DAGOREPORT – DANIELA SANTANCHÈ NON È GENNARO SANGIULIANO, UN GIORNALISTA PRESTATO ALLA POLITICA…
Giuliano Aluffi per “il Venerdì di Repubblica”
Gli amici vi fanno notare dei cambiamenti nel vostro comportamento, come una radicalizzazione improvvisa nelle vostre posizioni politiche? Può essere che qualcuno su Facebook vi abbia condizionato. E non sareste i primi: nel 2020 una startup israeliana, The Spinner, è stata estromessa dal social proprio perché vendeva servizi di condizionamento psicologico subconscio attraverso post camuffati da contenuti editoriali.
dark persuasion a history of brainwashing from pavlov to social media
Il claim non lasciava dubbi: «Possiamo indurre i vostri cari a smettere di fumare, perdere peso, accettare una proposta di matrimonio, essere più intraprendenti sessualmente». «I social media oggi sono la frontiera più avanzata della persuasione» dice Joel Dimsdale, professore emerito al dipartimento di Psichiatria della University of California di San Diego, consulente della commissione presidenziale Usa sulla salute mentale e coautore del manuale DSM-V (il testo di riferimento della psichiatria).
«Se si mettono insieme l'isolamento che subiamo passando ore e ore sui social, la restrizione nelle informazioni che vengono selezionate dagli algoritmi per massimizzare i clic e, soprattutto, la perdita di sonno di chi vive con il cellulare sul comodino, abbiamo un quadro delle stesse tattiche usate negli scorsi decenni per la persuasione coercitiva, ovvero il "lavaggio del cervello"».
Dimsdale ricostruisce quest' ultima tappa, e tutte le altre, nel saggio Dark persuasion: a history of brainwashing from Pavlov to social media (Yale University Press, pp. 304, euro 24,75).
XI NAO, IL METODO MAOISTA
«Il termine "lavaggio del cervello" fu il modo in cui negli anni 50 il giornalista e propagandista dei servizi segreti americani Edward Hunter tradusse il cinese xi nao, termine che indicava un cambiamento ottenuto "ripulendo il cuore" attraverso il ritiro e la meditazione, e che poi fu applicato alle tecniche usate dagli ufficiali maoisti per indottrinare i dissidenti interni e i prigionieri di guerra» spiega Dimsdale.
«Nel libro Brainwashing in Red China (1951) Hunter scriveva: "Il lavaggio del cervello è la terrificante nuova strategia comunista per conquistare il mondo libero distruggendo la sua mente"». La strategia adottata dai militari cinesi era molto articolata: «I prigionieri venivano intenzionalmente indeboliti attraverso la denutrizione e la privazione di sonno, nonché terrorizzati da finte esecuzioni» spiega Dimsdale.
«Insieme a queste durezze, ricevevano occasionalmente dei gesti di benevolenza, come una sigaretta o un po' di cibo in più, e questo assicurava devozione verso i carcerieri. Poi i prigionieri venivano forzati a memorizzare e discutere tesi comuniste, e quindi spinti, divisi in gruppi, a criticare se stessi e gli altri per la loro insufficiente comprensione di quell'ideologia. E, naturalmente, a scrivere lunghe confessioni».
LA DISSONANZA COGNITIVA
La tecnica funzionava per via di un principio che lo psicologo Leon Festinger definì, nel 1957, "dissonanza cognitiva": siccome troviamo insopportabile agire in modo difforme dai nostri pensieri, quando ci obbligano ad agire in un certo modo, ad esempio scrivere un elogio di Mao, l'unico modo che conosciamo per ridurre la dissonanza tra azioni e pensieri, non potendo più cambiare le azioni fatte, è cambiare i pensieri.
Per esempio iniziando ad ammirare veramente Mao. A ciò si aggiungeva il fatto che la privazione di sonno - come oggi mostrano molti studi - è la condizione che rende in assoluto più suggestionabili. «Durante la guerra di Corea (1950-1953) queste tattiche furono impiegate massicciamente sui militari americani catturati, che venivano indotti sia ad ascoltare di continuo che a registrare messaggi di propaganda» continua Dimsdale. «Funzionò: molti dei militari liberati alla fine della guerra risultavano aver introiettato la propaganda del nemico, e ventuno di loro decisero addirittura di non tornare nell'America capitalista e di vivere in Cina e in Russia».
