CIAK! RAI FOR CINECITTÀ - NEGLI STORICI STUDI CINEMATOGRAFICI I PROGRAMMI DELLA TV PUBBLICA? – IL FUTURO DI CINECITTA’, IN MANO A LUIGI ABETE, RESTA IN BILICO - ETTORE SCOLA: ‘SEMBRA DI ESSERE A POMPEI’

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Franco Montini per "la Repubblica"

Si apre uno spiraglio sul tormentato futuro di Cinecittà. E lo spiraglio si chiama Rai. La tv di Stato potrebbe infatti essere il nuovo partner di Cinecittà Studios, la società privata che fa capo a Luigi Abete e che dal 1998 gestisce gli storici stabilimenti cinematografici della capitale.

L'ingresso della Rai a Cinecittà, sostenuto dal Mibact e da Cinecittà-Luce, la società che è proprietaria dei prestigiosi capannoni, sarebbe confermato anche da una necessità: la Rai cerca studi di registrazione perché per parecchi mesi, dovrà rinunciare agli spazi della Dear (acquistati anni fa dalla famiglia Haggiag), dove oggi vengono realizzati i più importanti programmi. Invece che pensare a un semplice affitto, in viale Mazzini stanno, appunto, valutando di partecipare direttamente alla gestione degli stabilimenti di Cinecittà.

Il progetto "Rai a Cinecittà" è visto positivamente perché produrrebbe una rapida crescita del fatturato degli studi, invertendo la tendenza alla delocalizzazione delle produzioni e garantirebbe la salvaguardia della "mission" storica degli stabilimenti, che proprio di recente il neoministro del Mibact Dario Franceschini ha assicurato di voler garantire.

Al momento, infatti, la situazione di Cinecittà continua ad essere preoccupante: progressiva contrazione dei ricavi; bilancio in perdita; morosità di Cinecittà Studios nel pagamento dell'affitto alla proprietà degli stabilimenti; rapporti perennemente conflittuali con i dipendenti. «Alla fine del 2012 denuncia Manuela Calandrini, rappresentante del RSU di Cinecittà Studios - avevamo accettato di sottoscrivere un contratto di solidarietà con una decurtazione dello stipendio del 40%, in cambio dell'assicurazione di un investimento di 7 milioni di euro da destinare alla modernizzazione del sito, al fine di renderlo nuovamente competitivo.

I contratti sono scattati, gli investimenti non si sono visti. La cessione del ramo d'azienda dello stabilimento di sviluppo e stampa alla Deluxe, decisa da Abete, che avrebbe dovuto attrarre fatturato, ha prodotto solo licenziamenti; la mancanza di una politica dei prezzi ha allontanato da Cinecittà le produzioni nazionali. Ci sentiamo presi in giro».

Alle proteste dei lavoratori si sono aggiunte di recente quelle degli autori di cinema, a cominciare da Ettore Scola, uno dei pochi registi che continua a girare i suoi film nei gloriosi teatri di via Tuscolana.

«Lo scorso anno per Che strano chiamarsi Federico - racconta ho avuto accanto maestranze preparate ed entusiaste, ho lavorato all'interno di una struttura di grande qualità, il Teatro 5, ma tutto attorno suscitava malinconia. Mura crollate, rifiuti, asfalto dei viali completamente distrutto dalle radici dei pini: sembrava di essere a Pompei. Inevitabilmente emerge il sospetto che il disinteresse nei confronti della struttura sia voluto per favorire future operazioni di speculazione edilizia, come il ventilato progetto di costruzione di un albergo».

«Non è così- replica Giorgio Sotira, vicepresidente di Cinecittà Studios- C'è un progetto di creare uno spazio per ospitare troupe straniere, ma sorgerà in un'area dismessa e non compromette il funzionamento degli studios. Il fatto è che Cinecittà è stata creata per ospitare produzioni ad alto budget, ma per far sì che i grandi film tornino da noi bisognerebbe consentire, innanzitutto, alle produzioni di poter usufruire
del tax credit (compensa i debiti fiscali con l'investimento) senza fissare il tetto in 5 milioni. In altri paesi questi limiti non ci sono ed è logico che i produttori vadano dove risparmiano».

 

Protesta per Cinecitta CASA DEL GRANDE FRATELLO A CINECITTAcinecitta-occupata1PROTESTA PER CINECITTA Dario Franceschini e Michela De Biase