
DAGOREPORT - COME È RIUSCITO IL FUNERALE DI UN SOVRANO CATTOLICO A CATTURARE DEVOTI E ATEI, LAICI E…
da www.bbc.com
Arkady Bronnikov lavorò al Ministero degli Interni russo tra il 1963 e il 1991. Per 30 anni ha raccolto immagini di tatuaggi dei criminali chiusi in istituti tra Ural e Siberia e ora le pubblica in un libro intitolato "Russian Criminal Tattoo Police Files", che è solo uno della serie "Russian Criminal Tattoo Encyclopedia", un vero e proprio archivio di codici segreti e rituali dei carcerati.
Bronnikov intervistò i carcerati per comprendere il loro linguaggio, per scoprire ad esempio che il tatuaggio del monastero con tante cupole era tipico degli scassinatori. Il numero delle cupole denotava il numero di condanne. Le stelle a otto punte sul petto indicavano un criminale professionista. Lo stesso simbolo, tatuato sulle rotule, indicava anarchia e il non volersi piegare davanti a nessuno.
Tutti i carcerati avevano tatuaggi. Erano un passaporto, una sorta di biografia. Alcuni tatuaggi erano distintivi, solo alcuni potevano portarli in segno di autorità e prestigio. I braccialetti tatuati sul polso indicavano che il detenuto aveva trascorso almeno cinque anni dentro, le croci sulle nocche avevano diversi significati a seconda del dito su cui erano impresse: l'indice era per chi aveva perso i genitori mentre stava in cella, il medio per chi aveva scontato la pena senza parlare, un picche al contrario sull'anulare indicava una condanna per teppismo.
I tatuaggi di santi e angeli, fatti sulla schiena o sul torace, indicavano devozione per lo stato di "ladri", potentissima casta in galera. Le teste di gatto indicavano scaltrezza, mentre la parola "KOT" (gatto in russo) stava per "native prison resident". La nave che salpava era il simbolo di un "criminale nomade", che operava in diverse città , la Madonna con bambino invece poteva essere marchio di lealtà a un clan o significare che il detenuto si trovava dietro le sbarre da quando era piccolo.
I tatuaggi di Lenin e Stalin esprimevano un sentimento patriottico, ma era anche garanzia di sicurezza: alle guardie era vietato sparare alle immagini dei grandi leader.
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