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VIDEO - SIERRA LEONE REFUGEE ALL STAR
Carlo Moretti per Repubblica
sierra leone refugee all stars
L’avanguardia elettronica ha conquistato il Primavera Sound, una delle principali rassegne musicali europee. Solo al festival rock di Barcellona può accadere che 20 o 30 mila spettatori cantino in coro un brano drumandsoul dell’australiano Chet Faker, o una canzone dai ritmi sintetici degli inglesi Alt-J, o che si lascino andare in un crescendo di entusiasmo da stadio alle suggestioni techno di Jon Hopkins o degli Underworld, quasi tutti artisti che molte altre capitali europee ospiterebbero al massimo in un club da 2 mila persone.
sierra leone refugee all stars
Cresciuto per cultura e numero, il pubblico del Primavera Sound in questa quindicesima edizione ha superato complessivamente i 175 mila spettatori, e non solo dimostra di apprezzare sempre più le novità elettroniche, ma nella sua incessante transumanza tra gli otto palchi non disdegna frequenti tuffi nel passato del rock, come accaduto per gli show dei Ride e di una scatenata Patti Smith, o per le gustose puntate nella musica etnica, variamente declinata.
La missione del Primavera festival è infatti quella di dar voce a tutte le musiche indipendenti, in particolare la grande musica africana rappresentata in questa edizione dall’afro pop del principe Salif Keita con gli Ambassadeurs; dalle invenzioni di Tune Yards e dallo stratosferico afrobeat del batterista Tony Allen. Ma soprattutto da un gruppo di artisti cui la musica ha letteralmente salvato la vita: i Sierra Leone’s Refugee All Stars, rifugiati in Guinea durante la guerra civile in Sierra Leone, autori di canzoni piene di speranza e di una miscela di reggae e soukous che in questo periodo li sta portando in tour in Europa.
La loro è una storia di sopravvivenza e di speranza legate alla musica. Inizia quando si incontrano in un campo delle Nazioni Unite in Guinea, dove il cantante e chitarrista Reuben Koroma si ritrova con la moglie Grace dopo aver attraversato a piedi la Sierra Leone insanguinata dalla guerra civile. Una storia arrivata in 11 anni fino ai palchi più importanti, condivisi con i più grandi nomi della scena internazionale.
«Quando venni arrestato nel 1997 ero un musicista professionista a Freetown, suonavamo in una band chiamata Emperors, concerti per la comunità diplomatica e per i turisti nei locali intorno all’aeroporto internazionale » ci racconta Koroma «Mi presero i soldati dell’esercito governativo dopo che avevano riconquistato l’aeroporto sottraendolo ai ribelli del Fronte rivoluzionario». Per Reuben Koroma fu come cadere dalla padella alla brace: era sfuggito ai tagliabraccia guidati da Foday Sankoh, l’ex ufficiale diventato leader di una rivolta segnata da violenze, stupri e amputazioni, ma ora rischiava la vita per le torture in carcere.
«Mi salvò la testimonianza di un diplomatico che conosceva la mia attività di musicista, e appena scarcerato fuggii verso la Guinea con mia moglie». Nel campo di Kalia, al confine con la Sierra Leone, Reuben incontra Francis John Langba, alias Franco, un chitarrista molto noto nel suo paese: «Era un vecchio e apprezzato musicista e io da ragazzo sognavo di diventare come lui. E’ importante che formiamo una band nel campo, gli dissi, le persone qui hanno perso speranza, se davvero riusciremo a intrattenerle, potremo alleviare la loro sofferenza e anche la nostra. La musica può curare».
sierra leone refugee all stars
Un’agenzia canadese di aiuti ai rifugiati dona due chitarre e un microfono, un sound system essenziale, la sofferenza si placa nella musica, la vita del campo ispira i testi delle canzoni: nasce così il primo album Living like a refugee del 2006, le cui registrazioni vengono raccontate in un documentario prodotto da Ice Cube e intitolato con il nome del gruppo. Grazie a quel film, per i Sierra Leone’s Refugee All Stars si aprono le porte in America e nel resto del mondo. Hanno appena pubblicato il loro quarto album, Libation.
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