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RAZZISMO E INTEGRAZIONE – DAGO: “LA SOLA COSA CHE NOI TUTTI ABBIAMO IN COMUNE SONO LE NOSTRE DIFFERENZE. NESSUNO MAI PUÒ ESSERE LIBERO SE COSTRETTO AD ESSERE SIMILE AGLI ALTRI, VERSO COLORO CHE VIVONO, APPUNTO, UN'ALTRA CULTURA - RICONOSCERE LA DIVERSITÀ NON È RAZZISMO (CHE DEDUCE DALLA DIVERSITÀ DEGLI ALTRI UOMINI (NERI, ROSSI, GIALLI) LA DIVERSITÀ DEI DIRITTI. L’INTEGRAZIONE È SAPER STARE CON LA DIFFERENZA SENZA VOLER ELIMINARE LA DIFFERENZA. E ''AVVERRÀ - MOTTEGGIAVA DINO RISI - ‘QUANDO SI POTRÀ DARE DELLO STRONZO A UN NEGRO”
Roberto D’Agostino per Vanity Fair
pietrangelo buttafuoco e roberto d agostino (7)
Diciamocelo francamente: questa famosa integrazione ce l'ha ordinata il dottore?. “Non sono italiana, sono napoletana! È un'altra cosa!”, diceva Sophia Loren. Ha ragione, la pizzaiola: un linguaggio diverso è una diversa visione della vita. La sola cosa che noi tutti abbiamo in comune sono le nostre differenze. Nessuno mai può essere libero se costretto ad essere simile agli altri, verso coloro che vivono, appunto, un'altra cultura. Riconoscere la diversità non è razzismo. È un dovere che abbiamo tutti. Il razzismo però deduce dalla diversità degli altri uomini (neri, rossi, gialli canarino) la diversità dei diritti. L’integrazione è saper stare con la differenza senza voler eliminare la differenza. E avverrà - motteggiava Dino Risi – ‘’quando si potrà dare dello stronzo a un negro”.
Siamo sei miliardi di individui che vivono in decine di culture, religioni e lingue diverse, con migliaia di interessi, scopi, desideri e bisogni diversi. Questa società planetaria fa perdere la bussola all'italiano medio che diventa ogni giorno un po' più Matteo lo Squartatore. Credo nell’integrazione. Io sono libero dai pregiudizi. Ma gli uomini calvi dovrebbero sposare donne calve. Ecco un tipo per bene, anzi: un tipo perBenito.
Non esistano le razze, ma i razzisti. Il razzismo è ciò che trasforma le differenze in disuguaglianze. Gran brutta malattia. Più che altro strana: colpisce i bianchi, ma fa fuori i neri. Siamo sempre l’ebreo di qualcuno, lo straniero di qualcun altro, il meridionale del vicino di casa. Chissà quanti padri romanisti piangono perché hanno un figlio laziale. Ecco, questo è il momento in cui finisce il giorno e comincia la notte.
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