UN PALLONE, DUE SCHIAFFONI - IL DIFENSORE DEL NAPOLI ARONICA AGGREDISCE UN GIORNALISTA E SCATTA LA “SOLIDARIETA’” AUTOMATICA - MA E’ NORMALE CHE UN CRONISTA ESULTI SUL WEB COME UN ULTRA’ PER L’INFORTUNIO A UN GIOCATORE? - CHE NERVOSISMO IN QUESTO CALCIO ITALIANO, TRA ERRORI ARBITRALI, SOLITI CENTRI DI POTERE, INDAGINI SULLA COMPRAVENDITA DEI CALCIATORI…

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Oliviero Beha per il "Fatto quotidiano"

Gli studenti scendono in piazza, gli operai salgono sui tetti. E Aronica vuole "ammazzare" un giornalista. Strano, iperbolico Paese quest'Italia tanto mal messa da far esplodere anche la sua principale zona franca, quella del tifo. Il difensore del Napoli, una squadra che tra l'altro va benissimo guidando con la Juve la classifica, ma nella quale al momento lui figura poco o punto, perde la brocca e minaccia e schiaffeggia un giornalista dopo la partita. Poi si scusa, e vorrei vedere.

Solidarietà d'obbligo al collega, reo di averlo criticato "troppo", anche se il tasso di cultura sportiva in circolazione rasenta percentuali da prefissi telefonici. Vendono merce troppo spesso adulterata sia i media che le squadre di calcio, e si incrociano nel peggio. Ma giacché fortunatamente sono ancora episodi eccessivi, abbastanza lontani dalla turbe latino-americane, vale la pena di notare questa uscita di senno come sintomo di una malattia. Il classico "calcio sull'orlo di una crisi di nervi" o al di là di essa, che comunque spero non sia il titolo di questo articolo... per scapolare l'ovvio, e molto perché vorrei risalire alla fonte di questo nervosismo, che è come sempre politica.

O "Politica", virgolettato, fate voi. Al di là dell'Aronica fuori campo, in campo si gioca male e si picchia peggio. Gli arbitri si distinguono in generale per una forma scadente e in particolare per una difformità di giudizio da paura. Ognuno secondo tifo e lucidità colga fior da fiore gli episodi dell'ultima giornata di campionato, definita "lusinghiera" dal capo degli arbitri di A, tal Nicchi, che segue altre giornate infelici.

Ogni tanto c'è lo "scandalo" grosso, del rigore dato o non dato, più spesso e quasi sempre ci sono appunto arbitraggi da "sorteggio", da estrazione del lotto. Che facciamo, lo ammoniamo e quindi presto lo cacciamo il Chiellini X piuttosto che il Samuel Y o il Natali Z (leggi della Fiorentina spuntata ma geometrica...), oppure facciamo finta di niente anche se siamo lì a un passo?

E ovviamente la sensazione è che si sia indulgenti con i forti (del momento, quando la Juve era in ribasso la mazzolavano) e feroci con i deboli, quelli con meno potere, quei club che non protestano o non sono in condizioni oggettive di farlo. L'obiezione è o potrebbe essere: va bene per il discorso sul Siena, bianconeri "poveri" contro i ricchi imbattuti, ma nel derby di Milano non si scontrano due poteri forti? Certo, ma ce ne è sempre uno stagionalmente prevalente.

Parlano i fatti. Di qui l'esaurimento nervoso di chi perde, per limiti propri e per magagne di difformità "giudiziaria" degli arbitri, come Cosmi, un idolo, che espulso dice con un labiale commovente nella sua semplicità "da qui non me ne vado". E poi ribadisce ai microfoni del dopo partita "sarò stato pure infantile, ma è il mio lavoro".

Oppure come Allegri, effettivamente penalizzato dal signor Valeri più scadente come arbitro del Milan come squadra, al parossismo di reazione all'inizio per un Samuel neppure ammonito, e come il suo collega rivale Stramaccioni che ha fatto lo stesso in termini di pantomime pubbliche per non esser da meno (Stramaccioni è bravo, competente, e giovane, ma se mourinheggia troppo finirà a pernacchie).

E nervi molto oltre la pelle a Roma per Zeman, che vince sì, ma a malapena, e imponendo le sue regole a De Rossi e Osvaldo. Fino a prova del contrario (leggi le fonti dei giocatori), il punto è che Zeman li torchia come virgulti neanche fossero gli under del Pescara, e invece loro sono milionari della Roma che si devono amministrare. Dunque la colpa di Zeman sarebbe come al solito quella di poco realismo, di essere Zeman fino in fondo.

Ma se non vi stava bene allora perché lo avete preso, benedetti dirigenti che vi arricchite con il pallone? Quest'ultima affermazione vi parrà troppo forte: ebbene, non riguarda la squadra singola e relativi manager o pro-curatori, bensì tutto il calcio italiano. I cui nervi sono esposti al rischio della Finanza, recentemente in visita al Napoli e alla Federcalcio. Se dovesse divampare un fuoco di carte, ci sarebbe la risposta alla domanda: perché tanti stranieri nel nostro campionato?

Forse anche perché oltre confine si lasciano meno tracce fiscali? E che dire della notizia odierna, a proposito della nuova inchiesta partita dalla Procura di Fermo sulle decine di calciatori brasiliani e argentini arrivati in Italia (anche in A) con passaporti falsi, stile Recoba? È sorprendente? Davvero? Questo dell'illegalità diffusa è un aspetto non trascurabile, credo, di un sistema rotondolatrico assai malato. E appunto assai nervoso. Perché non funziona nulla, esattamente come nel Paese: ma se non funziona nulla neppure nel diversivo nazionale, ecco il corto circuito.

Ci vorrebbe una flebo di legalità sportiva. Ma come forse saprete (per sbaglio temo, i media ne parlano poco o niente), la chacchieratissima e indisponente "giustizia sportiva" a partire dal procuratore federale, Stefano Palazzi, è stata riconfermata un paio di settimane fa dal presidente uscente della Figc, Abete. Per altri quattro anni. Il giudiziario dipendente dall'esecutivo, un'autonomia di poteri che innamora.

E Abete fino a gennaio non saprà se verrà riconfermato, dopo le tante buone prove che ha dato di sé... Era indispensabile riconfermare i responsabili di tutti quei pasticci? Nessuno ricorda le contraddizioni (eufemismo!!!) estive nei vari gradi di giudizio? Il nome Conte dice nulla? E allora siamo sempre a Voltaire: riconfermate riconfermate, a qualcuno converrà... se non è politica questa nel regno dei nervi incrociati non so proprio come chiamarla.

 

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