enrico carlo vanzina

SAPORE DI VANZINA (ENRICO) – “L'IGNORANZA E L'INCOMPETENZA SEMBRANO DIVENTATI DEI VALORI. UN ANNO FA È MORTA LA POLITICA. IL VUOTO È STATO RIEMPITO CON IL GOVERNO LEGA-CINQUE STELLE. SOLTANTO CHE SALVINI…” – E POI “LA GRANDE FAMIGLIA DEL CINEMA ITALIANO (“NESSUNO PARLAVA DI SOLDI A DIFFERENZA DEI CAFONI DI OGGI”) E IL RICORDO DEL PADRE STENO: “QUANDO MORÌ, VOLEVAMO SEPPELLIRLO AL CIMITERO DEL VERANO, NON CI RIUSCIVAMO. SCRISSI A ANDREOTTI CHE MI RISPOSE…” - VIDEO

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Paolo Bricco per il Sole 24 Ore

 

«La domenica cenavamo tutti insieme da Suso Cecchi D' Amico, nella casa di Via Paisiello. Eravamo sempre una quarantina. Tutte le volte si componeva la grande famiglia del cinema italiano. I registi e gli sceneggiatori, i produttori e gli attori. Era qualcosa di speciale. Nessuno parlava di soldi, a differenza di quello che fanno quelli del cinema oggi, che parlano in continuazione di incassi e ingaggi, una cosa molto cafona. Nessuno, allora, diceva male degli altri.

enrico vanzina

 

Tutti si rispettavano. Perché Luchino Visconti e Michelangelo Antonioni sapevano che fare recitare Totò e i grandi caratteristi della commedia all' italiana, come Tina Pica e Tiberio Murgia, era altrettanto difficile che girare Senso e Rocco e i suoi fratelli, Il grido e Deserto rosso».

 

enrico vanzina foto di bacco

Enrico Vanzina, settant' anni, ha i capelli grigi che virano al candido, l' educazione affettuosa verso gli altri della borghesia romana non troppo amaramente cinica e una storia da raccontare che è insieme sua, di una città e di un Paese. Siamo da Settimio all' Arancio, vicino a San Lorenzo in Lucina, uno dei ristoranti dove per mezzo secolo si sono incontrati tutti: i politici provinciali inurbati nella Roma grande dispensatrice di santità e di debolezze, i giornalisti sospesi fra il potere politico e l' influenza culturale di quando esistevano i giornali, il potere e la cultura, le figure vitalmente mortuarie delle nobiltà romana che, dai Ruspoli ai Colonna, ha qui intorno i suoi palazzi.

 

Come antipasto prendiamo scampi e gamberoni, tartare di ricciola all' avocado e carpaccio di tonno. Più un vino bianco freddo, il trebbiano Spoletino Arneto 2016 della Tenuta Bellafonte.

 

ENRICO VANZINA - MIO FRATELLO CARLO

Vanzina è il figlio di Steno - all' anagrafe Stefano Vanzina - e di Maria Teresa, una impiegata del ministero degli Esteri che per lui avrebbe desiderato la carriera diplomatica («ho fatto Scienze politiche per quello»). Suo fratello era Carlo. Enrico ha scritto 102 film, che hanno incassato un valore attualizzato di 470 milioni di euro.

 

I 60 film scritti insieme da Enrico e Carlo hanno incassato l' equivalente di 300 milioni di euro. «Carlo è morto un anno fa. Ho sempre avuto molta malinconia, mista a una allegria che si è spaccata in due quando lui è mancato. Mio fratello non aveva una comunicazione fisica. Un giorno, stavamo lavorando all' ultimo film Natale a 5 stelle, che poi ha diretto Marco Risi, a un certo punto lui, che era eroso dal male, si alza, viene da me, mi tocca i capelli e mi sussurra: "stai tranquillo, ho avuto una vita meravigliosa"».

 

enrico vanzina

Ogni solennità dolorosa, quando Roma non è cafona e fine a se stessa ma perpetua la sua anima distante da tutto e dunque vicina al cuore di ogni cosa, si stempera nella quotidianità: parlare, sorridere, bere, mangiare.

