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Carlo Tecce per "Il Fatto Quotidiano"
La Effe non poteva che essere elegante, ricercata e un po' radical chic. La Feltrinelli ci ha messo il 70 per cento del capitale (nonostante i 130 esuberi), La7 (Telecom, non Cairo) il restante 30 e il gruppo l'Espresso ha fornito le frequenze - canale 50, digitale terrestre - e ha rottamato bene Repubblica Tv.
Esordio con il documentario su Beppe Grillo versione Tsunami e serie danese Borgen, il potere: il primo ministro donna, il partito della libertà , i soliti laburisti e un racconto di una politica incredibile per l'Italia, incluso il sesso ostentato fra il marito (professore) e la demiurga dei moderati che aspira a guidare il paese. Scene salienti. "Non vedo l'ora di fare sesso orale con il primo ministro danese", dice il merito. "Io vado via, prendo una mala", dice il leader di sinistra che non vuole sostenere la colazione.
Anche il raffinato Mildred Pierce è buon prodotto, e non dovrebbero fallire neanche gli speciali su celebrità , affari e cocaina. Roberto Saviano presenterà e commenterà i film su droga e mala, quantomeno dà una mano e un volto - non sempre vincente - che ha un suo valore televisivo.
Ma quello che cattura l'attenzione, però, è quello che di solito l'azzera: la pubblicità . Caratteri enormi e maiuscoli, colori accesi: anni 70, ragazzi, il vintage che si rimpiange. A prima sensazione, La Effe ha le caratteristiche di una televisione elettiva: oddio, nemmeno a La7 ci sono i giochi a premi né le tette in vetrina, ma il linguaggio iconografico non è per nulla commerciale.
Ancora non s'è capito se l'Espresso avrà un impegno maggiore, si parla di denaro ovviamente, ma la famiglia De Benedetti cerca nuovi sbocchi televisivi: possiede numerose frequenze, ma non ha contenuti rilevanti. Repubblica Tv è stata quasi spenta, anche se avrà due finestre d'informazione nel palinsesto de La Effe: soprattutto per vendere il giornale di carta e interagire con il sito.
Gad Lerner, che a La7 non viene più trattato con riguardo, è il presidente del comitato editoriale: all'inventore dell'Infedele non piace la televisione globale - almeno questo si desume guardandolo - ma preferisce la selezione, gli ospiti di un certo tipo, il pubblico di un certo tipo, il gruppo più che la massa, il ritrovo più che il raduno. Può servire, ora che la televisione ha perso il centro di gravità .
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