DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
1. ECO ALL’ATTACCO: “SUI SOCIAL NETWORK LEGIONI DI IMBECILLI” - “UN TEMPO PARLAVANO AL BAR, DOPO UN BICCHIERINO”
Elena Lisa per “la Stampa”
Umberto Eco parla di tutto, ma è categorico su un punto: non di comunicazione. «È come andare da un teologo e chiedergli cosa pensi di Dio» sostiene con una forza che non corrisponde allo stereotipo su chiunque della stessa età.
Scarpe comode, jeans e cravatta, stile casual sotto la toga - indossata, ieri a Torino, per la cerimonia di conferimento della Laurea Honoris Causa in «comunicazione e media» - lo scrittore, pensatore, saggista, filosofo, semiologo, 84enne uomo di cultura tradotto in tutto il mondo spiega volentieri, piuttosto, cosa pensa dei mezzi con cui la comunicazione oggi si misura: internet e social network. Un giudizio secco, duro. Motivato da esempi mai banali. Internet? Un cucina dove si confezionano bufale. «È il luogo in cui nascono le più assurde teorie complottistiche: dalle accuse sui gesuiti sospettati di aver affondato il Titanic e ucciso Kennedy. Alla costruzione di coincidenze numeriche sull’attentato delle Torri Gemelle».
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Facebook e twitter? Uno sfogatoio. «Prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, e di solito venivano messi a tacere. Ora chi scrive ha lo stesso diritto di parola di un premio Nobel. Ma è normale: capita in tutte le comunità numerose. Nei gruppi con più di cinquanta persone quelli che si espongono di più sono sempre gli imbecilli».
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Umberto Eco ha appena concluso la suo lectio magistralis. Un lavoro curato, divertente. Mai approssimativo. Al centro la sindrome del complotto. Una patologia analizzata da Popper a più riprese. Una sorta di ispiratore. L’incontro è alla Cavallerizza, la residenza storica in cui l’Università ha organizzato la cerimonia di conferimento della laurea. Per Eco è la numero 41. «Ma questa la ricevo volentieri - ammette - mi sono laureato a Torino in filosofia nel ’54. Meglio una seconda laurea, qui. Le università sono di due tipi: ci sono quelle che danno prestigio alle persone a cui viene fatto il conferimento. E quelle smandrappate che invece vorrebbero acquistare prestigio da chi scelgono per il conferimento».
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Non c’è un Eco migliore della giornata. È rilassato quando incontra i vecchi amici di liceo venuti apposta da Alessandria. Con Mario e Bice Garavelli, Giancarlo Coscia e Giorgio Agati ricorda la sua passione per il disegno. Così rilassato da lasciare che gli ex compagni si appartino con i giornalisti per raccontare aneddoti. «Disegnava, è vero - dicono - ma durante le lezioni».
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Al gruppo svela di essere appena stato mandato a stendere da uno dei loro amici. E poi ride. Nell’aula magna durante la declamazione è autorevole. Preciso. Oltre un’ora di lettura. Con chi lo rincorre è gentile ma rigoroso. Domanda: «Come ci difendiamo dagli incantatori di folle della politica?».
La sua risposta: «Ci sono avvocati di ottima oratoria che riescono a salvare criminali e mafiosi. Il problema non è il saper parlare. Bisogna sapersi difendere anche da loro?». Pausa. Poi lo sbotto agitando il bastone: «E non fatemi domande sulla comunicazione che così mi fate arrabbiare!»
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2. ECO SCANDALIZZATO: NEI SOCIAL, GLI IDIOTI HANNO DIRITTO DI PAROLA COME UN NOBEL
Alessandro Gnocchi per “il Giornale”
Umberto Eco ieri ha ricevuto una laurea honoris causa all'università di Torino in Comunicazione e Cultura dei media. La lectio magistralis, diffusa a stralci dalle agenzie di stampa, si presenta come un classico al quale tutti gli antropologi dovranno fare riferimento in futuro per capire quali danni possa produrre la convinzione della propria superiorità morale e intellettuale, un atteggiamento tipico della sinistra sul finire del XX secolo, con strascichi penosi anche nel XXI.
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Ecco le parole dell'autore de Il nome della Rosa: «I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Di solito venivano subito messi a tacere, ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel».
Lo stesso diritto di parola? A un tipo qualsiasi e a un Nobel o aspirante tale? Che scandalo. Sarebbe una testimonianza già abbastanza eloquente ma Eco prosegue: «La tv aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità».
Perché mai «portatore di verità»? Non si sa, di preciso. Nessuno infatti pensa di trovare in Rete qualcosa di molto diverso dalla realtà, ovvero un caotico insieme di solenni sciocchezze e riflessioni interessanti, di patacche devastanti e documentati dossier. Si trova di tutto.
Pensate che Corrado Augias, collega di Eco a Repubblica, dice di aver trovato in Rete persino il finale del suo (?) saggio Disputa su Dio e dintorni, senza accorgersi di aver affidato la propria solenne dichiarazione d'ateismo a una pagina copiata da La creazione, opera del più grande biologo vivente, Edward O. Wilson.
A proposito, Eco ha invitato i giornali «a filtrare con équipe di specialisti le informazioni di internet perché nessuno è in grado di capire oggi se un sito sia attendibile o meno». Un invito, immaginiamo, rivolto soprattutto a se stesso, visto che in Rete ha tenuto banco l'ipotesi piuttosto fondata che alcune parti del suo recente romanzo Numero zero debbano qualcosa (o forse più di qualcosa) a Wikipedia, l'enciclopedia on line. Vedi che brutti scherzi tirano le legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar e ora fanno le pulci sul Web ai libri di Eco?
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