Scoprire che i propri soldati fossero così malleabili gettò nel panico il Pentagono. «Gli americani erano rimasti scioccati anche dalla capacità di condizionamento psichico dei sovietici» spiega Dimsdale. «Già nel 1919 Lenin, per forgiare l'uomo nuovo della rivoluzione russa, un uomo senza più memoria del passato capitalista, aveva assegnato un istituto con 350 ricercatori e grandi risorse a Ivan Pavlov, il fisiologo che scoprì il riflesso condizionato, ovvero come si potevano indurre i cani a salivare semplicemente suonando un campanello che avevano imparato ad associare con il cibo».
Grazie al condizionamento, i russi riuscivano a far sì che i dissidenti politici si autoaccusassero dei crimini più inverosimili in processi-farsa. Negli anni Cinquanta la Cia volle recuperare terreno. Si investirono milioni di dollari in una sorta di "Progetto Manhattan della mente" (con vari nomi come MKUltra) teso a "deprogrammare" gli agenti nemici, in modo che rivelassero tutto negli interrogatori, e "programmare" i propri agenti a compiere le azioni più ardite senza alcuna remora.
LSD NEL CAFFÈ DI JOHN LENNON
Uno degli scienziati più coinvolti fu Harold Wolff, maggiore neurologo americano dell'epoca, ex studente di Pavlov. «Gli esperimenti con vari "sieri della verità" furono fatti anche su soggetti del tutto ignari, come comuni cittadini che si trovarono ad assumere Lsd somministrato di nascosto in locali pubblici.
Pare ne sia stato vittima anche John Lennon, a cui nel 1965 fu fatto bere un caffè all'Lsd, e sicuramente lo scienziato Frank Olson, che subì una grave psicosi dopo essere stato drogato a un party dal chimico Sidney Gottlieb, coinvolto in MKUltra, e si suicidò».
Un altro degli scienziati coinvolti da Dulles fu Ewen Cameron, che nel 1952 divenne presidente dell'American Psychiatric Association: riteneva di poter curare i malati psichici azzerando con l'elettroshock e le droghe i loro ricordi e riprogrammandoli tramite la ripetizione di frasi di giorno e anche di notte, durante il sonno. Rovinò molte vite senza alcun risultato scientifico.
IL CASO DI PATRICIA HEARST
Più incisivo nella storia del lavaggio del cervello fu un episodio del 23 agosto 1973,quando il bandito Jan-Erik Olsson entrò in una banca di Stoccolma e sequestrò quattro impiegati. «La polizia assediò l'edificio e iniziarono le trattative. Ma successe qualcosa di singolare: i poliziotti avvertivano una netta ostilità da parte degli ostaggi, che sembravano parteggiare per Olsson e il suo complice». racconta Dimsdale.
Nacque allora il termine "sindrome di Stoccolma". «Non era inspiegabile: per gli ostaggi, stremati, aveva senso stringere un legame con chi poteva disporre della loro vita. Un fenomeno che si è ripetuto più volte in diversi contesti, come i dirottamenti aerei e i numerosi sequestri in Sardegna».
Almeno in un caso la sindrome di Stoccolma sconfinò nel lavaggio del cervello: l'ereditiera Patty Hearst, rapita nel febbraio 1974 da un gruppo autodefinitosi "Esercito di liberazione simbionese" fu tenuta prigioniera per due mesi, bendata, in uno sgabuzzino, e indottrinata sulla lotta di classe. «Alternando, in quella situazione stressante e di deprivazione sensoriale, durezze a piccole concessioni, i rapitori la convinsero alla loro causa.
Hearst rapinò perfino una banca a mitra spianato insieme a loro. Quando il gruppo fu neutralizzato dalla polizia, si discusse a lungo: Patty era una vittima plagiata, o una complice? Alla fine fu condannata».
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