DAGOREPORT – DANIELA SANTANCHÈ NON È GENNARO SANGIULIANO, UN GIORNALISTA PRESTATO ALLA POLITICA…
Mirella Serri per la Stampa - Estratti
«Forsan et haec olim meminisse iuvabit»: di fronte a una platea di giovani imprenditori che la lingua di Virgilio non la mastica per niente, Mark Zuckerberg discetta in latino. Proprio così: per esortare i giovani a non perdere la fiducia neanche nei momenti più drammatici, il creatore di Facebook va a scomodare un verso del primo libro dell'Eneide. Zuckerberg considera l'impero di Facebook una sorta di riedizione dell'impero romano attualmente però in grado di raggiungere quasi tre miliardi di cives.
Per via della sua passione per la romanità ha dato alle figlie nomi altamente simbolici: Maxima, August, Aurelia. L'attrazione fatale per l'Urbe, Zuckerberg la condivide con Elon Musk che si è proclamato «imperator of Mars» e che, di recente, tra il serio e il faceto ha pensato di sfidare lo stesso Zuckerberg nell'agone del Colosseo.
Nell'elenco degli appassionati delle vestigia romane c'è pure Bill Gates, che ammira l'imperatore Claudio e che, dopo la pandemia, ha suggerito di creare una task force mondiale sul modello suggerito dal pater patriae Augusto il quale diede vita al corpo dei pompieri dopo che Roma fu distrutta da incendi devastanti.
Questa civiltà, che dovrebbe aver esaurito quasi sedici secoli fa il suo potenziale di influenza e di suggestione, è oggi più che mai operante tra noi e continua a condizionarci non solo nel linguaggio ma anche nell'arte, nel business e nella comunicazione. Ora, nel suo ultimo suggestivo excursus storico, Quando eravamo i padroni del mondo. Roma: l'impero infinito (HarperCollins), Aldo Cazzullo ripercorre con dovizia di aneddoti quanto questa fondamentale eredità ci condizioni ancora.
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I romani ignoravano il concetto di razzismo: si diventava cittadini indipendentemente dal luogo in cui si era nati, dal colore della pelle, dal dio in cui si credeva. «Al limite prendevano un po' in giro i Goti perché erano troppo alti e troppo biondi», spiega il saggista. Roma non fu mai una democrazia in senso moderno. La politica escludeva le donne. Ma rispetto ad altre civiltà antiche, compresa quella greca, le romane godevano di maggiore libertà, non erano relegate in casa, frequentavano le arene e le terme, cenavano con gli uomini. Inoltre, le mogli non prendevano il nome del marito e potevano possedere, comprare, vendere; avevano i diritti che alle nostre nonne furono riconosciuti circa cent'anni fa.
La civiltà romana è stata antesignana della nostra modernità anche dal punto di vista degli usi e dei costumi sessuali. Vi si celebravano i matrimoni omosessuali, come quello dell'imperatore Nerone che si sposò due volte, sempre con uomini. Giulio Cesare era bisessuale. I suoi soldati facevano dell'ironia: «Ha sottomesso i Galli, ma Nicomede, re di Bitinia, ha sottomesso lui».
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