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NEMO PROPHETA IN PATRIA – MENTRE I GIORNALONI ITALIANI SE NE FOTTONO DELL'UNICO FESTIVAL IN ITALIA CHE SQUADERNA LE MIGLIORI E PIU' SCINTILLANTI NOVITA' DEL TEATRO E DELLA DANZA DELLA SCENA INTERNAZIONALE, “LE MONDE” STAPPA UNA CASSA DI CHAMPAGNE PER BRINDARE ALLA 40ESIMA EDIZIONE DEL “ROMAEUROPAFESTIVAL” - GLI INIZI NEL 1986 CON IL FESTIVAL DI VILLA MEDICI IDEATO DA MONIQUE VEAUTE, PER POI ESPLODERE SULLA CITTA' DI ROMA SOTTO LA DIREZIONE DI FABRIZIO GRIFASI - ED E' VERAMENTE UNA VERGOGNA CHE DOPO 40 ANNI DI SUCCESSI, IL FESTIVAL NON ABBIA ANCORA UNA SUA SEDE STABILE E SIA COSTRETTO A VAGABONDARE DA UNO SPAZIO TEATRALE ALL'ALTRO - VIDEO

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Traduzione dell'articolo di Rosita Boisseau per “Le Monde”

 

romaeuropafestival 2025 3

Roma in ottobre. Per almeno due ragioni: l’effervescente festival RomaEuropa e la dolcezza del clima. Davanti al Teatro Argentina, nel cuore della capitale italiana, tra gli spettatori che godono fino all’ultimo dell’euforia della serata prima di entrare in sala, il coreografo francese Olivier Dubois respira a pieni polmoni.

 

«Ah! Le notti romane», esclama colui che da quest’anno è codirettore del festival Bolzano Danza, nel nord del Paese. «Le adoro! I monumenti diventano un teatro di cui siamo gli attori viventi, mentre di giorno restano storia. Quanto a RomaEuropa, è il più grande festival d’Italia.»

fabrizio grifasi

 

Accanto a lui, Anouk Aspisi, sua complice alla guida di Bolzano Danza ed ex consigliera alla creazione presso la ministra della Cultura Rima Abdul-Malak (dal 2022 al 2024), conferma:

 

«È un appuntamento che non manco mai, come il Festival d’Automne di Parigi. Sono felice di vedere quanto si sia consolidato in un contesto politicamente complesso. Ha resistito, puntando sempre sul dialogo europeo tra i creatori». Riassume così: «È ormai un punto di riferimento per artisti e pubblico.»

 

valentina di caroline guiela nguyen 1

Dal 4 settembre — quando il coreografo spagnolo Marcos Morau ha inaugurato la rassegna con il suo sorprendente Afanador — fino al 16 novembre, il festival multidisciplinare (teatro, danza, musica, arti digitali e spettacoli per bambini), diretto da Fabrizio Grifasi, celebra la sua 40ª edizione.

 

«Senza guardare indietro, ma puntando piuttosto al futuro, con la nuova generazione di registi, coreografi e musicisti…», spiega lui.

 

Monique Veaute

Champagne! L’edizione 2025 scintilla. Sul fronte teatrale: lo svizzero Milo Rau, la francese Caroline Guiela Nguyen; sul fronte danza: l’americano William Forsythe, lo spagnolo Israel Galván, la belga Miet Warlop, il greco Christos Papadopoulos.

 

In cartellone 110 spettacoli, 250 rappresentazioni, 700 artisti. «Ogni anno circa il 40% degli artisti partecipa per la prima volta», precisa Grifasi. «È ciò che attira la generazione dei 25-30enni. Siamo un’istituzione per la quale la biglietteria è fondamentale: su un budget di 5 milioni di euro, 1 milione proviene dai nostri incassi diretti.» Non manca il sostegno del Comune di Roma, della Regione Lazio e del Ministero della Cultura.

 

Diciotto sale ospitano i 65.000 spettatori attesi. «Cerchiamo di mantenere radici profonde nella città», aggiunge Grifasi. Tra i luoghi simbolo, il Teatro Argentina — ideale per i grandi formati — ha presentato Terrapolis, la nuova produzione del nigeriano Qudus Onikeku, tra concerto e danza, con quindici interpreti.

ARTICOLO DI LE MONDE SUL ROMAEUROPA FESTIVAL

 

Più intimo, il Teatro India, sorto in un ex complesso industriale sulle rive del Tevere, ha accolto Buchettino, creazione del 1998 di Chiara Guidi, Claudia Castellucci e Romeo Castellucci, rivisitazione del Pollicino di Perrault.

 

Nella totale oscurità, gli spettatori si sdraiano su piccoli letti di legno, mentre una narratrice interpreta tutti i ruoli: il momento in cui l’orco sgozza le figlie al posto dei fratelli di Pollicino fa vibrare l’aria; i suoni dal vivo lacerano il silenzio.

