DAGOREPORT - INTASCATO IL TRIONFO SALA, SUL TAVOLO DI MELONI RIMANEVA L’ALTRA PATATA BOLLENTE: IL…
Simona Marchetti per corriere.it
Aprire una prigione dove lei stessa si era rinchiusa, temendo il giudizio delle altre persone. Così Elena Di Cioccio si è sentita quando ha deciso di rivelare al mondo di essere sieropositiva da oltre due decenni. E per farlo ha scelto il palcoscenico de “Le Iene”, ma, soprattutto, il romanzo “Cattivo Sangue”, che è poi diventato “ProPositiva - Comicità virale”, lo spettacolo teatrale che sta portando in tour in giro per l’Italia. Fra una data e l’altra, l’attrice milanese ha fatto tappa nel salotto di Caterina Balivo a “La volta buona” e il suo racconto parte dalla scoperta di avere l’Hiv.
«Ero andata a fare degli esami del sangue di routine e quando ho avuto gli esiti e il mio medico mi ha detto cosa fosse risultato, mi si è gelato il sangue - ha ammesso la Di Cioccio nell’intervista - . Da quel momento è cambiato tutto, sono cambiata io, la mia vita non è stata più la stessa».
La scelta di fare coming out, fregandosene dei pregiudizi altrui e di quello che potesse pensare la gente, è stata sofferta ma, alla fine, si è rivelata la sola cosa giusta da fare per se stessa. «All’inizio mi vergognavo della mia malattia - ha sottolineato non a caso l’artista - . Oggi invece essermi liberata di questo peso è per me un enorme sollievo. Negli ultimi due anni non mi preoccupo più di cosa pensano le altre persone, dei loro pregiudizi. Il coming out è stato proprio questo: aprire la prigione che ti sei costruita, perché hai paura degli altri. Ad un certo punto mi sono detta: “Se mi libero di questo segreto, cosa potrà succedermi?” Voglio vivere i prossimi anni libera, anche se sarò libera nel deserto!».
Come detto, la Di Cioccio aveva rivelato la sua sieropositività durante la puntata de “Le Iene” del 28 marzo dell’anno scorso e quel suo monologo toccante e di grande impatto conquistò tutti. «I primi anni ho negato la malattia con me stessa. Il giorno in cui l'ho saputo, mi sono disintegrata in mille pezzi - erano state le sue parole di quella sera - . Questa roba non mi è arrivata perché me la sono andata a cercare, è arrivata per caso. Negli anni in cui lavoravo a “Le Iene” mi sono sdoppiata in due. Inizialmente, la malattia mi ha fatto pensare che avrei voluto fare tutto quello che sognavo di fare, tra cui fare “Le Iene”.
Ma il fantoccio che mandavo fuori era talmente diverso dalla persona vera, che il danno è diventato maggiore. Quando torni a casa c’è la persona vera che sta male. È diventata una stratificazione del disastro. Adesso ho fatto pace con quel pezzo di me… . Se mi chiedi se sono una sopravvissuta, sono passata attraverso psicologi, psicoterapeuti, guru, sciamani. Oggi prendo una pillola sola. Una al giorno. E non sono più infettiva».
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