 

Racconta Enrico, di fronte a una millefoglie di calamari e carciofi con scaglie di pecorino: «In una di quelle serate, avrò avuto diciassette anni, ero seduto a fianco di Age, lo sceneggiatore del duo Age & Scarpelli. Age mi chiede che cosa avrei voluto fare da grande. Io non so come, rispondo che avrei voluto fare lo scrittore.

 

Allora lui mi fa "vieni che ne parliamo con Ennio", ci sediamo vicino a Flaiano che inizia a scherzare, con la voce tutta impostata e riferendosi a sé in terza persona, "allora caro ragazzo, adesso che hai la possibilità di parlare con un grande scrittore come Ennio Flaiano che ha vinto il primo premio Strega, fagli pure una domanda", io divento tutto rosso, inizio a grattarmi il collo e, non so come, mi viene fuori "che cosa serve scrivere?". A quel punto lui torna Ennio Flaiano, cambia espressione dietro alle lenti degli occhiali, mi guarda e dice: "Scrivere serve a sconfiggere la morte"».

enrico vanzina

 

Gli amici scrittori erano appunto Flaiano, Mario Soldati, Leo Longanesi ed Ercole Patti. «Ho frequentato a Roma lo Chateaubriand. L' estate della maturità andai in pellegrinaggio nella campagna francese a fare passeggiate interminabili organizzate dalla Société des Amis de Marcel Proust, con questi illustri cattedratici che leggevano e commentavano Alla ricerca del tempo perduto». E, tu, ti immagini il giovane Vanzina che si aggira per Illiers-Combray, con l' eleganza acchittata di un diciottenne, immerso nella lettura o nell' ascolto, rigorosamente in lingua originale, di tutto ciò che segue la frase "Per molto tempo, mi sono coricato presto la sera. A volte, non appena spenta la candela, mi si chiudevano gli occhi così subito che neppure potevo dire a me stesso: "M' addormento"".

enrico vanzina natale a 5 stelle

 

Intanto, arriva in tavola una orata al sale. «Volevo fare lo scrittore, ma poi ho fatto il cinema. E ne sono contento. Ho seguito il percorso opposto di quello che ho visto fare agli scrittori, che per vivere dovevano lavorare per il cinema: oltre a Flaiano, penso a Carlo Cassola, Giorgio Bassani, Mario Soldati e Alberto Bevilacqua. E, poi, sono felice di non avere fatto parte della corporazione degli scrittori. Gli scrittori si odiano tantissimo. Adesso, io mi diverto a scrivere libri, come La sera a Roma che ho pubblicato un anno fa e Mio fratello Carlo che uscirà a settembre, e articoli. Da vent' anni ho una rubrica la domenica sul Messaggero, "Che ci faccio io qui?". Dal 1990 al 1998 ho scritto per le pagine romane del Corriere della Sera».

enrico vanzina

 

Tutto nasce nell' Italia degli anni Cinquanta e negli anni Sessanta. Ce ne accorgiamo adesso, in cui il presente rinsecchito di speranze e il futuro insterilito di progetti rendono fecondo il pensiero di quello che siamo e di quello che, nonostante il fossato del tempo, vogliamo. I tre più sottovalutati sono Sergio Corbucci ("un grande talento, ma un casinaro"), Lucio Fulci ("non lo ricorda più nessuno, è l' autore di Paura nella città dei morti viventi, un mito nei B-Movies") e Sandro Continenza ("è uno degli autori della sceneggiature di Un americano a Roma, di mio padre"). I tre più amati sono Marcello Marchesi, Mario Monicelli e Dino Risi. «I funerali di mio padre si svolsero il 15 marzo 1988 nella chiesa di San Lorenzo in Lucina. Alberto Sordi stava nascosto dietro una colonna e piangeva come un bambino. Usciti sul sagrato, Dino Risi mi abbracciò e mi disse: "Se ti serve un vicepapà, io ci sono"».

