
FLASH! – IL DOPPIO GIOCO DI JD VANCE: COME MAI IL VICE DI “KING DONALD” CHE SEMBRAVA SPAZZATO VIA…
1. DDL CONCORRENZA: OK DA CDM, ORA VAGLIO JOBS ACT
(ANSA) - Via libera dal consiglio dei ministri al Ddl sulla concorrenza. La riunione, iniziata alle 12,30, prosegue ora sul Jobs Act.
2. IL GOVERNO STUDIA LA NORMA ANTI-GOOGLE
Valentina Conte per “la Repubblica”
Il governo pensa di introdurre una “link tax” sul modello spagnolo e così indurre gli aggregatori di notizie a pagare un compenso agli editori per ogni indicizzazione di articoli e notizie. La misura potrebbe comparire nel disegno di legge sulla concorrenza che arriverà in Consiglio dei ministri.
renzi sulla webtax anti google
E prevede per gli operatori Internet l’obbligo ad un accordo commerciale con gli editori, pena l’apertura di un contenzioso presso l’AgCom (l’Authority della comunicazione) oppure gestito direttamente dal dipartimento dell’editoria di Palazzo Chigi, prima che la tentata conciliazione si trasferisca in tribunale.
La questione è però spinosa. In Spagna la tassa zoppica. E non solo perché l’equo compenso ancora non è stato fissato. Ma soprattutto perché il re degli aggregatori, Google news (70 edizioni internazionali, 35 lingue) ha chiuso i battenti il giorno dopo la pubblicazione della legge, a metà dicembre, scusandosi con i navigatori con un «siamo incredibilmente tristi di annunciare» la sospensione della famosa rassegna stampa personalizzata, una prima mondiale.
MATTEO RENZI E LA BOMBA A ENRICO LETTA
L’associazione spagnola degli editori ha chiesto al governo di mediare con il colosso americano. Ma al momento gli articoli possono essere recuperati solo passando per il motore di ricerca, non anche dall’aggregatore. «Non sarà una norma anti-Google», precisa chi lavora al dossier a Palazzo Chigi. Gli aggregatori in effetti sono diversi, vedremo quale sarà la soluzione finale.
Il Cdm dovrà spegnere anche altri incendi, accesi dal ddl concorrenza. A partire dalla vendita di farmaci di fascia C che il governo vuole estendere alle parafarmacie («La liberalizzazione dei farmaci non determina abuso di medicinali, lo conferma anche l’Aifa», si sono difese ieri). Fedefarma e la lobby delle farmacie spingono però per lo stralcio delle norme. In fermento pure il settore elettrico, gli editori di libri (salterebbe il tetto massimo di sconto al 15%), le tlc (regole più semplici per cambiare operatore), notai, avvocati, compagnie assicurative.
L’arrivo del decreto legislativo sui giochi (uno dei tanti attuativi della delega fiscale) è invece in bilico. «Noi siamo pronti, ma cerchiamo ancora una verifica preventiva con gli operatori », spiega Pierpaolo Baretta, sottosegretario all’Economia. «In ogni caso, se ci sarà, lo slittamento non andrà oltre qualche giorno, una settimana al massimo». Il decreto alza la misura massima del prelievo erariale unico sulle slot (60%), videolottery (55%), scommesse (20%), sale bingo (42%).
Riduce le macchinette di bar e tabacchi («tra 80 e 100 mila in meno dalle 350 mila esistenti», calcola Baretta), le confina in spazi dedicati poco visibili dall’esterno di almeno sette metri quadri, le vieta ai minorenni. Le 250 mila slot rimanenti saranno poi «trasformate in videolottery di nuova generazione, collegate al sistema centrale, ma con poste limitate nell’importo ». Sale anche la tassa sulla fortuna, il prelievo fiscale sulle vincite alle lotterie, dal 6 all’8%, da definire a partire da quale soglia di vincita (oggi 500 euro).
3. RENZI A LETTA: «NO ALLA WEB TAX» DE BENEDETTI: «SBAGLI»
Carmine Fotina per www.ilsole24ore.com del 18 dicembre 2013
MONICA MONDARDINI E FABIO VACCARONO
«Chiediamo al governo Letta, al presidente del Consiglio di eliminare ogni riferimento alla web tax e porre il tema dopo una riflessione sistematica nel semestre europeo». Dopo il palco dell'assemblea del Pd che lo ha eletto segretario, Matteo Renzi ribadisce su twitter, rafforzandolo, il no alla norma che, nata per combattere il fenomeno dell'elusione fiscale dei big del web, si sta trasformando nell'archetipo di tutte le battaglie sulla libertà della rete. Con tanto di posizioni contrapposte, anche in modo marcato.
Netto, ad esempio, il giudizio di Carlo De Benedetti, presidente del Gruppo editoriale L'Espresso, nell'odierna puntata di Mix 24 di Giovanni Minoli su Radio 24: «Penso che Renzi sulla web tax sia stato mal consigliato. Rinviare il problema e dire "risolviamolo in Europa" mi sembra un po' buttare la palla in tribuna, ecco».
Renzi, preannunciando una nota in merito, aveva ribadito che la web tax è un errore: «C'è il tema della tassazione dei servizi online, è giusto evitare l'elusione delle grandi piattaforme informatiche» ma questo «non lo si risolve con una battaglia di principio che fa l'Italia, con un emendamento alla legge di stabilità».
