RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Marco Giusti per Dagospia
Sesso, commedia, nudità, droghe, i figli degli oligarchi russi in America, le sex workers. Fu un amore immediato quello tra il pubblico di Cannes, soprattutto il pubblico più giovane di Cannes, e "Anora", scatenata commedia che passa oggi alla Festa del Cinema di Roma, scritta e diretta dallo Sean Baker di "The Florida Project" e di "Red Rocket", ottimo regista ormai cinquantenne in cerca di qualche grande premio Internazionale per decollare, e interpretato da una favolosa Mikey Madison (“C’era una volta a Hollywood”) come Ani o Anora, sex worker newyorchese che incontra e sposa in un folle viaggio a Las Vegas Ivan, Mark Eydelshteyn, il figlio svalvolato di un potente e ricchissimo oligarca russo.
Un amore che coinvolse a tal punto la giuria da far vincere al film proprio la Palma d’Oro, in barba a nomi più altisonanti e a opere più drammatiche. Erano tredici anni, da “The Tree of Life” di Terrence Malick che gli americani non vincevano la Palma d’Oro a Cannes. E subito dopo vinse il People’s Choice Award a Toronto. Per Sean Baker, bravo regista che non era però riuscito a fare un vero salto di carriera, “Anora”, distribuito dalla Neon, è stata la svolta. Devo dire meritata.
Era un film liberatorio sotto molti aspetti, a cominciare dal sesso che si vede sullo schermo, che ci riporta a un altro tipo di cinema. Ma se la prima parte del film è tutta una scatenata serie di scopate e scopatone con Ivan detto Vanya che o gioca alla playstation o pippa o tromba o cerca di fare le tre cose assieme, nella seconda parte del film le cose cambiano. Perché come la famiglia di lui viene a sapere delle nozze, si palesano subito due gorilla e il suo supervisor armeno, Kareen Karagulian, a fargli cambiare idea. Ivan riesce a scappare inseguito dai russi.
E la mattina dopo arriveranno anche i genitori, il potente padre e la terribile moglie. E le cose prenderanno un aspetto diverso. Molto divertente, benissimo diretto e interpretato venne accolto benissimo e sembrò una sorta di risposta a tanti film poco riusciti o molto pesanti. Questo è leggero, si vede con estremo piacere, ma ci porta verso una dimensione di cinema indipendente anni’70 che oggi molti registi americani ricercano. E i due ragazzi, il pope armeno e i gorilla non sono personaggi che si dimenticano facilmente. Nelle sale italiane dal 7 novembre.
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