IL CINEMA DEI GIUSTI - ALLORA, NEL 2008, I NOSTRI DISTRATTI CRITICI NON SI ACCORSERO DI NULLA, NON SAPEVANO CHI FOSSE IL REGISTA E COSA AVESSE FATTO STEVE MCQUEEN, SALVO LANCIARSI IN STUPIDE BATTUTE SUL NOME DEL REGISTA ("MA NON E' MORTO?" "E' IL FIGLIO?"). DEL RESTO, ACCADDE LA STESSA COSA CON "SHAME" A VENEZIA, E L'UNICA COSA CHE NOTARONO FU IL PISELLO DI FASSBENDER - "HUNGER" E' UN CAPOLAVORO PERCHE' SI INVENTA UN NUOVO LINGUAGGIO CINEMATOGRAFICO….

Marco Giusti per Dagospia

Pochi scherzi. "Hunger", opera prima di Steve McQueen, il regista di "Shame", arrivato solo ora in Italia dopo aver vinto a Cannes nel 2008 il premio come miglior opera prima, e' un capolavoro di cinema politico e di cinema d'arte. Ma anche un capolavoro come cinema cinema, perche' Steve McQueen si inventa un nuovo linguaggio cinematografico che sviluppera' poi in "Shame" e costruisce con Michael Fassbender una specie di sodalizio artistico che esplodera' nel panorama asfittico dei festival internazionali e diventera' poi un vero "corpo" cinematografico lanciando in tutto il mondo il suo protagonista come una star di prima grandezza.

Allora, nel 2008, i nostri distratti critici non si accorsero di nulla, non sapevano chi fosse e cosa avesse fatto Steve McQueen, salvo lanciarsi in stupide battute sul nome del regista ("ma non e' morto?" "E' il figlio?"). Non ricordavano nulla della tragica storia di Bobby Sands, martire irlandese, morto per uno sciopero della fame (hunger) nel 1981, e non presero sul serio il film.

Del resto, accadde la stessa cosa con "Shame" a Venezia, e l'unica cosa che notarono fu il pisello di Fassbender. Nel frattempo, Fassbender e' diventato un divo e McQueen e' considerato uno dei registi, oltre che degli artisti, più' importanti del mondo. "Hunger" deve molto alla ricerca artistica di McQueen, soprattutto nella prima parte, quella quasi muta, legata alla rivolta delle feci, con Bobby Sands che dipinge di escrementi la sua cella.

Ma nella seconda parte, un dialogo lungo 20 minuti tra Sands e il prete irlandese che gli chiede i perche' della sua rivolta e della sua idea di lasciarsi morire di fame, McQueen sperimentata la tecnica che vedremo in "Shame", molto teatrale, di piano sequenza recitato su un testo esterno, in questo caso di Enda Walsh, con un attore altrettanto esterno alla storia, qui Rory Mullen che fa il prete.

Confrontatela con la scena del ristorante di "Shame" tra Fassbender e la ragazza "normale". La costruzione e il ruolo centrale e' identico. Nella terza parte del film assistiamo al martirio della carne di Bobby Sands fino alla morte. Anche qui le somiglianze con l'ultima parte di "Shame", che molti hanno letto come mistico-cattolica, e' evidente.

Al di la' di certe sciocchezze sgarbistiche che si sono lette, dove McQueen e' accusato di fare del cinema museificato e quindi più "pericolasamente fabbricato di Transformers 3", McQueen e' uno dei pochi registi degli ultimi anni a essersi costruiti un linguaggio e di portarlo avanti coraggiosamente su temi politici o comunque importanti.

Il fatto che questo arrivi dai ragazzi arrivati al cinema dall'arte, come McQueen o come Christopher Nolan o Douglas Gordon e non dalla ormai appassita cinefilia anni ‘60, ormai incapace anche di produrre critici, non puo' che dare noia ai finti esteti del cinema, che vivono ormai una fase degradata e degradante di quello che un tempo sembrava la strada maestra. "Hunger" e "Shame" dimostrano quanto il cinema possa essere vivo e quanto ancora si possa fare.

 

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