MATTEO RENZI E CARLO DE BENEDETTI A LA REPUBBLICA DELLE IDEE A firenze
Dal canto suo De Benedetti si dice favorevole alla web tax rilevando che «Google è un'azienda che ha portato molto beneficio e innovazione nell'ambito della navigazione su internet e in genere della conoscenza, ma non vedo per quale ragione debba essere esentata dal pagare le imposte quando ha un'organizzazione stabile in Italia, con la quale realizza fatturati e utili imponenti. Come le paghiamo tutti le imposte – prosegue – non si capisce perché non le paghi Google, piuttosto che Facebook o Amazon». Per De Benedetti non può essere un alibi l'elevato livello di pressione fiscale: «Le tasse sono tante? Ma neppure all'estero pagano le imposte. È una costruzione che non è evasiva, ma è elusiva, legalmente, fiscalmente lecita, ma profondamente ingiusta».
CARLO DE BENEDETTI E MATTEO RENZI A DOGLIANI DA CHI
La partita appare sempre più complicata. Anche il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato si è fatto sentire, ma con una posizione che non sembra riflettere quella di Renzi o dei deputati del Pd, Lorenza Bonaccorsi ed Ernesto Magorno, che hanno dato manforte al neosegretario. «C'è un equivoco: non si tratta di tassare Internet ma di creare situazioni di parità per le nostre imprese. Stesse tasse» ha scritto su twitter Zanonato, che poco prima a Radio 24 aveva comunque ammesso che a fronte di un problema reale la norma lo affronta in modo «un po' grossolano».
Il no alla web tax anche ieri ha dominato le tendenze sui social network. Nuove polemiche sono state accese sul blog di Beppe Grillo e da più parti sono state citate anche altre dirompenti novità sulla legislazione di internet. Ad esempio, la norma del ddl Destinazione Italia che obbligherebbe i motori di ricerca ad accordarsi con gli editori prima di diffondere o anche solo indicizzare contenuti giornalistici. E ancora: i nuovi poteri dell'Authority sul diritto d'autore online e il prospettato aumento dei compensi per le opere digitali.
Qualcuno l'ha perfino battezzata la settimana più nera del web. Il cui culmine, per ironia della sorte, è giunto nel giorno in cui il premier Enrico Letta ha incontrato il consulente del governo per l'Agenda digitale, Francesco Caio, incaricato di stilare un rapporto sullo stato dell'infrastruttura da cui dipende il futuro della banda larga e dei contenuti online nel mercato italiano. «Seguiremo con attenzione i piani di sviluppo delle reti», ha assicurato il premier in un comunicato di Palazzo Chigi.
RENZI E LETTA ALL ASSEMBLEA NAZIONALE PD
4. RENZI ABROGA LA WEB TAX. E BOCCIA CONTRATTACCA
Luciana Maci per http://www.corrierecomunicazioni.it/ del 28 febbraio 2014
Abrogata la web tax. Il Consiglio dei ministri di oggi ha infatti "abrogato la norma della legge di stabilità che prevedeva" la tassa. Durante il Consiglio Matteo Renzi lo aveva preannunciato in un tweet che la web tax era stata rimossa: "se ne riparlerà “in un quadro di normativa europea”, precisava il premier. La prima versione del decreto Salva Roma aveva infatti al suo interno una norma relativa al rinvio dal primo gennaio al primo luglio 2014 della normativa sulla pubblicità online, prevista nella legge di stabilità.
Il primo a commentare l'aborgazione è stato il promotore della norma, Francesco Boccia (Pd), che lo ha sostanzialmente accusato, sempre su Twitter, di aver fatto un favore agli Ott. Rispondendo a una frase di Renzi ("Siamo stati di parola"), Boccia ha twittato "Sì, di parola con gli Ott! #sestaiserenotu". E continua ribadendo che con la webtax lo Stato avrebbe ottenuto nel 2014 137,9 milioni di tasse dal settore pubblicità online contro i 6 milioni del 2013.
In risposta a Gianni Riotta e a Roberto Scano, presidente di Iwa Italy, che, a Consiglio dei ministri in corso, scriveva: “Tra poco sapremo se @matteorenzi ha sospeso, rimosso o mantenuto #webtax”, il premier ha twittato: “@rscano @riotta rimosso. Ne riparleremo in un quadro di normativa europea”.
Nunzia De Girolamo e Francesco Boccia da Panorama
Un'ora e mezzo circa dopo la fine del Cdm, Renzi ha diffuso un ulteriore tweet: "Avevamo detto no #webtax Siamo stati di parola #lavoltabuona". Ma poco dopo è arrivato il "cinguettio" polemico di Boccia rivolto direttamente al presidente del Consiglio: "Sì, di parola con Ott! #staiserenotu 2013 6mln di tasse, 2014 con mia tracciabilità 137,9mln". In pratica il deputato pidiessino ha ricordato i dati emersi dalla relazione tecnica sulla Legge di Stabilità (con cui era stata approvata la web tax). Dati in base ai quali la normativa avrebbe portato nelle casse dello Stato un totale di 137,9 milioni di euro (119,9 milioni di Ires e 18 milioni di Irap), a fronte dei 6 milioni di euro del 2013.
Renata Polverini e Francesco Boccia
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