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GUIDO NICHELI, CUMENDA D'ITALIA
Nino Materi per “il Giornale”
«E anche questo Natale...» è il titolo di un libro-strenna (lo ha scritto Gianluca Cherubini, edito da Bibliotheka) fresco di slitta santaclausiana e abete sbirluccicante. Ma è pure la prima parte di una celebre battuta sparata dall' avvocato Giovanni Covelli (Riccardo Garrone) nel cult-movie del 1983 «Vacanze di Natale» (regia di Carlo Vanzina);
poi ci sono quei fatidici puntini di sospensione che introducono la seconda parte del «concetto», quello - per così dire - più «filosofico»: ... se lo semo levato dalle palle. E scusate l' oltraggio vagamente blasfemo alla festa-simbolo della cristianità. Ma qui si parla di commedia, mica di teologia. Fatto sta che nel successo del film (che si è meritato questo amarcord-book pieno di aneddoti e testimonianze dei protagonisti) c' è anche una fondamentale componente milanese riconducibile a quel notevole caratterista che fu Guido Nicheli (in arte Dogui), il mitico cumenda Donatone Braghetti.
Lui, ormai da tredici anni, il suo Natale lo trascorre organizzando veglioni in paradiso, ma da lassù gli farà certo piacere leggere il ritratto che Cherubini gli ha dedicato, celebrando il 37° anniversario di Vacanze di Natale dove il bauscia meneghino Braghetti è già, a sua insaputa, il prototipo del «Milanese imbruttito». Quella storica pellicola, nata da un' esaltatissimo Aurelio De Laurentis, dette il «la» a una saga infinita che un critico (di manica decisamente larga) ha elevato al rango di «secondo neorealismo».
Nel film il «partito di maggioranza» è di scuola romana (Christian De Sica, Jerry Calà, Stefania Sandrelli, Claudio Amendola) ma l' appoggio di un «esterno» di matrice milanese come Nicheli si rivelerà fondamentale per il boom di incassi, con i cinema del capoluogo lombardo secondi per affluenza di pubblico solo alle sale della Capitale. E non è un caso se, a distanza di 37 anni dall' uscita di Vacanze di Natale, le battute del «maestro di vita» Donatone Braghetti continuano a tener banco, nonostante il banco-bar sia «chiuso» per Covid al pari dei cinema. Ma Milano non dimentica, soprattutto in vista di un Natale orfano di feste, cenoni, baci e abbracci.
Per non parlare di tombole e mercanti in fiera, benché questi giochi non fossero roba per il Dogui, abituato a ben altri azzardi. Di lui, in queste festività contagiate dal virus della malasorte, non restano che perle di saggezza, capaci di illuminare la notte del 25 dicembre come stelle comete sulla Capannina di Forte dei Marmi, più che sulla Capanna di Betlemme: «Cambiare car è una scelta di vita»; «Ivana fai ballare l' occhio sul tik! Via della Spiga, Hotel Cristallo di Cortina: 2 ore, 54 minuti e 27 secondi... Alboreto is nothing»; «Ivana, hai visto l' animale come è andato via scondinzolando?»; «Ma quale cafona?
Sei tu che non sai viaggiare, dai! La regola numero uno quando arrivi in albergo è presentarsi con il personale.
Tu ti spari via un 300.000 e sei nel burro tutta la vacanza... Testa!»; «Vedi... il mio non è un punto di vista, è un teorema, claro!?»; «Hasta la vista! Ah... Ivana... Mi raccomando il panta nell' armadio... Il pantalone bello dritto eh... Hai capito? E un po' di ordine in stanza. See you later...»; «Ma la libidine è qui amore: sole, whisky e sei in pole position!».
Perché si può essere felici anche nel Natale-Covid.
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«Esatto».
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