
JOHN KENNEDY E’ STATO IL PIÙ INFEDELE PUTTANIERE DEL XX SECOLO MA SUA MOGLIE JACQUELINE S’ATTACCAVA…
Enrico Currò per "la Repubblica"
Gli applausi convinti del Maracanà alle gesta di Balotelli e Pirlo, ma anche ad alcune azioni collettive della Nazionale, confermano che il più grande successo di Prandelli, nei suoi quasi tre anni da ct, non è il secondo posto all'Europeo, né la promettente partenza della Confederations Cup. La soddisfazione più solida e duratura è il riconoscimento mondiale dell'avvenuta riforma della scuola italiana.
Nessuno più appiccica agli azzurri l'etichetta di maestri del difensivismo, che in verità non sarebbe mai stata una colpa, se al superficiale stereotipo del catenaccio non fosse sempre stata associata l'accezione deteriore del termine. Oggi l'iscrizione dell'Italia nel gruppo delle squadre che sanno interpretare meglio il gioco d'attacco viene accettata, senza discussioni, perfino dalla critica dei paesi più inclini a deriderla.
Buffon, del resto, ha ribadito ieri con orgoglio come i veterani per primi aderiscano volentieri a un progetto tattico così faticoso e ambizioso: sarebbe stato molto più semplice continuare a crogiolarsi nell'attendismo. Invece, ha rilevato il capitano, da tre anni si lavora per costruire qualcosa di nuovo. I risultati sembrano convincenti. E manca ancora un anno al Mondiale.
La misura della strada già percorsa l'hanno data le parole spontanee di uno degli sconfitti di domenica al Maracanã. Il messicano Torrado era in campo anche 11 anni fa in Giappone, al Mondiale 2002, unico reduce assieme a Buffon della partita che la Nazionale di Trapattoni riacciuffò nel finale grazie a un gol di Del Piero. Torrado, si è sorpreso dei grandi progressi di mentalità dell'Italia, paragonandola ad allora: adesso controlla sempre il gioco e non aspetta più quello degli altri.
Il cambio di atteggiamento comporta ovvie controindicazioni. La più vistosa è che la Nazionale, squadra contropiedista per definizione, ora subisce fin troppo spesso il contropiede degli altri. L'altra è che sfidare qualunque avversaria con l'obiettivo dichiarato di imporle il proprio gioco, anziché attenderne le mosse, significa correre il rischio di perdere irrimediabilmente il duello, se il livello tecnico dei rivali è superiore.
Ma la strada ormai è tracciata e Prandelli non ha alcuna intenzione di fare marcia indietro. La verifica è imminente: prima il Brasile sabato prossimo, poi forse la Spagna. In altri tempi l'Italia avrebbe scelto di difendersi, contro la Seleçao in trasferta e contro i campioni del mondo e d'Europa in carica. Oggi non ha più paura. Merito degli insostituibili Pirlo e Balotelli. E di una nuova mentalità .
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