmare in entrata e in uscita. In Sudafrica sulla sicurezza non si scherza: le casalinghe hanno i dobermann e le mamme ai semafori rossi tirano fuori i manganelli.

Casa di Oscar non pareva quella di un killer. C'erano i suoi amici che restavano spesso a dormire, perché lo spazio era tanto, quattrocento metri quadrati, due piani, salotto con divano lungo, poi i suoi cani, Enzo e Silo, e c'era la sensazione di avere a che fare con un ragazzo che non avrebbe mai calpestato le formiche. Ma che non si tirava indietro davanti a una prova fisica.

Oscar t'invitava: andiamo a fare una nuotata in piscina? Si toglieva le gambe (protesi) e si buttava. Poi ti domandava: che fai stasera? andiamo a ballare? Ti portava in discoteca e ti faceva fare anche bella figura. Non beveva, soprattutto se si stava allenando, anche perché aveva tendenza ad ingrassare. Attorno aveva sempre nuove ragazze, negli ultimi tempi molte modelle. Sapeva sedurti, era affabile.

Se t'incontrava all'università di Pretoria, non metteva mai la sua macchina nel parcheggio riservato all'handicap. Educato, se ti avvicinavi al suo tavolo al ristorante, si alzava, ti dava la mano, ti chiedeva come stavi, quando la maggior parte dei campioni nemmeno ti ritiene degno di un saluto. Per questo era diventato un simbolo. Per la sua disponibilità (pure troppa). Correva e accorreva dove c'era da aiutare gli altri, dove magari la sua presenza portava luce a attenzione a chi vive ai margini.

Non disdegnava contratti e pubblicità. Non faceva il puro, né il santo, andava dove gli garantivano ospitalità e qualità, spesso era in Italia. Non si risparmiava e diceva: «Se non sai sorridere a uno sconosciuto, anche se hai vinto tutto, non vali niente». Non se la tirava con la sua disgrazia tanto che quando aveva cominciato a frequentare una palestra di fitness nemmeno l'aveva detto al coach Jannie Brooks che era un doppio amputato. «Veniva ad allenarsi con la tuta, faceva le stesse cose degli altri, non cercava scuse per saltare gli esercizi. Solo una volta quando lo esortai ad andare più giù sulle gambe, lui mi rispose che non ce la faceva e mi fece vedere le protesi».

A San Pietroburgo d'inverno con più di mezzo metro di neve Oscar in jeans giocava con i ragazzi a tirarsi palline e quelli che non lo conoscevano gli chiedevano: mai non hai freddo alle gambe? Se la gente accanto a lui iniziava ad alzare il tono della voce, con
fare pietoso, lui scherzava: «Non sono sordo, solo amputato ». Davanti alle proibizioni: tu questo non lo puoi fare, non si era messo a inveire contro la federazione internazionale, ma aveva cercato un modo legale e dialettico per far cambiare idea ai suoi oppositori. E anche quando ai mondiali di Daegu i dirigenti sudafricani lo avevano escluso dalla finale della staffetta 4x400, lui si era detto «dispiaciuto e rattristato».

Non era stato lì a elencare sacrifici e privazioni, né aveva agitato i moncherini. Sapeva incassare i no dallo sport. Conosceva le mancanze. Era stato costretto a gattonare per molto tempo. E a 15 anni aveva perso anche la mamma perché all'ospedale non sapevano di una sua allergia (choc anafilattico). Quella madre che gli aveva consigliato di non piangere e che ogni mattina diceva a Oscar di mettersi le gambe e al fratello le scarpe.

A Londra 2012 il più lungo applauso dello stadio era stato per lui. Perché la sua corsa e rincorsa l'avevano portato fino a lì: a giocare con il mondo e non nel retrobottega. Oscar Pistorius a nome di tutti i disabili non chiedeva sconti, solo le stesse possibilità degli altri. Gli davi fiducia, era solare, non pensavi avesse dentro una bestia da domare. Con Monzon, Tyson, O. J. Simpson avvertivi una prepotenza, un codice sbagliato di virilità. Avevano gesti da macho: Tyson davanti a tutti si tirò giù le mutande, per far vedere il contenuto al suo avversario.

E se la moto non partiva lui la prendeva a calci. Monzon ti guardava con il ghigno dell'indio che ha appena scuoiato la preda, O. J. Simpson con l'arroganza del superatleta che ritiene che tutto gli spetti. Oscar no, non aveva modi da assassino. Come tutti i sudafricani era andato a caccia e aveva armi, ma non ostentava nessuna voglia di grilletto. Vederlo uscire oggi a capo chino, con il visto nascosto dal cappuccio della felpa, come un presunto colpevole, fa male. Ti chiedi: ma io chi ho conosciuto? chi ho frequentato? con chi ho passeggiato a Pretoria?

Quattro colpi di pistola sono un po' troppi come legittima difesa. Soprattutto perché prima è stato portato via il cadavere di una ragazza di 30 anni, che si era anche spesa contro la violenza alle donne. Nessuno sapeva di comportamenti scorretti di Oscar, di eccessiva gelosia, anche se ora la polizia dice che c'erano stati altri precedenti, altre liti finite male, due anni fa la rissa con una giovane (ubriaca) era stata catalogata come incidente.
È uno sport che ormai si decapita da sé. Con simboli spesso marci: fuori belli, dentro brutti.

Con campioni che riescono a fare del bene anche dando il cattivo esempio. Lance Armstrong, 7 Tour vinti con il doping, un imbroglione in un mondo del ciclismo ad alta densità di ladri. Ma uno strepitoso donatore di soldi e di speranze ai malati di tumore. Armstrong ha barato nelle sport, ma ha fatto una cosa giusta per la lotta al cancro.

Oscar Pistorius ha aperto i cancelli del cielo agli storpi, combattendo per il rispetto delle regole, è per «Time» tra le cento persone più influenti del mondo, ma oggi è accusato di aver freddato la fidanzata. Chissà forse il disamore è molto peggio del no che ti può dire lo sport. E genera mostri. Quello che rende tutto così amaro è che il ragazzo, amputato da bambino, il portabandiera del nuovo Sudafrica, abbia privato una ragazza della sua vita e abbia firmato una doppia condanna. Né più atleta, né più simbolo. Solo un Otello
dalla pelle diversa.

 

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