ROCCA E I SUOI FARDELLI - LE PERDITE ALLA TECHINT, IL CONTRATTO SFUMATO CON L'ENI, IL CONTENZIOSO FISCALE DAGOANTICIPATO DI TENARIS: TUTTI I GUAI DEL NUMERO UNO DI ASSOLOMBARDA ROCCA. CHE VUOLE SALIRE IN CONFINDUSTRIA...

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Luca Piana e Gloria Riva per ‘L'Espresso'

Concertazione o non concertazione? A Milano, negli uffici della multinazionale Techint, il dibattito scatenato dal premier Matteo Renzi sulla necessità di dire addio alle trattative governo-sindacati-Confindustria sulle scelte economiche, è stato vissuto come una questione caldissima. In dicembre, infatti, il numero uno della Techint, Gianfelice Rocca, aveva presentato un piano lacrime e sangue per rimettere in sesto l'azienda, specializzata nella progettazione e costruzione di impianti industriali e infrastrutture civili.

Erano previste misure choc, con 124 esuberi su 432 dipendenti nella sede di via Monte Rosa, dove c'è il quartier generale di un gruppo che opera in tutto il mondo. Niente concertazione, dunque: una posizione coerente con quella espressa di recente da Rocca - che è anche presidente dell'Assolombarda, la Confindustria milanese - dopo l'uscita di Renzi: «I titoli di testa del governo sono giusti. In questo momento dobbiamo sostenere chi cerca di cambiare il Paese», ha detto l'imprenditore, da molti ritenuto il possibile successore di Giorgio Squinzi alla guida della Confindustria.

Alla Techint, però, le cose sono andate diversamente. Raccontano i sindacati che al tavolo delle trattative il posto di Gianfelice, 66 anni, da sempre impegnato in prima persona nella gestione di Techint, è stato preso quasi subito dal fratello Paolo, 61 anni, meno conosciuto in Italia ma che da Buenos Aires ha sempre svolto il ruolo di punto di riferimento della famiglia nel settore dell'acciaio, un'attività distribuita tra due holding lussemburghesi quotate in Borsa, Ternium e Tenaris, proprietaria quest'ultima dell'impianto per la fabbricazione di tubi di Dalmine, vicino a Bergamo.

«C'è stato un avvicendamento che ci ha sorpreso. La proprietà ha ritirato la procedura di licenziamento, sostituendola con un piano di rilancio che prevede dodici mesi di cassa integrazione straordinaria, processi di ricollocazione interna, part time, formazione», dice Giuseppe Mansolillo, segretario della Fim Cisl di Milano. Non che le cose siano messe benissimo: nelle ultime settimane i dirigenti che hanno lasciato grazie a una procedura di mobilità volontaria, che l'azienda definisce «senza azioni unilaterali» e che prevede la possibilità di essere ricollocati presso partner e fornitori, sarebbero già numerosi.

«Stiamo pagando gli errori del passato. Paolo, però, per fortuna la concertazione ha voluto farla», sostiene Mansolillo, soddisfatto delle promesse di mettere a punto un piano di rilancio che, precisa l'azienda, concentrerà gli sforzi nel settore commerciale degli idrocarburi e, in particolare, degli impianti per la liquefazione del metano.

Non accade spesso di sentir parlare di tensioni di questo genere all'interno di un gruppo solido come quello dei Rocca. Fondata nel 1946 in Argentina dal nonno Agostino, uno dei manager che aveva guidato lo sviluppo della siderurgia pubblica in epoca fascista, la Techint si è via via ingrandita, allargandosi prima in America Latina, poi in Europa, negli Stati Uniti, in Medio Oriente e in Asia. I dipendenti nel mondo sono circa 60 mila, a fronte di un giro d'affari che in base al bilancio consolidato della holding San Faustin - da poco trasferita dalle Antille olandesi al Lussemburgo - è quantificabile nell'esercizio annuale al 30 giugno 2013 in 25,8 miliardi di dollari.

