verdone un sacco bello

“QUEL PERIODO NON TORNERA’ PIU’: QUANTA POESIA C’ERA IN QUELLA ROMA LI’” – VERDONE CELEBRA I 40 ANNI DI ‘UN SACCO BELLO’ E RICORDA CHE IL FILM NON SI SAREBBE FATTO SENZA L’INTERVENTO DI SERGIO LEONE: “DEVO TUTTO A LUI” – “UN GRAN BEL FILM, MOLTO POETICO. ALL’EPOCA ROMA AVEVA UNA GRANDE ANIMA. LA CITTA’ D’ESTATE AVEVA MOLTO FASCINO, CHE BEI RICORDI” – IL GIGANTESCO MARIA BREGA – VIDEO

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UN SACCO BELLO COMPIE 40 ANNI - IL MESSAGGIO DI CARLO VERDONE SU FACEBOOK

 

Filippo Mazzarella per corriere.it

 

verdone

Un sacco bello, fortunatissimo esordio di Carlo Verdone (il titolo mutuava uno dei “tormentoni” verbali già resi celebri dai suoi sketch televisivi), celebra in questi giorni i suoi primi quarant’anni ma non ha perso un grammo della sua vis comica e, anzi, ha acquisito con il passare del tempo anche uno status di film-manifesto che all’epoca era più difficile individuare.

 

verdone leone

Ambientato in una Roma ferragostana sinistramente spopolata e assolata, è costituito da tre episodi intrecciati fra loro in cui Verdone (che interpreta -pirandellianamente?- ben sei personaggi: i tre protagonisti più tre comprimari) è mattatore assoluto e riflette malinconicamente in filigrana, facendo sua la tradizione della miglior commedia all’italiana, sull’Italia coeva, sulle debolezze e le insicurezze dei “giovani” di quel tempo, sui riverberi e la tensione ancora palpabile del piombo degli anni Settanta. Una dichiarazione di intenti e di profondità di osservazione poi (quasi) sempre rispettata nel corso di una carriera cinematografica che lo ha visto impegnato come regista per altri ventisette film (contando anche l’imminente Si vive una volta sola, in uscita tra un mese).

 

mario brega 15

Nell’imminenza del Ferragosto, il trentenne immaturo Enzo (armato di penne a sfera e calze di nylon, l’armamentario tradizionale per far capitolare le donne dell’Est come da sciagurato luogo comune del ventennio precedente) convince l’amico Sergio a partire per Cracovia col miraggio di avventure sessuali.

 

E quando quest’ultimo verrà ricoverato in ospedale per una fulminante calcolosi biliare non si darà per vinto, cercando un rimpiazzo con cui completare l’impresa. L’ingenuo mammone trasteverino Leo, invece, dovrebbe raggiungere la genitrice a Ladispoli: ma si imbatte nella solare Marisol, una turista spagnola rimasta senza alloggio, che dopo averlo convinto ad accompagnarla per Roma riesce a farsi ospitare a casa sua. Ma quando crede che fra loro possa esserci del tenero, il fidanzato della ragazza fa improvvisamente irruzione.

mario brega 2

 

L’hippie fuori tempo massimo Ruggero, infine, che si è ritirato in una comunità umbra dove ancora si professano l”amore libero” e il distacco dalla società dei consumi, incontra il padre a un incrocio dove sta elemosinando con la fidanzata Fiorenza. E quest’ultimo ne approfitta, spalleggiato da un prete, un professore e un parente, per cercare di convincere il ragazzo a tornare nei ranghi. Le vicende di tutti si concluderanno amaramente, dopo che un sinistro e inspiegabile boato (triste presagio del 2 agosto bolognese di quell’anno?) avrà squassato nella notte la Capitale.

 

La chiamata di Sergio Leone

verdone

Dopo la straordinaria popolarità conquistata con il suo variegato mondo di personaggi problematici, buffi e/o paranoici esibito nella seminale trasmissione televisiva di cabaret Non Stop (Raiuno, 1977-1979) diretta dal compianto e geniale Enzo Trapani, Verdone viene tempestato di richieste da produttori, registi e attori che ne intravedono il potenziale su grande schermo e vorrebbero farlo debuttare al cinema: Adriano Celentano lo vorrebbe per un ruolo in Asso, Pasquale Festa Campanile gli fa un provino (stando alla leggenda disastroso) per Il corpo della ragassa.

carlo verdone a oxford 8

 

Ma Carlo non si sente pronto: ed è solo quando riceve la telefonata del maestro Sergio Leone, che si offre di produrre il suo esordio, che la situazione si sblocca. Grazie ai due principi della sceneggiatura che lo affiancano (Leo Benvenuti e Piero De Bernardi), Un sacco bello prende forma: e diventa un’opera già personale, in grado di andare oltre la mera riproposizione delle tipologie televisive. Tanto che, sempre su consiglio di Leone, dopo aver interpellato prima Steno e poi Lina Wertmüller, l’unico possibile regista del film diventa Verdone stesso.

 

Tour de force

VERDONE UN SACCO BELLO

Imperniato soprattutto sulla sua capacità trasformistica (anche se la lunga sequenza in cui incarna Ruggero e i suoi tre “dissuasori” è paradossalmente la più debole del film) più che sulla narrazione in senso stretto, Un sacco bello si rivela da subito un tour de force attoriale incredibile per Verdone (premiato per questo motivo con un David di Donatello speciale), soprattutto per quanto concerne l’armonizzazione “interna” di caratteri e tipologie diversissimi chiamati a reggere un tempo di racconto più lungo e complesso rispetto agli standard del piccolo schermo.

 

Anche perché fino ad allora (ma anche dopo…), se si eccettuano i paragoni “esotici” con la poliedricità di Peter Sellers, nessuno nel cinema italiano (e men che meno un esordiente) si era mai giocato una carta simile. Un possibile punto di riferimento, infatti, poteva essere la mattatorialità polimorfa di Gassman e Tognazzi in I mostri di Dino Risi: ma, a differenza di Un sacco bello, quello era un film a episodi in senso “classico”, dove ogni metamorfosi costituiva elemento a sé. In questa logica, il peso dei comprimari (poi sempre centrale nel cinema di Verdone) è quasi inesistente. Anche se il Sergio di Renato Scarpa e il papà del magnifico Mario Brega non si dimenticano.

 

Il Senso del tragico

UN SACCO BELLO VERDONE

Se la superficie di Un sacco bello onorava le aspettative “pop” del pubblico pantografando ed espandendo le peculiarità che avevano decretato il successo televisivo del “personaggio” Verdone, l’anima del film andava già a svelare e anticipare il doppiofondo tragico e malinconico di tutti i suoi lavori successivi da “autore”. Come negare che, a conti fatti, asciugata delle sue qualità di divertimento più epidermiche, l’opera prima di Verdone non fosse -anche- lo spaccato al fondo doloroso di una società di individui spaesati e incapaci di affrontare la solitudine, le istituzioni e finanche il reale? Il cinema di Verdone, è sempre stato, tra le altre cose, in equilibrio fra tragico e “politico”: Un sacco bello ne è stato il detonatore, poi replicato nel non meno riuscito e amato Bianco Rosso e Verdone (ancora “tripartito” e ancora attraversato da inquietudini parallele sul presente – come l’avanzare del crollo dell’ideologia comunista sostenuta ciecamente dall’indimenticabile “Sora” Lella Fabrizi). Il resto, come si dice, è storia.

 

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