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Marco Giusti per Dagospia
"Godard ha detto che lei è un poveraccio. Cosa le risponde?". "Me lo venisse a dire in faccia". Quentin Tarantino è scatenato a Cannes. Torna sul luogo del delitto a 20 anni dalla presentazione proprio qui del suo capolavoro, "Pulp Fiction", che festeggia in un mega rave party sulla spiaggia con una stupenda Uma Thurman e un John Travolta che piange di commozione, e a 50 anni dall'uscita di "Per un pugno di dollari" di Sergio Leone, che verrà presentato stasera alla sua presenza in versione restaurata subito dopo le premiazioni.
Balla assieme a Uma sul tappeto rosso, firma centinaia di autografi, risponde anche alle domande più idiote dei critici ultra-nerd che da vent'anni gli chiedono le stesse cose. "Con questa voce, potresti essere un grandissimo attore", fa a un critico indiano paffuto dall'assurda voce chioccia.
Una tizia gli chiede se aderisce alla causa pro-serba. Più serio quando si tratta di Leone e di cinema che ama. "Cosa significano per lei i 50 anni di â'Per un pugno di dollari'' di Sergio Leone". "Significano molto, molto di più dei 50 anni della nascita degli spaghetti western. Per me, i 50 anni di Per un pugno di dollari non significano solo la nascita degli spaghetti western, ma la nascita del cinema d'azione come lo abbiamo conosciuto da quel momento in poi".
"Pensiamo solo a come è usata la musica, che non è più nello sfondo, ma viene in primo piano. Ancora più importante, il film è montato sulla musica, una cosa che non era mai stata fatta a parte pochi casi, come Unfaithfully Yours di Preston Sturges. Ma la cosa più importante è che quello che noi tutti associamo come cinema in movimento, come genere, come azione, è nato il giorno che è uscito Per un pugno di dollari". "E una volta che il genio è uscito dalla bottiglia, non ci sarebbe mai più rientrato".
Quentin riconosce in Leone il padre indiscusso del cinema moderno, qualcosa che arriva anche ai video musicali.
Quando gli chiedono cosa pensa del cinema girato e proiettato in digitale è duro come ci si poteva aspettare. "La proiezione digitale e il DCP è la morte del cinema come lo conosco io. Non è tanto un problema se tu giri il tuo film in digitale o no. Il fatto che la maggior parte dei film adesso non siano presentati in 35 mm significa che abbiamo perso la guerra. La proiezione digitale non è altro che guardare la televisione in pubblico e, apparentemente, tutto il mondo è d'accordo su questa cosa, ma quello che io conoscevo come cinema è morto".
Non c'è speranza, insomma. Forse solo nel futuro, dice Quentin. "Mentre questa generazione è completamente senza speranza, spero che la prossima generazione voglia davvero il cinema reale, magari fra vent'anni, come gli album dei dischi che lentamente ritornano. Spero davvero che le future generazioni siano più intelligenti di questa e capiscano cosa hanno perduto".
Riguardo alla sua collezione privati di film in pellicola racconta: "Non ho mai contato quante copie ho e non ho mai desiderato mettere la mia ossessione sotto la lente di un microscopio. Ma una terrificante collezione di film in 35 mm e una ancora più grande di 16 mm e le guardo parecchio. Sto sempre a vedere film. Li divoro.
Una delle cose belle della mia vita è che avendo fatto piuttosto bene il mio lavoro nel cinema, adesso posso fare quasi la vita di un accademico. E la sensazione è che sto studiando per la mia laurea in storia del cinema di tutto il mondo e solo il giorno che morirò mi sarà davvero laureato. Io mi butto a capofitto nello studio di registi che non conosco abbastanza, come Dorothy Arzner o decido di riscoprire George Roy Hill o un genere di cinema o il cinema di un paese.
Allora vado in esplorazione. Divoro questi film e annoto delle cose su di loro, forse per un libro futuro o uno studio futuro o forse solo per mia cultura personale. Porto questo studio alla sua logica conclusione, alla sua fine, e poi metto queste note da parte e la mia testa è riempita di nuove conoscenze e posso aspettare per avere qualche altro interesse.
Ora che tutto è diventato digitale, per me vedere questi film in pellicola a casa mia, guardarli a 24 frame al secondo, è una gioia che non sarei mai stato in grado di assaporare se la mia situazione non me lo avesse permesso."
Detto questo, e detto che vuole presentare la versione di "Django Unchained" più lunga di 90 minuti, come fosse un film di quattro ore per la tv, non si sa bene cosa ne farà di "Tha Hateful Eight", anche se ora si è dato una calmata. Ma ha parlato per un'ora di fila ininterrottamente.
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