A fronte di questi numeri, il momento difficile delle attività nel settore impiantistico può sembrare un marginale. In un solo anno, tuttavia, la società operativa italiana - la Techint Compagnia Tecnica Internazionale - è passata da un sostanziale pareggio a un rosso di 61,5 milioni di euro, legato dalle perdite accusate in Arabia Saudita, Repubblica Ceca e Francia. Subito dopo la chiusura dell'esercizio, il 2 agosto 2013, un altro colpo: l'Eni - guidata in questi anni da Paolo Scaroni, un manager che si era fatto le ossa proprio alla Techint - ha notificato la sospensione del contratto per la costruzione di uffici e di un villaggio residenziale nei pressi del campo petrolifero di Zubair, in Iraq. Una notizia già di per sé negativa, che si aggiunge a un portafoglio ordini sceso in un anno da 1,03 miliardi a 585 milioni. Ma che, stando ad alcune indiscrezioni, in famiglia sarebbe stata vissuta come l'occasione per dare il via a una sorta di ricambio manageriale.

Con l'assemblea dello scorso 16 ottobre Gianfelice, che nel frattempo aveva assunto l'incarico di guidare l'Assolombarda, ha lasciato il consiglio di amministrazione della Techint Compagnia Tecnica, presieduta dal cugino Enrico Luca Bonatti. È difficile capire se davvero, come ritengono alcuni osservatori, questo disimpegno rappresenta il segno di un inasprimento dei rapporti interni a una famiglia da sempre molto riservata. Oppure se possa riflettere, come sostengono altri, l'accresciuto ruolo nelle strategie familiari di Lodovico Palù Rocca, primogenito di Agostino, il fratello di Gianfelice e Paolo, scomparso qualche anno fa.

Sta di fatto che Gianfelice conserva diverse cariche di grande importanza all'interno della catena di controllo del gruppo. A cominciare dalla presidenza della holding di settore, la Techint Industrial Corporation, nonchè della San Faustin, la capogruppo che, come rivelato dal "Corriere della Sera", conta fra i propri azionisti diverse ricche famiglie della borghesia italiana, la cui partecipazione è celata dal più stretto riserbo.
Se il piano di riorganizzazione di Techint darà i suoi frutti, lo si vedrà solo nei prossimi mesi. Nel frattempo, però, va segnalato che i Rocca hanno potuto incassare una vittoria sul fronte di un mega contenzioso con il Fisco.

La questione riguarda Tenaris: nell'ultimo bilancio, la holding lussemburghese - quotata a Wall Street, Città del Messico, Buenos Aires e Milano - ha infatti reso noto di aver ricevuto dall'Agenzia delle Entrate due notifiche relative alle imposte non versate sui dividendi di una controllata italiana, la prima relativa all'anno 2007, la seconda al 2008. Tra tasse eluse, sanzioni e interessi l'Erario aveva spedito in Lussemburgo un conto complessivo di 528 milioni di euro. Tenaris, però, lo scorso 20 febbraio ha ottenuto un verdetto favorevole da parte della commissione tributaria di Milano sulla più vecchia delle due contestazioni (ridotta da 281 a 9 milioni), che spera ora di veder confermato anche nei successivi gradi di giudizio e nella seconda vertenza.

Una preoccupazione in meno per una famiglia che, peraltro, continua a sedere su un patrimonio immenso. Se la rivista americana Forbes piazza i fratelli Gianfelice e Paolo al 266 esimo posto fra i ricconi del globo, con un patrimonio personale stimato in 5,5 miliardi di dollari, un altro dato lo si può cogliere dal bilancio a giugno 2013 della San Faustin. La quale, in un anno dove i rovesci non sono mancati, ha potuto comunque distribuire ai suoi azionisti un dividendo di 234 milioni di dollari.

 

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