 

Vanzina non ha la solitudine del satiro. Non giudica moralisticamente, ma osserva il presente: «Il Paese è incartato e rassegnato. L' ignoranza e l' incompetenza sembrano diventati dei valori. La classe dirigente di oggi non è misurabile con i vecchi metri di giudizio», dice mentre usciamo a prendere il fresco della sera. «Guarda questi sacchi di immondizia, qui alle quattro del mattino passano a prenderli, ma in periferia la condizione di Roma è disastrosa». Roma e il Paese. Che, adesso, è nel pieno di una crisi di governo.

enrico vanzina

 

«Un anno fa è morta la politica. Nella Seconda repubblica esistevano ancora degli ideali e delle pratiche in qualche modo di matrice socialista, liberale e socialdemocratica che arrivavano dalla Prima repubblica. La disaffezione della gente per la politica ha creato un vuoto che è stato riempito con il governo Lega-Cinque Stelle. Soltanto che, quando erediti, devi pagare le tasse di successione. Che, in questo caso specifico, sarebbero consistite in una manovra in autunno pesante, per scongiurare la tassa di successione più onerosa di tutte, cioè l' aumento dell' Iva dal 1° gennaio dell' anno prossimo. Salvini ha deciso di rinunciare all' eredità per non pagare la tassa di successione».

 

sordi carlo enrico vanzina

 Le differenze fra Lega e Cinque Stelle erano eccessive: «Woody Allen diceva che l' inattività sessuale è pericolosa perché produce corna. Lo stesso si può dire per la politica. Se tu non fai politica, perché non sei d' accordo con il tuo partner praticamente su nulla e dunque non riesci a fare un granché, è inevitabile che tu vada a cercare altrove quello che non trovi nella coppia. E, così, ecco che va in crisi il governo».

 

Rientrati nel ristorante, dopo avermi consigliato una sbriciolata di millefoglie con crema Chantilly, frutti di bosco e cioccolata, Enrico ricorda la capacità di anticipazione della commedia all' italiana, di cui lui e suo fratello Carlo sono stati eredi e continuatori. Qualcosa nato fra Roma e Milano. «Mio fratello era aiuto regista di Monicelli in Romanzo popolare, ambientato a Milano. Sui dialoghi lavorarono Beppe Viola e Enzo Jannacci. Io feci l' aiuto regista di mio padre in La poliziotta, girato a Bergamo con Mariangela Melato e Renato Pozzetto. È allora che siamo diventati amici della gente del Derby.

carlo verdone e enrico vanzina

 

Da Massimo Boldi a Teo Teocoli, da Pozzetto a Diego Abatantuono. Fino a personaggi lunari come Guido Nicheli, il Dogui». La Milano dove - nella Patata bollente - lavora in una fabbrica di vernici il Gandi, interpretato da Pozzetto, operaio comunista che diventa amico di Claudio, interpretato da Massimo Ranieri, un omosessuale picchiato da fascisti ma anche avversato dai compagni del Pci, allora moralista e omofobo.

 

La Milano dove si creano i personaggi degli anni Ottanta - tristemente vitali e felicemente volgari - di Vacanze di Natale e dove si gira la prima serie per la tv commerciale di Silvio Berlusconi, I ragazzi della terza C.

Niente caffè. Mezza vodka.

 

ENRICO VANZINA

Ghiacciata, come è di ghiaccio l' ultimo ricordo del padre Steno: «Quando morì, volevamo seppellirlo al cimitero del Verano, ma non ci riuscivamo. Scrissi a Giulio Andreotti. Dopo un mese, suona al portone di casa un messo della presidenza del Consiglio, che mi consegna un suo messaggio. Poche righe scritte di suo pugno: "La lobby del Verano è più potente del presidente del Consiglio"». Il ghiaccio, però, si scioglie subito. Nello sguardo ironico e amorevole di Vanzina su un Paese fatto così. Ieri, oggi, domani. Nella consapevolezza che non solo, come scriveva Flaiano, "la felicità è desiderare esattamente ciò che si ha", ma che la felicità è anche desiderare ciò che, nonostante tutto, si è.

Enrico Vanzinaenrico vanzina e gigi proiettienrico vanzina cristian de sica e enrico vanzinaenrico e carlo vanzinaenrico e carlo vanzina con stenoenrico vanzina con la mogliepaola ferrrari, dago, cristiana lauro, anna e enrico vanzinasteno con i figli carlo ed enrico vanzinaenrico vanzinaenrico e carlo vanzina con roberto d agostinoenrico vanzina UN GIORNO IN PRETURA STENO CON CARLO ED ENRICO VANZINA