 

A poche strade di distanza, al Teatro Vascello nel quartiere residenziale di Monteverde, la canadese Louise Lecavalier infiamma il pubblico con il suo assolo Danses vagabondes: a 67 anni, la danzatrice e coreografa insaziabile scrolla di dosso le conquiste passate per correre altrove, più lontano.

 

Nel quartiere Ostiense, in una ex filatura di lana trasformata in spazio culturale, lavora l’équipe del festival.

 

Teodor Currentzis e Romeo Castellucci

«È anche grazie a istituzioni come la nostra che Ostiense è diventato uno dei quartieri più innovativi di Roma», osserva Matteo Antonaci, responsabile stampa e co-programmatore della sezione di musica pop italiana, mostrando pareti tappezzate di manifesti.

 

L’ufficio di Grifasi si trova di fronte a quello di Monique Veaute, fondatrice di RomaEuropa nel 1986.

 

«Fu lei a introdurci la danza alla fine degli anni Ottanta, facendone il primo organismo nazionale per la sua promozione», ricorda Grifasi. Su un tavolo, enormi album fotografici strabordano di immagini: Trisha Brown, Bob Wilson, e tanti altri.

 

undertainment di william forsythe e ioannis mandafounis 2

Ris risalire alle origini di RomaEuropa significa tornare a Villa Medici, dove tutto nacque.

«Sono arrivata qui nel 1984 per incontrare il direttore Jean-Marie Drot, appena succeduto a Balthus», racconta Veaute. «Dovevo dirigere il Festival di musica contemporanea — allora lavoravo a France Musique — e Drot voleva ampliare la programmazione aprendo a tutte le arti.»

 

La danza contemporanea si impose subito: «Eravamo in pieno boom della nouvelle danse française: Maguy Marin, Régine Chopinot, Jean-Claude Gallotta… Ho avuto l’intuizione che fosse una buona idea invitare spettacoli coreografici che non richiedono traduzione.»

teatro india

Un palco e delle gradinate furono montati sull’esplanade. Il successo fece parlare: altre accademie straniere, come la British School e l’Accademia Ungherese, si unirono al progetto, trasformandolo in un grande appuntamento culturale internazionale.

 

Dal 1997, per lavori a Villa Medici, RomaEuropa si è trasferito altrove, moltiplicando le sedi.

 

Nel complesso del Mattatoio, ex macello monumentale, il festival ha installato tre sale e la piattaforma Dancing Days (creata nel 2015 da Francesca Manica) dedicata alle nuove firme della danza contemporanea.

 

lampyris noctiluca 1

«Ho iniziato a lavorare qui nel 1995, perché era l’unico spazio che programmava danza contemporanea internazionale», ricorda Manica.

 

Tra i protagonisti di oggi, l’iraniano Armin Hokmi con Shiraz, per sette interpreti, e la greca Ermira Goro con Sirens, esplosione di energia su musica elettronica di Jeph Vanger.

 

Musica e movimento — le due radici di RomaEuropa — si fondono in molte opere: come in Mercedes mais eu della danzatrice Janet Novas e della musicista Mercedes Peón, travolgente fusione punk di suoni, grida e gesti.

 

Le sorprese arrivano anche dagli italiani.

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A 25 anni, Vittorio Pagani, formato al Ballet Junior di Ginevra e alla University of the Arts di Londra, fonde classico, contemporaneo e concettuale nel suo Superstella, ispirato a 8½ di Fellini.

 

Più intimo e toccante, Aristide Rontini, 41 anni, con Lampyris Noctiluca offre un autoritratto pudico e magnetico intorno al suo braccio destro più corto. «Sono nato così», dice. «Sento il mio corpo completo, anche se molti pensano che mi manchi qualcosa.»

 

Ma il contesto per i danzatori italiani resta difficile.

 

la lettre di milo rau

«La danza contemporanea qui affronta molte sfide», analizza Manica. «Mancano formazione ufficiale, strutture produttive e canali di distribuzione; molti artisti sono costretti a emigrare. Tuttavia, i teatri stanno iniziando ad aprirsi.»

 

Per reagire, nel 2015 Manica ha riunito sei festival italiani nel progetto DNAppunti Coreografici, che seleziona ogni anno quattro artisti under 35 su cento candidature.

 

Tra i finalisti 2024, Francesca Santamaria, 28 anni, ha conquistato la scena con Good Vibes Only (The Great Effort): accompagnata da Ramìngo, alterna pioggia e sole musicali, interpretando con precisione frammenti sonori — da un minuto del Boléro di Ravel a trenta secondi di Gangnam Style.

 

«Alla base della performance, l’osservazione di TikTok e il desiderio di incarnare uno scrolling infinito», spiega. Sfinita ma trionfante, Santamaria resiste ai social con una forza che travolge il pubblico.

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