troisi pensavo fosse amore

RICOMINCIO DA TROISI - ANNA PAVIGNANO, COMPAGNA DI VITA E DI LAVORO DI MASSIMO TROISI, RICORDA L'ATTORE: "ERA GELOSO, LA BATTUTA DI "RICOMINCIO DA TRE" 'SONO CRESCIUTO CON QUESTA MENTALITÀ, L’ONORE, LE CORNA, NON ME NE POSSO STACCARE' ERA QUALCOSA DI CUI AVEVAMO PARLATO" - "LA MALATTIA? NON HA MAI FATTO UNA VITA DA MALATO, E NON AVREBBE COMUNQUE VOLUTO. SOLO AVEVA BISOGNO DI UN PO’ DI ACCUDIMENTO IN PIÙ. MA QUESTO ERA LEGATO SOPRATTUTTO AL SUO CARATTERE: USAVA SEMPRE IL TAXI, ANCHE PER TRATTI BREVISSIMI, MA LO FACEVA PIÙ PER PIGRIZIA…"

anna pavignano

Estratto dell'articolo di Marina Cappa per “Vanity Fair”

 

Quando Massimo Troisi la vide per la prima volta, Anna indossava una microgonna e un caschetto di nylon rosa. Oggi i capelli sono biondo-grigi, sono passati quasi 50 anni da quel primo incontro. In mezzo, c’è stato il grande amore con Massimo, poi altri mariti e figli. Un lavoro fatto di romanzi e sceneggiature, da Ricomincio da tre a Laggiù qualcuno mi ama, documentario di Mario Martone che sarà presentato al Festival di Berlino, per poi arrivare in sala. […]

anna pavignano massimo troisi

 

Torinese, un po’ femminista, studentessa di psicologia, incontra un napoletano, dieci anni di studi da geometra, cabarettista della Smorfia e forse un poco maschilista…

«Sì, c’erano molte differenze culturali ma anche un tentativo di adeguamento reciproco. Sono stata travolta da tante cose: Napoli, Massimo, la sua famiglia così numerosa, erano sei fratelli, mogli, nipoti. Mi sono innamorata. Lui non pretendeva di essere femminista, ma ha capito al volo che c’era qualcosa da cambiare, è stato facile capirsi. Certo, alcuni tratti maschilisti in lui venivano fuori».

 

anna pavignano massimo troisi

Per esempio, la gelosia?

«“Sono cresciuto con questa mentalità, l’onore, le corna, non me ne posso staccare”: è diventata una battuta di Ricomincio da tre, ma era qualcosa di cui avevamo parlato».

 

[…] Lei pensava al matrimonio, ai figli?

«Al matrimonio con Massimo no. I figli lui non li voleva, aveva un certo timore delle responsabilità e, fino a un certo punto, io ero d’accordo. In seguito, abbiamo avuto desideri diversi, e questo qualche attrito lo ha creato».

 

[…]

Massimo sarebbe stato geloso di Anna al lavoro con un altro?

«Penso di sì. A volte ho qualche rimpianto: mi rendo conto che tante occasioni non le ho sfruttate, per esempio non ho mai provato la regia, non mi sono messa in gioco, forse potevo farlo. Ma allora era giusto così, non volevo espormi in quanto fidanzata, in pubblico stavamo distanti per non farci fotografare insieme. Con lui vivevo la quotidianità dei sentimenti, pensando che così mi stavo formando. Se però fossi la madre della ragazza che ero, oggi le direi: “Fai anche qualcosa di concreto”».

 

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[…] Troisi ebbe una prima operazione al cuore da ragazzo, e la seconda – non riuscita – l’ultimo anno. La malattia quanto era presente in lui?

«Non lo era. C’era una qualche rimozione, quando eravamo insieme non ho mai avuto la preoccupazione che potesse peggiorare. Stava bene, viveva come una persona normale, solo aveva bisogno di un po’ di accudimento in più. Ma questo era legato soprattutto al suo carattere. Esempio: usava sempre il taxi, anche per tratti brevissimi, ma lo faceva più per pigrizia. Giocava a pallone, andava in giro, non ha mai fatto una vita da malato, e non avrebbe comunque voluto».

 

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Lei ha studiato psicologia: qual è la diagnosi su di lui?

«Per uno psichiatra sarebbe un narcisista, come tutti gli artisti. Ma forse meno di altri: un narcisista umile. Aveva voglia di esserci, però aveva una timidezza che era anche modestia, detestava chi diceva di sé di aver fatto cose meravigliose. Era sempre critico, insoddisfatto, cercava continuamente qualcosa di meglio».

 

anna pavignano massimo troisi

Come si lavora e si vive accanto a un narcisista?

«Ai tempi, non sentivo di annullarmi standogli vicino, sono stati anni molto belli. Ora penso che forse mi sarei dovuta imporre di più».

 

C’è un atto d’amore di lui che ricorda?

«Una volta mi venne a prendere alla stazione. Sembra poco? Per la sua pigrizia era tanto. Poi, mi ha scritto poesie molto belle».

 

 

[…] Se fosse vivo, Troisi festeggerebbe i 70 anni?

«Sì, amava le feste, e soprattutto ricevere regali. Io gli ho regalato tanti portapillole, perché andava sempre in giro con queste pastiglie da prendere a orari precisi e regolarmente se ne dimenticava».

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