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Kashmira Gander per “The independent”
Un minuto di canzone non te lo levi dalla testa, lo canti per giorni, poi, d’improvviso, non ti sembra più così bello e lo aggiungi alla lista dei brani che hai ucciso a furia di ascolti.
Che succede a un certo punto nel cervello, quando una canzone che amiamo perde qualsiasi magia? Secondo i neuroscienziati il nostro cervello attraversa due fasi quando ascoltiamo musica che ci piace. Il nucleo caudale anticipa le nostre parti preferite della canzone, mentre il nucleo accumbens reagisce all’apice, causando rilascio di endorfine.
Più conosciamo a fondo un brano, meno il nostro cervello si infiamma nell’anticipare il picco. L’apprezzamento scema una volta svanita la novità, a causa della sovraesposizione. Un brano ci annoia quando diventa prevedibile e troppo familiare.
L’altro fattore-chiave è la complessità stessa della canzone. Più cose succedono al suo interno, più è probabile che inneschi i segnali giusti nel nostro cervello. Lo stimolo semplice esaurisce gli effetti in fretta, quello complesso ha effetti più duraturi.
la musica piu di tutto fa venire i brividi
La musica complessa quindi è più longeva, perché sfida e impegna l’ascoltatore. Prendiamo ad esempio ‘Bohemian Rhapsody’ dei Queen: la popolarità persistente è spiegabile con i suoi strati armonici, la complessità ritmica e vocale Dopo sei minuti, sorprende l’ascoltatore con una suite progressive rock, un approccio che non rientrava nelle regole dell’epoca. Dopo 40 anni è ancora uno dei successi della band.
Al contrario, le canzoni pop diventano subito prime in classifica e vengono dimenticate altrettanto velocemente. Se la musica non è abbastanza stimolante, l’ascoltatore perde interesse.
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